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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Il Draghi della Gran Risa

in profstanco / by Gian Luca Conti
15/02/2021

1 – L’inizio della Gran Risa è un bivio.

Da una parte, la Gran Risa nera, che è un lungo brivido per sciatori esperti, dall’altra parte l’Alting, che è una pista non meno bella ma decisamente più semplice.

Anche il Presidente del Consiglio si trova dinanzi a un bivio e restare immobili fra il muro della Gran Risa e le cunette della Alting non è una scelta saggia.

Da una parte, può segnare una rottura rispetto a ogni tradizione e cercare di muoversi lungo la pista dell’autorevole imparzialità.

E’ il muro della Gran Risa.

Dall’altra parte, può lanciarsi molleggiato sulle cunette delle mediazioni fra forze politiche strenuamente antagoniste.

Sono le cunette della Alting. Read more →

Il governo alla prova del sottogoverno

in profstanco / by Gian Luca Conti
12/06/2018

1 – Venerdì, ci saranno le nomine di sottogoverno. Il premier affronterà il tema con la sua autorevole indipendenza e capacità di mediazione. O no?

Per provare a immaginarlo, la cronaca di questi giorni potrebbe non essere inutile.

Mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri visitava i terremotati, che sono terremotati da più di due anni e hanno ricevuto la visita di almeno tre premier, il “suo” ministro degli interni annunciava che la nave su cui sono stati salvati più di seicento migranti fra Malta e le acque libiche non potrà attraccare in Italia.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, secondo un notista quanto mai ironico, lo avrebbe saputo dalla radio della macchina. Ma, sicuramente, non si è stupito: gli avvocati sono abituati ad avere dei clienti che ritengono di saper gestire i propri interessi meglio di loro e che non ascoltano i loro consigli quando si trovano davanti alle telecamere. Read more →

Il gatto risorto (Conte giura da Presidente del Consiglio)

in profstanco / by Gian Luca Conti
01/06/2018

1 – Conte era durato quanto un gatto sull’Aurelia, ma è risuscitato. Salvini e Di Maio hanno trovato un nuovo accordo, rimpastando la compagine ministeriale, Cottarelli ha rinunciato all’incarico, Matterella ha nuovamente incaricato Conte che è subito tornato al Quirinale con la lista dei ministri e oggi giurerà.

I gatti hanno sette vite e Conte ne aveva consumata solo una.

Mattarella sembra avere risolto una delle crisi di governo più lunghe della storia repubblicana e la sua prudenza viene lodata da una parte nobile dell’opinione pubblica.

Il problema che il suo veto su Savona come ministro dell’economia, però, resta sul tavolo della Costituzione, perché forse Costituzione materiale e Costituzione formale hanno trovato un nuovo equilibrio: il governo che nasce è un governo fortemente voluto dal Capo dello Stato e nasce grazie a un suo veto. Read more →

Impeachment, Alto Tradimento, Conflitti interorganici e Appeasement

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/05/2018

1 – Si scrive impeachment ma si legge alto tradimento o attentato alla Costituzione.

Per le forze politiche che avevano costruito il contratto di governo, il rifiuto del Capo dello Stato di nominare il ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato costituisce un alto tradimento o un attentato alla Costituzione: i reati propri del Presidente della Repubblica che ne consentono la messa in stato d’accusa.

Per le altre forze politiche, fermo il rammarico di non aver potuto vedere il contratto di governo alla prova del governo, il Presidente della Repubblica avrebbe perfettamente applicato la Costituzione, esercitando le proprie prerogative che comprenderebbero il veto sui ministri proposti dal Presidente del Consiglio incaricato.

A Firenze, un folto gruppo di costituzionalisti, che comprendono anche molti dei maestri di chi scrive, ha sottoscritto un documento in cui, fra l’altro, si legge che il potere di nomina dei ministri richiede il concorso del Presidente del Consiglio incaricato, ma che qualora questo concorso non si realizzi spetta al Capo dello Stato, che se ne assume la piena responsabilità, l’ultima parola.

Sono opposti punti di vista, politici e costituzionali, che meritano di essere vagliati con una premessa di metodo: il compito del costituzionalista è studiare la Costituzione formale, la Costituzione per come è scritta, per comprendere la Costituzione materiale, la Costituzione per come opera nel concreto svilupparsi delle dinamiche economiche, politiche e sociali, cercando il giusto equilibrio fra le due.

Nel dialogo fra “black letter law” e “law in action”, il costituzionalista non deve affermare la prevalenza della prima sulla seconda perché altrimenti la Costituzione sarebbe norma morta, né può lasciarsi ammaliare dal fascino della seconda e perdere di vista il testo costituzionale, perché altrimenti la Costituzione sarebbe un libro dei sogni.

Deve cercare di conciliare Costituzione formale e Costituzione materiale, trovare l’equilibrio fra queste due realtà, senza pensare che l’una possa vivere senza l’altra e consapevoli che l’ultima parola in questo compito spetta alla Corte costituzionale.

Sulla base di queste premesse, si può guardare con serenità alla cronaca di questi giorni, senza pronunciare né un aprioristico Io sto con Mattarella, né darsi a un’altrettanto irragionevole chiamata delle piazze all’impeachment. Read more →

Come un gatto sull’Aurelia: Conte, Presidente del Consiglio

in profstanco / by Gian Luca Conti
28/05/2018

1  – Conte Presidente del Consiglio è durato quanto un gatto sull’Aurelia.

Il Capo dello Stato, ieri che era il 27 maggio 2018, per la prima volta in settanta anni di repubblica, ha dichiarato di esercitare un potere di veto sulla lista dei ministri presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato ha restituito il mandato.

Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica interviene sulla lista dei ministri ma è la prima volta che lo fa esplicitamente enunciando un potere presidenziale di veto che non era mai stato affermato esplicitamente e questo potere di veto evoca lo Statuto Albertino, quando i ministri erano ministri del Re, prima che del Regno e le discussioni fra Vittorio Emanuele II e i suoi primi ministri potevano essere assai accese.

Egualmente, il Presidente della Repubblica ha innovato la prassi per cui, in questi casi, è il suo segretario generale che legge un comunicato stampa in cui si dichiara che l’incaricato ha rinunciato al mandato, ed è apparso in prima persona a sottolineare l’importanza del suo gesto.

Il Capo dello Stato ha affermato il proprio ruolo di indirizzo politico costituzionale esercitando il veto sul ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato per ragioni che riguardano la posizione dell’Italia nei confronti dei mercati e il suo debito pubblico.

Nella sostanza, ha affermato che le politiche economiche e finanziarie non appartengono all’indirizzo politico di maggioranza, ma sono il risultato di precisi vincoli costituzionali a cui non è possibile sottrarsi.

La decisione è coerente con la posizione del patto di stabilità e crescita nella Costituzione: la modifica, approvata con un plebiscito parlamentare nel 2012, dell’art. 81, Cost. pone il principio di pareggio di bilancio fra i valori costituzionali e non è impossibile sostenere che questo principio riceva autorità dall’art. 11, Cost. e sia perciò funzionale alla costruzione di un ordinamento internazionale fondato sulla pace mettendo insieme Spinelli e Delors. Read more →

Il Conte scosso e la piramide rovesciata

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/05/2018

1 – Il Conte scosso è un modo per indicare la posizione, non troppo felice, del prof. Conte che parrebbe avere messo a rischio la propria candidatura a Palazzo Chigi per una opera di cosmesi curriculare che ha ricordato a molti Oscar Giannino.

La piramide rovesciata è una felice espressione per rappresentare simbolicamente gli ultimi movimenti della Costituzione materiale.

Questi movimenti riguardano la posizione del Presidente della Repubblica nel procedimento di formazione del Governo, il ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri nella definizione dell’indirizzo politico e il ruolo del Parlamento nel voto di fiducia.

La premessa è un dato di cronaca: nelle trattative giallo-verdi, il contenuto della mozione di fiducia che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto presentare era stato predeterminato attraverso la stipula di un contratto di governo fra Lega e M5S, le quali si sono presentate al Quirinale anche per indicare il nome del Presidente del Consiglio.

Il Capo dello Stato ha ascoltato senza rilasciare nessuna dichiarazione e consultandosi per il da farsi con i Presidenti dei due rami del Parlamento. Read more →

I mandanti di Mattarella

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/05/2018

1 – I mandanti di Mattarella sono Salvini e Di Maio che parlano della idea di Italia, a Milano di notte, e lo raccontano al Capo dello Stato, a Roma di pomeriggio.

Dentro questa fisionomia, per cui i due possibili alleati di governo discutono della loro idea di Italia e cercano punti di intersezione fra le post ideologie che ciascuno di loro rappresenta.

C’è qualcosa di strano in questa discussione. Viene da chiedersi se non avessero dovuto pensare all’Italia e all’idea del suo futuro che intendono proporre come indirizzo politico di maggioranza prima delle elezioni, in modo da chiarire al loro elettorato la ragione di una scelta che in quel caso avrebbe potuto essere diversa o più convinta.

Il corpo elettorale, ci si deve chiedere, ha votato Salvini e Di Maio perché costruissero insieme una nuova idea di Italia o ha votato le idee di Italia che ciascuno di loro proponeva e che oggi deve sintonizzare con i valori dell’altro, valori che in campagna elettorale non sembravano così vicini.

2 – Nella realtà, che è una realtà mistica, della forma di governo parlamentare fondata sulla irresponsabilità del Capo dello Stato ed ereditata dalla inviolabilità della Corona, i partiti propongono le loro ideologie al corpo elettorale che premia l’una o l’altra e il Capo dello Stato rappresenta la nazione scegliendo il leader della coalizione di governo, che è il motivo per cui il libero mandato del Presidente della Repubblica si chiama irresponsabilità, salvo l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione; il suo mandato dura sette anni, che sono due più della durata naturale di una legislatura; viene eletto dalla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune.

In questo schema, il Capo dello Stato sceglie il Capo del governo perché individua la persona che può rappresentare l’indirizzo politico di maggioranza quando le elezioni hanno segnato la sconfitta di tutte le forze, nessuna delle quali ha una maggioranza sufficiente per governare, sicché il Capo dello Stato scegliendo di incaricare l’uno o l’altro come Presidente del Consiglio suggerisce come integrare, modificare e correggere i diversi programmi dei diversi partiti per rispettare la volontà degli elettori, per arrivare a quell’idea di Italia che se fosse stata presentata agli elettori avrebbe avuto la maggioranza dei voti.

3 – Salvini e Di Maio sembrano uscire da questo schema discutendo dell’idea di Italia. Perché di questa idea dovrebbe discutere Mattarella con se stesso, perché è il Capo dello Stato che rappresenta la nazione, mentre i partiti politici, forse, dovrebbero limitarsi al loro ruolo di soggetti che vengono consultati per cercare un accordo sulla persona alla quale il Presidente della Repubblica può affidare la propria idea di nazione, che è l’idea di nazione in grado di aggregare una maggioranza su dei valori che il corpo elettorale non ha saputo scegliere perché nessuno dei partiti è riuscito nel corso della campagna elettorale a convincere la maggioranza degli elettori con la propria idea.

Salvini e Di Maio quando pensano all’Italia e lo fanno dopo le elezioni tradiscono la memoria dei propri elettori. Soprattutto invertono i termi di una fiducia intesa come mandato del Capo dello Stato, nella sua funzione tutt’altro che notarile di rappresentanza della nazione, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sua funzione profondamente politica di capo del governo e perciò interprete dell’accordo fra i valori in lotta durante la campagna elettorale e adesso chiamati a collaborare per effetto della parziale sconfitta reciproca che giustifica l’accordo di coalizione, almeno a partire dalla prima legislatura repubblicana.

4 – Queste sono le osservazioni di un costituzionalista che cerca di comprendere l’evoluzione della forma di governo dopo la scomparsa dei partiti politici.

Difficilmente rappresentano il pensiero di Salvini e Di Maio, perché se uno smette di fare il costituzionalista e si mette a pensare a Salvini e Di Maio che discutono sull’idea di nazione, non gli viene in mente subito un dialogo alto e profondo che parte da Machiavelli e Guicciardini per arrivare a Pellegrino Rossi e Cesare Balbo, senza dimenticare nessuno, nemmeno Donat Cattin.

Gli vengono in mente due ragazzi molto più svegli di quello che vogliono sembrare che si passano nomi l’un l’atro all’unico scopo di bruciarli, perché sanno che le elezioni anticipate potrebbero non essere lontane e che il Capo dello Stato cerca qualcuno che possa guidare il paese a delle elezioni che hanno bisogno di un arbitro truccato come quelli del wrestling.

Che tipo di Stato dobbiamo aspettarci (e da quale governo)

in profstanco / by Andrea Mugnaini
13/03/2018

“Adesso tocca al Presidente della Repubblica”. È questa la frase che da domenica sera chiunque, tra commentatori e politici di ogni schieramento va ripetendo senza sosta. E non si sa se sia una speranza, un timore o un modo per lavarsi la responsabilità di questa situazione. Se è vero che l’art. 92 della costituzione affida al Capo dello Stato il compito di nominare un presidente del consiglio che possa formare il governo, questa volta il compito è troppo complicato perché lo possa risolvere da solo. Lo sa bene lo stesso Mattarella, che ha da subito chiesto ai partiti di collaborare per trovare una maggioranza prima che si arrivi alla fase delle consultazioni (che da consuetudine costituzionale si apre subito dopo l’elezione dei presidenti delle due camere, e quindi in questo caso verso la fine di marzo). Lo spettro di nuove elezioni potrebbe non essere così distante, ma se si tornasse a votare con la stessa legge elettorale, è evidente che il risultato sarebbe sostanzialmente identico.

Resta quindi la domanda:

quale governo traghetterà il Paese alle prossime elezioni?

Il tracollo del Partito Democratico e di Forza Italia fa tramontare anche l’ipotesi di continuare con Gentiloni per i mesi necessari (si spera pochi) per cambiare il cosiddetto Rosatellum. Nella nostra storia repubblicana ci sono stati governi guidati da un partito minoritario (si pensi ai governi Spadolini e Craxi), ma questi avevano comunque dietro una maggioranza più o meno coesa in grado di sostenerli. Stavolta sembra molto difficile (per non dire impossibile) che Lega e Movimento 5 Stelle, che insieme hanno poco più del 50%, diano il proprio sostegno a un governo di fatto a guida PD; meno che mai poi lo darebbero ad un governo tecnico. A ciò va aggiunto che lo statuto del Movimento impone il vincolo di due mandati parlamentari e che alle prossime elezioni Di Maio non potrebbe ricandidarsi, e la sua rincorsa a Palazzo Chigi sarebbe quasi sicuramente conclusa. Ecco perché non è disposto ad appoggiare nessun governo se non il suo. La strategia più plausibile (stando ai media e agli opinionisti) potrebbe essere allora quella di affidare al leader dei pentastellati un mandato esplorativo, non previsto dalla costituzione ma che già in passato è stato sperimentato in situazioni simili.

Quali chance avrebbe questo governo?

In altre parole, qual è la forza politica che alla fine potrebbe correre in aiuto dei cinquestelle? Se si dimenticano i giochi politici e si guarda a quelli che erano i programmi elettorali (ammesso che sia ancora opportuno farlo) si scopre che è proprio la Lega la principale indiziata, non solo per i numeri. Si pensi infatti, per ciò che ci riguarda, alle politiche sociali dei due partiti, che incidono significativamente sulla forma di Stato. I punti di contatto sono moltissimi: il lavoro al centro, la cancellazione della legge Fornero, la riforma delle pensioni, la tutela della salute (il superamento della legge Lorenzin e quindi dell’obbligo vaccinale). Resta sicuramente la grossa differenza del reddito di cittadinanza, punto di forza del Movimento, che proprio non piace alla Lega perché visto come una forma di assistenzialismo. Un ipotetico governo formato da questi due schieramenti si troverebbe prima o poi a dover risolvere questa questione abbastanza spinosa.

Sembra molto simile anche la visione che i due partiti hanno sull’Unione Europea, anche se è oggettivamente difficile capire come la pensino realmente su questo punto, visto che da un atteggiamento di ostilità totale, sono passati a dichiarazioni più moderate, per poi tornare a rilanciare (almeno la Lega) l’uscita dall’euro subito dopo i primi exit poll. Sicuramente però entrambi puntano ad una maggiore autonomia italiana da Bruxelles su temi cruciali, quali quelli dell’immigrazione e la politica economica.

Difficilmente poi questa maggioranza sarebbe abbastanza forte da riuscire a realizzare riforme costituzionali riguardanti le istituzioni.

Eppure anche su questo c’è molta somiglianza tra i programmi. Oltre all’intenzione di ridurre il numero di parlamentari, che ritorna quasi ad ogni campagna elettorale, l’elemento sicuramente più interessante è l’introduzione del vincolo di mandato che sia Salvini sia M5S hanno inserito come uno dei punti cardine del loro programma di riforme. Un dato certamente non nuovo ma profondamente innovativo, che stravolgerebbe la logica dell’art. 67 della costituzione (e forse persino lo stesso concetto di rappresentanza). La norma costituzionale attribuisce infatti a ogni parlamentare il ruolo di rappresentante dell’intera Nazione, vietandogli di curare solo gli interessi del proprio elettorato: sono a nostro avviso abbastanza palesi i rischi di un Parlamento formato da individui che guardano soltanto ai bisogni della loro fazione, ma la Lega e i pentastellati vedono nell’introduzione del vincolo un modo per arginare il fenomeno del trasformismo parlamentare. Tale novità, stando al programma del Movimento 5 Stelle, sarebbe inoltre accompagnata alla modifica dei regolamenti parlamentari “in modo da far sì che i Gruppi parlamentari possano essere costituiti solo da forze politiche che si siano effettivamente presentate alle elezioni e abbiano ottenuto l’elezione di un numero di parlamentari sufficienti a formare un gruppo”. Inoltre intendono, stando al loro programma, penalizzare coloro che nel corso della legislatura lasciano il gruppo parlamentare al quale appartengono e quindi la forza politica con la quale sono stati eletti. Di che genere siano le sanzioni non si può sapere, visto che i centomila euro di multa che prevedono nel loro statuto appaiono difficilmente esigibili. Appare abbastanza curioso che molti degli eletti tra le liste grilline si siederanno fin da subito nel gruppo misto, perché espulsi ancora prima delle elezioni.

Infine una convergenza tra i due programmi si può vedere anche sulla volontà di rafforzare le autonomie locali e le regioni e di ridefinire il rapporto tra quest’ultime e lo Stato, da sempre punto fisso del partito di Salvini. Il modo di raggiungere questo decentramento è diverso: se per i cinquestelle basterebbe (almeno in una prima fase) orientare la legislazione statale in senso più rispettoso delle Regioni, per la coalizione di Berlusconi e gli altri occorre adottare un “modello di federalismo responsabile che armonizzi la maggiore autonomia prevista dal titolo V della Costituzione e già richiesta da alcune regioni in attuazione dell’articolo 116, portando a conclusione le trattative attualmente aperte tra Stato e Regioni”. Differenze che però sembrano facilmente superabili.

Il Partito Democratico, al di là delle parole del suo segretario a tempo, difficilmente potrebbe appoggiare un governo con queste premesse: la linea che li separa da queste posizioni è troppo netta. Completamente opposta a quella di M5S per quanto riguarda le riforme sociali, assolutamente incompatibile con quella leghista per quanto riguarda immigrazione e Europa. Il solo governo che il PD (ma anche Forza Italia) possano sostenere resta un ipotetico governo tecnico (o come viene chiamato, governo di scopo) per arrivare a rivotare tra breve con una nuova legge elettorale.

Insomma quella che il Capo dello Stato si trova davanti è forse la legislatura più anomala della storia della nostra repubblica. Ci uniamo allora anche noi nel dire che ora la parola passa a lui: la nostra è una speranza (e un augurio) che riesca a gestire tutto questo nel migliore dei modi.

Il “connubio” e le riforme costituzionali nella questione di fiducia

in profstanco / by Gian Luca Conti
27/02/2014

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1 – L’avvento di Renzi al governo può far pensare molto.

Se si avesse ancora voglia di pensare.

Le prime riflessioni sono di carattere politico: non è chiaro se il coraggio “gagliardo” di Renzi (l’espressione è della Michaela Biancofiore), con cui per la prima volta forse dal 1861 il leader dello schieramento opposto a quello al Governo trova una legittimazione nella forza di maggioranza relativa, possa effettivamente superare la grande anomalia italiana, per cui il sistema è bloccato su di una maggioranza sostanzialmente inevitabile perché l’alternativa viene dipinta come antisistema.

Non è chiaro.

Ma è coraggioso e lo si deve riconoscere.

Come pure si deve riconoscere che ve ne era bisogno.

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Nessuna preoccupazione costituzionale?

in News / by Gian Luca Conti
11/02/2014

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Le indiscrezioni sul nuovo libro di Allan Friedman sono molto più accattivanti di quelle che potrebbe suscitare un intervento di Milton Friedman.

Riguardano il ruolo del Capo dello Stato nella caduta del Governo Berlusconi.

Il Presidente della Repubblica sulle colonne del Corriere della Sera opportunamente ricorda che è stato il Parlamento a non approvare (l’8 novembre 2011) il rendiconto generale dello Stato, inducendo Berlusconi alle dimissioni che furono subito certificate come irrevocabili seppur posticipate all’approvazione della legge di stabilità. Read more →

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