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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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La fiducia sul disegno di legge di conversione del cd. Decreto Rave

in profstanco / by Gian Luca Conti
28/12/2022

La discussione parlamentare sul disegno di legge di conversione del cd. Decreto Rave è piuttosto animata.

Sono state respinte le pregiudiziali di costituzionalità e il Governo ha posto la questione di fiducia, il che significa che la conversione del Decreto Rave è una questione di gabinetto: se la Camera non facesse propria la decisione di considerare un reato l’organizzazione di raduni musicali illegali, il Governo cadrebbe. Read more →

Fra Draghi e Conte, c’è Forlani? (Non fiducia, Fiducia sfiduciante e Fiducia intermittente)

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/07/2022

I senatori del Movimento 5 Stelle si sono allontanati dall’aula al momento del voto di fiducia al Governo Draghi sulla conversione del decreto aiuti.

Draghi è salito al Quirinale annullando il Consiglio dei Ministri già fissato per le 15:30. Ha parlato per un’ora con il Capo dello Stato. E’ rientrato a Palazzo Chigi e ha convocato un nuovo Consiglio dei Ministri che si sta svolgendo mentre si scrivono queste righe.

La tesi di Conte, il leader del Movimento 5 Stelle, che pare avere il convinto sostegno di Di Battista e di Grillo, è che il Movimento sostiene convintamente il Governo da cui non ritira i propri ministri ma non può accettare di votare a favore di provvedimenti che si pongono in contrasto con la transizione ecologica.

I precedenti parlamentari sono due: il governo della non sfiducia di Andreotti (1976) e il fallito governo della fiducia sfiduciante di Forlani (1987).

Il primo precedente ha un che di antico e di nobile: è il Governo che ha gestito l’affare Moro, quello delle convergenze parallele o del compromesso storico (che non sono due espressioni per lo stesso fenomeno ma due visioni opposte del futuro). In questo caso, la fiducia fu votata da 258 deputati su 630, con 44 no e 328 astenuti; al Senato i “sì” furono 137 su 315, con 17 no e 161 astenuti. La visione che stava dietro alla non fiducia era la necessità di condividere scelte di grande impatto per la società. E’ di questo Governo sia il d.P.R. 616/1977, di attuazione del sistema regionale, che la riforma del sistema sanitario e quella del bilancio dello Stato. Condividere delle scelte trasversali rispetto all’indirizzo politico non significa condividere la visione politica della Società dei partiti che formano la maggioranza di Governo amalgamando le proprie ideologie. Per questo, coerentemente, il P.C.I., ma anche il Partito Socialista, quello Repubblicano, il Socialdemocratico e i liberali, hanno sostenuto il Governo nei voti parlamentari, non ne hanno provocato la caduta votando la sfiducia, ma non hanno partecipato né alla votazione della fiducia, che vale come adesione rispetto a un programma, né al Governo indicando taluni dei ministri che vi parteciparono.

Molto diverso lo sceneggiato che andò in onda il 23 aprile 1987, d’altraa parte Drive In e Colpo Grosso avevano preso il posto di Sandokan, con protagonisti Forlani, Craxi, Pannella, Martinazzoli e, perfino, Nicolazzi. Forlani aveva i numeri per confezionare un esecutivo di fine legislatura. Craxi fece crollare questa ipotesi annunciando il voto favorevole dei socialisti. Martinazzoli, di cui tutto si può dire ma non che fosse una persona seria, per evitare che i democristiani fossero condizionati dai socialisti nell’esperienza di governo, fece sì che i parlamentari D.C. si astenessero dal voto, con il risultato che un monocolore D.C. non passò per effetto dell’astensione dei parlamentari della D.C.

In questa operazione, vi era tutta la genialità regolamentare di Pannella e l’arrogante spavalderia di Craxi.

In entrambi i casi, si rivela la sostanza etica della fiducia parlamentare: nella “non sfiducia” dell’Andreotti III, il P.C.I. accetta di sostenere una politica che ritiene essere nell’interesse della Repubblica ma non può ideologicamente condividere la responsabilità del Governo, perché la sua ideologia gli consente di condividere determinate scelte ma non gli consente di condividere la visione generale degli interessi della Nazione che amalgama i partiti della maggioranza di Governo e che consente al Presidente del Consiglio di operare l’attività di sintesi che chiamiamo indirizzo politico. E’ la stessa visione che giustifica il rifiuto di Martinazzoli ad accettare una fiducia sfiduciante: se chi mi dà la fiducia, non ha la mia stessa visione degli interessi della Nazione, la fiducia è un sofisma, perché non esprime l’indirizzo politico che giustifica l’unione fra esecutivo e rappresentanza.

Il ragionamento di Conte è esattamente il contrario: posso stare al Governo anche se non ne condivido singole scelte.

In un mondo normale, un mondo diverso dai monster movies che passano in questi giorni sull’Ansa, chi non condivide una scelta deve fare del proprio meglio perché quella scelta non produca conseguenze e se non ci riesce si deve dimettere.

Se non mi piace risolvere con un termovalorizzatore l’emergenza dei rifiuti di Roma, devo cercare soluzioni alternative, continuando a incenerire i rifiuti della capitale a Torino; se non mi piace che in un testo di conversione di un decreto legge vi siano delle disposizioni disomogenee, devo protestare alla Camera nel Comitato per la Legislazione e al Senato in Commissione Affari Costituzionali, e così via. Non mi posso allontanare e lasciare che quella scelta faccia il proprio corso.

Non è una cosa seria.

E’ difficile immaginare che cosa deciderà Draghi, se dimettersi irrevocabilmente, come pareva avere anticipato nelle sue ultime dichiarazioni, o se tornare alle Camere per un nuovo voto di fiducia.

Sicuramente, però, Conte sta introducendo un nuovo modello di non fiducia: la fiducia intermittente e questo pare in assoluto contrasto con l’essenza del nostro regime parlamentare e, forse, anche con l’essenza logica del regime parlamentare.

P.s.

Draghi, alla fine, si è dimesso e Mattarella gli ha chiesto di presentarsi alla Camere, parlamentarizzando la crisi, che è diventata una cosa seria, assolutamente seria.

Il nodo politico della questione è anche costituzionale: l’unica alternativa nell’effettivo interesse del Paese sembra essere un governo a guida Draghi formato esclusivamente da tecnici e fondato sulla Non Fiducia di tutti i partiti politici.

Una sorta di estremizzazione del compromesso storico e della logica delle convergenze parallele che odora molto di Giolitti e rammenta da vicino la non ideologia che ha caratterizzato il De Pretis del discorso di Stradella.

Potrebbe essere arrivato il momento di staccare definitivamente la funzione di Governo dai partiti politici: se i partiti politici non esistono più, perché devono ostacolare una funzione che è sempre più vicina all’amministrazione in senso tecnico e distante dall’indirizzo politico?

Sicuramente è l’unica ipotesi che potrebbe consentire di arrivare a una riforma della legislazione elettorale che tenga conto della riduzione del numero dei parlamentari.

P.p.s.

Conte ha la stessa statura Shakespeariana di Lino Banfi, con tutta la stima per l’avanspettacolo in politica che chi scrive è capace di manifestare.

Si è trovato in una situazione assai complicata da gestire nel momento in cui ha perso Palazzo Chigi. Era il momento di abbandonare la politica, scegliere la via dell’esilio, allontanarsi dal palcoscenico.

Non ha voluto farlo e ha dovuto subire il tradimento dell’ala governista del Movimento e non ha compreso che l’ala più estremista aveva un unico interesse: fare cadere il Governo restando pura.

Lo ha fatto.

Suicidandosi, perché voglio vedere se Di Battista e Grillo si lasciano guidare dalla sua autorevolezza in una campagna elettorale tutt’altro che semplice.

Suicidando anche il P.D. perché in queste condizioni un campo largo è impossibile. Ma, per una volta, si potrà capire che l’opposizione è l’unico punto di partenza ragionevole per costruire una proposta politica e di lungo periodo.

Scosso Conte (il meriggiare delle consuetudini costituzionali)

in profstanco / by Gian Luca Conti
10/02/2021

1 – L’unico esempio ragionevolmente certo di consuetudine costituzionale è stato fino alle dimissioni di Conte dal Governo e dall’incarico a Draghi la prassi delle consultazioni e il ruolo decisivo di gruppi parlamentari e partiti politici nella formazione della compagine di Governo.

Draghi ha mantenuto la prassi delle consultazioni, ma ne ha più che ridotto l’ambito. Servono al Presidente incaricato per verificare la possibilità di raccogliere più gruppi parlamentari intorno ai valori cardine dell’indirizzo politico.

Non servono per trasformare l’indirizzo politico in un mercato di incarichi più o meno significativi ma comunque importanti per giungere al voto di fiducia.

Si può dire che è già accaduto con il Governo Ciampi nel 1993 e un tanto conferma che nelle situazioni di emergenza le consuetudini costituzionali meriggiano.

In questo caso, sarebbe bello se tramontassero e, forse, la rielezione di Mattarella potrebbe favorire questo percorso di riavvicinamento al valore normativo più profondo della fiducia parlamentare, un valore che peraltro non ha avuto neppure al tempo di Cavour. Read more →

La crisi del Conte bis dal punto di vista del Semestre Bianco

in profstanco / by Gian Luca Conti
03/02/2021

I cronisti più attenti hanno ben sottolineato il ricordo che ieri il Capo dello Stato ha fatto circolare in occasione del centotrentesimo anniversario dalla nascita di Antonio Segni.

In questo ricordo, Mattarella ha ricordato come Segni avesse proposto due riforme istituzionali estremamente incisive: il divieto di un secondo mandato per il Capo dello Stato e, di conseguenza, la soppressione della possibilità di un secondo mandato, che, sinora, è stato concesso solo a Napolitano in un momento di profonda crisi del sistema.

I due grandi contendenti della crisi di governo non hanno trovato un punto di equilibrio ed il truello nel quale si erano annodati è finito con il massacro di entrambi. Non è facile immaginare che Conte possa costruire un movimento politico a partire dalla complessa accozzaglia di parlamentari che ha avventurosamente raccolto in Parlamento ed è decisamente difficile immaginare che la percezione da parte della opinione pubblica di un ruolo meramente demolitorio di quello che oramai viene chiamato il senatore di Rignano perché Scandicci si è rifiutata di concedergli la cittadinanza possa condurre a un successo elettorale.

E’ sicuramente una buona notizia per il paese: l’accordo fra Renzi e Conte avrebbe condotto a un Governo del metacentro instabile ed entrambi avrebbero guardato alle due grandi sfide dei prossimi anni di legislatura (il recovery plan e la legislazione elettorale) in chiave essenzialmente utilitaristica.

Al contrario, un Governo guidato da Draghi, soprattutto se formato da tecnici e soprattutto se appoggiato da una larga coalizione, potrebbe garantire al paese una guida capace di convincere i nostri partner europei e di dare ai nostri figli delle ragioni per pagare i debiti che si ritroveranno sulle spalle, ma anche di riequilibrare il gioco politico con una legislazione elettorale seria e ragionevole.

Il vero nodo, però, riguarda l’elezione del prossimo Capo dello Stato. I sette anni di Mattarella scadranno nei primi mesi del 2022 ovvero nel pieno di una stagione, nella quale, se Draghi dovesse ricevere la fiducia del Parlamento e questa si fondasse su di una larga coalizione, gli accordi politici saranno cementati dalla approvazione della prima manovra di bilancio post recovery plan.

In quello scenario, la maggioranza politica dovrebbe essere formata dal Partito Democratico, Forza Italia e Italia Viva, con la probabile astensione della Lega e, forse, una parte del Movimento 5 Stelle, che potrebbe uscire assai male dall’attuale crisi di Governo.

E’ uno scenario che renderà molto difficile al Partito Democratico giocare un ruolo da King Maker nella elezione del nuovo Capo dello Stato e questa era una parte degli accordi su cui si era fondato il Conte bis e si stava negoziando il Conte ter.

Si riproporrà la situazione che stiamo vivendo adesso: la crisi delle alleanze forti e strategiche generata dalla natura fluida del consenso elettorale del Movimento 5 Stelle determinerà la ricerca di nuove formule politiche che per poter essere praticabili dovranno uscire dalla politica.

Si apre, insomma, uno scenario che non rende impossibile immaginare Marta Cartabia Presidente della Repubblica, o, persino, la rielezione di Mattarella, che ha detto di non essere disposto a un secondo incarico, ma al quale non manca il senso di responsabilità, l’autorevolezza, l’imparzialità e l’intelligenza per affrontarlo.

E forse anche questi non sono scenari da disprezzare.

La crisi del Conte bis, fra truello e metacentri instabili

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/01/2021

1 – La crisi del Governo Conte bis è tutt’altro che incomprensibile. Lo può sembrare dalla comunicazione di questi giorni e dai meccanismi che si sono azionati grazie alla impazienza di Renzi.

Non lo è affatto sia dal punto di vista costituzionale che dal punto di vista politico.

Sul piano politico, è facile osservare che Conte era arrivato ad occupare una posizione sempre più ingombrante in vista sia della elezione del Capo dello Stato che della prossima legislatura. La crescita del suo prestigio era destinata o alla conquista della leadership sul Movimento 5 Stelle o alla costruzione di un movimento politico autonomo che avrebbe eroso il consenso sia del Movimento 5 Stelle che del Partito Democratico.

Sotto questo aspetto, la impazienza di Renzi è tornata utile a entrambe le Parti dell’alleanza giallo rosa. Read more →

Principio di precauzione e segreto di Stato

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/04/2020

La scrivania del ministro per la salute è chiusa molto bene ma chi ha avuto modo di avvicinarsi non ha potuto evitare di avvertire l’odore acre, di zolfo e putrefazione, che traspare.

E’ l’odore del segreto di Stato, un odore pungente che, di solito, si avverte quando ci si avvicina al terrorismo, alla mafia, al voto di scambio, agli anni più bui della Repubblica che lo ha regolato compiutamente durante gli anni di piombo (legge 801/1977) e ha ripreso la materia (legge 124/2007) per gestire le lottizzazioni di villa Certosa.

Il problema, sul piano storico, è semplice: il ministro per la salute e il Governo presieduto da Conte avrebbero tenuto segreto il rapporto con cui alcuni scienziati indagavano, fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, gli scenari connessi alla diffusione della pandemia in corso.

Secondo questo rapporto, sarebbero stati ipotizzabili tre scenari, uno dei quali assolutamente catastrofico parlava di una malattia che avrebbe causato fra le seicentomila e le ottocentomila vittime.

Per questa ragione, il Governo avrebbe adottato delle misure assai stringenti con i provvedimenti che conosciamo, i quali, se, da una parte, hanno determinato un danno incalcolabile per la ricchezza della nazione, dall’altra parte, avrebbero salvato centinaia di migliaia di vite umane e sarebbero perciò perfettamente giustificate.

L’affare pone due distinte questioni e suggerisce un rimedio.

La prima questione che pone riguarda il principio di precauzione in rapporto al segreto di Stato. In che misura, questo principio può tollerare che le conoscenze che hanno giustificato il ricorso a misure straordinarie e indifferibili adottate per mezzo di ordinanze libere appoggiate esclusivamente sulla responsabilità del Capo del Governo possano essere segretate e, quindi, conosciute solo ex post?

Il principio di precauzione è, di per sé, un principio che riguarda l’essenza del discorso democratico e il suo rapporto con la scienza. Se la scienza non è certa di un pregiudizio potenzialmente grave e irreparabile per la salute pubblica o l’ambiente, la sfera politica può adottare queste misure sostituendo una legittimazione scientifica con una decisione democratica.

Questo principio postula la possibilità di un discorso pubblico e pienamente informato sulla natura del pericolo che si intende fronteggiare e sui vantaggi e gli svantaggi connessi all’intervento pubblico correttivo che si intende adottare.

Un tanto non accade se la natura del pericolo e le sue caratteristiche sono mantenute segrete dal Governo che le rivela solo quando il pericolo appare superato per giustificare le misure che ha preso e che hanno ridotto la nazione sul lastrico.

La discussione sulla natura del pericolo ha un senso se precede le misure che vengono adottate perché è una discussione sui limiti che il potere intende introdurre a carico delle libertà e che giustifica con la minaccia di un pericolo grave per un interesse che considera gerarchicamente superiore alle libertà che sacrifica.

Una volta che le misure sono state adottate, l’esistenza del dossier serve a giustificare questi limiti, non riguarda più la sostanza della limitazione ma la responsabilità collegiale del Governo (art. 95, secondo comma, Cost.) e individuale del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 95, primo comma, Cost.).

Soprattutto, però, se si afferma il principio secondo cui quando vi è un rischio per la salute o per l’ambiente di natura tale da poter scatenare il panico, il Governo può tenere nascosta la natura di questo rischio al paese (e anche al Parlamento) adottando le misure che ritiene opportune per fronteggiarlo, si ha una pericolosa torsione in senso autoritario della forma di Governo.

La seconda questione è che i problemi che si sono evidenziati, soprattutto il bisogno di bilanciare l’interesse alla sicurezza dello Stato che rende opportuno mantenere segrete e confidenziali certe informazioni in mano al Governo, e il bisogno di democrazia per cui ciascuna limitazione delle libertà individuali deve provenire dal Parlamento, sono stati oggetto di una disciplina puntuale da parte della legge 124/2007, che prevede:

(i) la competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, non del Ministro della Salute, a disporre il segreto di Stato (art. 39, quarto comma);

(ii) l’obbligo del Presidente del Consiglio dei Ministri a dare notizia dell’apposizione del segreto di Stato al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica e il diritto del Copasir di confermare o meno l’apposizione del segreto, dopo averne discusso, se il caso lo ritiene, in una seduta segreta;

(iii) il diritto del Copasir di deferire la questione alle Camere che, a loro volta, ne possono discutere in seduta segreta.

Questi principi si trasformano in domande:

(a) perché il segreto è stato apposto dal ministro per la salute e non dal Presidente del Consiglio dei Ministri?

(b) perché dell’apposizione del segreto non è stato informato il Copasir?

(c) il Governo può sottrarre alla conoscenza del Parlamento delle informazioni che riguardano l’introduzione di limiti alle libertà fondamentali dei cittadini senza informare quantomeno il Copasir di quello che sta accadendo?

E, soprattutto, se è vero che rivelando adesso l’esistenza di un dossier segreto, il ministro per la salute confessa di aver mancato agli obblighi che si sono elencati, perché lo ha fatto?

Qui, l’odore che proviene dalla scrivania ministeriale si fa acre e pungente perché in un paese abituato a intendere il non detto molto più del detto, ci si può chiedere come mai sia così necessario presentarsi come salvatori della patria e non è difficile immaginare che, passato questo periodo di giustificato timore, inizieranno le critiche al Governo, perché la ripresa non sarà né facile né immediata e dovremo ripensare alle basi stesse del nostro sistema economico.

Ma, sotto questo aspetto, le guerre come problema di storia costituzionale finiscono sempre con una inchiesta parlamentare e, anche in questo caso, sembra che questo dovrebbe essere il futuro sviluppo di una vicenda che, guardata con un po’ di attenzione, sembra molto meno brillante di quanto non la si voglia far apparire.

Le esternazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/04/2020

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 16-03-2020 Roma, Italia Politica Coronavirus, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante la videoconferenza per annunciare il nuovo decreto cura-Italia.Nella foto: Giuseppe ConteDISTRIBUTION FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE – Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Conte, nella sua conferenza stampa di venerdì 11 marzo, ha richiamato le opposizioni a un maggiore senso di responsabilità.

Più propriamente si è rivolto alla Lega di Salvini e ai Fratelli d’Italia della Meloni osservando che il loro comportamento era inappropriato rispetto all’emergenza che stava affrontando.

Nella sostanza, ha chiesto di lasciar lavorare chi lavora.

Il senso del ragionamento è abbastanza chiaro: l’emergenza deve essere fronteggiata con ogni mezzo e chi sta affrontando l’emergenza nell’interesse del popolo ha la facoltà di rivolgersi al popolo per condannare chi lo critica.

Il vero nodo, sul piano costituzionale, è più complesso e riguarda l’essenza del circuito Governo – Parlamento.

L’essenza di questo rapporto è la fiducia, con cui ciascuna Camera approva, con scrutinio palese e per appello nominale, le dichiarazioni programmatiche del Governo, ovvero la sfiducia, con cui una Camera, approva, sempre per scrutinio palese e con appello nominale, una mozione di sfiducia sottoscritta da non meno di un decimo dei suoi membri e nella quale deve essere spiegato il perché della richiesta al Governo di lasciare il proprio incarico.

La Costituzione, in altre parole, vuole che la responsabilità politica del Governo sia discussa in Parlamento, e concentrare nel Parlamento (le cui difficoltà a riunirsi non sono agevolate dalla assenza di previsioni esplicite circa la libertà di circolazione dei suoi membri nei complessi d.P.C.M. con cui viene regolato il lockdown) questa discussione significa evitare che la stessa possa svolgersi nell’arena della pubblica opinione ed imporre la necessità della mediazione attraverso la rappresentanza politica.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri nel momento in cui si rivolge direttamente al corpo elettorale, nel corso di una conferenza stampa, per rispondere alle critiche della pubblica opinione, si colloca all’esterno di questo circuito.

Ma questo, tutto sommato, non è innaturale: il circuito della rappresentanza politica si svolge al di fuori delle sedi parlamentari dal 1948.

Il vero nodo della questione è un altro.

Il tono del Presidente del Consiglio dei Ministri, forse, non è sembrato il tono dell’indirizzo politico di maggioranza che chiede di aderire alla propria visione dell’interesse pubblico. E’ sembrato piuttosto quello del Presidente della Repubblica (il quale, infatti, ha ricevuto con imbarazzato silenzio le protese di Salvini quando questi lo ha chiamato per gli auguri di Pasqua), che richiama i partiti politici a una maggiore serenità nell’interesse della coesione nazionale.

Il Presidente della Repubblica, però, impronta le proprie esternazioni sulla irresponsabilità. E’ il fatto che la nostra Costituzione porta dentro di sé le tracce della definizione del Capo dello Stato come persona sacra e inviolabile propria dello Statuto Albertino giustifica il collegamento del potere di messaggio alla irresponsabilità del Capo dello Stato e lo colloca all’interno di una funzione di alta garanzia e controllo, ma anche di integrazione e stimolo.

Nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, questo Presidente onnipotente che decide delle libertà quotidiane dei cittadini sulla base del principio di precauzione, si rivolge al popolo con un messaggio che assomiglia molto a quello del Presidente della Repubblica di cui condivide il tono di garanzia, cerca l’irresponsabilità.

Se Segni, Leone, Cossiga e Napolitano ci hanno insegnato a temere un Presidente della Repubblica che si avvicina al polo del Governo, non vorrei che Conte ci insegnasse a temere un Presidente del Consiglio dei Ministri che si appoggia su di una emergenza per avvicinarsi al polo del Presidente della Repubblica.

In altre parole, se di solito, è pericoloso un Capo dello Stato che si avvicina al Governo, senza essere responsabile, in una situazione di emergenza può essere molto più pericoloso un Capo del Governo che si atteggia a Presidente di una repubblica presidenziale.

E, purtroppo, questo dipende molto da un Parlamento che si riunisce solo per lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni e la conversione dei decreti legge, smarrendo gran parte della propria ragion d’essere nella discussione del voto a distanza.

 

 

Il forno del cocomero

in profstanco / by Gian Luca Conti
27/08/2019

Dove eravamo rimasti?

Mentre il Presidente della repubblica sta ricevendo la Presidente del Senato, qualche piccola osservazione sulla evoluzione della crisi di Ferragosto, la crisi del cocomero, diventa inevitabile per una coscienza costituzionalmente irrequieta.

La crisi del cocomero è nata dalla irrequieta volontà di potere del ministro degli interni che ha chiesto pieni poteri e si è ridotto a twittare “Onore e libertà valgono più di 1.000 ministeri. Non si molla mai”.

Il Presidente del Consiglio, in Parlamento, con il discorso del cocomero ha solennemente dileggiato il ministro degli interni davanti all’intero paese, con uno share da partita della nazionale.

Sono iniziate le consultazioni e il capo politico del M5S è sembrato aprirsi ad un accordo con il PD, anche se lo ha fatto in termini talmente ondivaghi da suscitare un certo nervosismo nel Quirinale. Read more →

La buccia del cocomero (PD, M5S e riforma della Costituzione)

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/08/2019

La buccia del cocomero è sul tavolo di Mattarella

Forse la crisi del cocomero sta arrivando alla fine, il cocomero è stato mangiato quasi per intero e la buccia è restata sul tavolo di Mattarella che ha mostrato un certo disagio per la cortesia dei suoi ospiti.

Il fatto è abbastanza semplice: nel corso delle consultazioni, è emersa la concreta possibilità di un accordo fra il M5S e il PD, Zingaretti nelle sue dichiarazioni al termine del colloquio con il Presidente della Repubblica ha aperto in questo senso, dicendosi pronto all’accordo purché vi fosse il superamento dei d.l. sicurezza, i termini essenziali della manovra economica d’autunno fossero condivisi e la riforma costituzionale non fosse limitata alla diminuzione del numero dei parlamentari, operando una più ampia riforma del modello bicamerale perfetto previsto dalla Costituzione. Read more →

Il discorso del cocomero (Conte al Senato)

in profstanco / by Gian Luca Conti
22/08/2019

La crisi del cocomero

La crisi di Ferragosto (la crisi del cocomero) sembra volgere al termine: le consultazioni proseguono a ritmo serrato e Salvini pare essere la principale vittima delle proprie strategie, il che è la riprova che non si deve parlare di cose serie quando c’è la musica ad alto volume e si è bevuto qualche cocktail adeguato più al contesto balneare che alla meditazione politica. Read more →

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