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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Le esternazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/04/2020

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 16-03-2020 Roma, Italia Politica Coronavirus, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante la videoconferenza per annunciare il nuovo decreto cura-Italia.Nella foto: Giuseppe ConteDISTRIBUTION FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE – Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Conte, nella sua conferenza stampa di venerdì 11 marzo, ha richiamato le opposizioni a un maggiore senso di responsabilità.

Più propriamente si è rivolto alla Lega di Salvini e ai Fratelli d’Italia della Meloni osservando che il loro comportamento era inappropriato rispetto all’emergenza che stava affrontando.

Nella sostanza, ha chiesto di lasciar lavorare chi lavora.

Il senso del ragionamento è abbastanza chiaro: l’emergenza deve essere fronteggiata con ogni mezzo e chi sta affrontando l’emergenza nell’interesse del popolo ha la facoltà di rivolgersi al popolo per condannare chi lo critica.

Il vero nodo, sul piano costituzionale, è più complesso e riguarda l’essenza del circuito Governo – Parlamento.

L’essenza di questo rapporto è la fiducia, con cui ciascuna Camera approva, con scrutinio palese e per appello nominale, le dichiarazioni programmatiche del Governo, ovvero la sfiducia, con cui una Camera, approva, sempre per scrutinio palese e con appello nominale, una mozione di sfiducia sottoscritta da non meno di un decimo dei suoi membri e nella quale deve essere spiegato il perché della richiesta al Governo di lasciare il proprio incarico.

La Costituzione, in altre parole, vuole che la responsabilità politica del Governo sia discussa in Parlamento, e concentrare nel Parlamento (le cui difficoltà a riunirsi non sono agevolate dalla assenza di previsioni esplicite circa la libertà di circolazione dei suoi membri nei complessi d.P.C.M. con cui viene regolato il lockdown) questa discussione significa evitare che la stessa possa svolgersi nell’arena della pubblica opinione ed imporre la necessità della mediazione attraverso la rappresentanza politica.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri nel momento in cui si rivolge direttamente al corpo elettorale, nel corso di una conferenza stampa, per rispondere alle critiche della pubblica opinione, si colloca all’esterno di questo circuito.

Ma questo, tutto sommato, non è innaturale: il circuito della rappresentanza politica si svolge al di fuori delle sedi parlamentari dal 1948.

Il vero nodo della questione è un altro.

Il tono del Presidente del Consiglio dei Ministri, forse, non è sembrato il tono dell’indirizzo politico di maggioranza che chiede di aderire alla propria visione dell’interesse pubblico. E’ sembrato piuttosto quello del Presidente della Repubblica (il quale, infatti, ha ricevuto con imbarazzato silenzio le protese di Salvini quando questi lo ha chiamato per gli auguri di Pasqua), che richiama i partiti politici a una maggiore serenità nell’interesse della coesione nazionale.

Il Presidente della Repubblica, però, impronta le proprie esternazioni sulla irresponsabilità. E’ il fatto che la nostra Costituzione porta dentro di sé le tracce della definizione del Capo dello Stato come persona sacra e inviolabile propria dello Statuto Albertino giustifica il collegamento del potere di messaggio alla irresponsabilità del Capo dello Stato e lo colloca all’interno di una funzione di alta garanzia e controllo, ma anche di integrazione e stimolo.

Nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, questo Presidente onnipotente che decide delle libertà quotidiane dei cittadini sulla base del principio di precauzione, si rivolge al popolo con un messaggio che assomiglia molto a quello del Presidente della Repubblica di cui condivide il tono di garanzia, cerca l’irresponsabilità.

Se Segni, Leone, Cossiga e Napolitano ci hanno insegnato a temere un Presidente della Repubblica che si avvicina al polo del Governo, non vorrei che Conte ci insegnasse a temere un Presidente del Consiglio dei Ministri che si appoggia su di una emergenza per avvicinarsi al polo del Presidente della Repubblica.

In altre parole, se di solito, è pericoloso un Capo dello Stato che si avvicina al Governo, senza essere responsabile, in una situazione di emergenza può essere molto più pericoloso un Capo del Governo che si atteggia a Presidente di una repubblica presidenziale.

E, purtroppo, questo dipende molto da un Parlamento che si riunisce solo per lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni e la conversione dei decreti legge, smarrendo gran parte della propria ragion d’essere nella discussione del voto a distanza.

 

 

Il gatto risorto (Conte giura da Presidente del Consiglio)

in profstanco / by Gian Luca Conti
01/06/2018

1 – Conte era durato quanto un gatto sull’Aurelia, ma è risuscitato. Salvini e Di Maio hanno trovato un nuovo accordo, rimpastando la compagine ministeriale, Cottarelli ha rinunciato all’incarico, Matterella ha nuovamente incaricato Conte che è subito tornato al Quirinale con la lista dei ministri e oggi giurerà.

I gatti hanno sette vite e Conte ne aveva consumata solo una.

Mattarella sembra avere risolto una delle crisi di governo più lunghe della storia repubblicana e la sua prudenza viene lodata da una parte nobile dell’opinione pubblica.

Il problema che il suo veto su Savona come ministro dell’economia, però, resta sul tavolo della Costituzione, perché forse Costituzione materiale e Costituzione formale hanno trovato un nuovo equilibrio: il governo che nasce è un governo fortemente voluto dal Capo dello Stato e nasce grazie a un suo veto. Read more →

Impeachment, Alto Tradimento, Conflitti interorganici e Appeasement

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/05/2018

1 – Si scrive impeachment ma si legge alto tradimento o attentato alla Costituzione.

Per le forze politiche che avevano costruito il contratto di governo, il rifiuto del Capo dello Stato di nominare il ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato costituisce un alto tradimento o un attentato alla Costituzione: i reati propri del Presidente della Repubblica che ne consentono la messa in stato d’accusa.

Per le altre forze politiche, fermo il rammarico di non aver potuto vedere il contratto di governo alla prova del governo, il Presidente della Repubblica avrebbe perfettamente applicato la Costituzione, esercitando le proprie prerogative che comprenderebbero il veto sui ministri proposti dal Presidente del Consiglio incaricato.

A Firenze, un folto gruppo di costituzionalisti, che comprendono anche molti dei maestri di chi scrive, ha sottoscritto un documento in cui, fra l’altro, si legge che il potere di nomina dei ministri richiede il concorso del Presidente del Consiglio incaricato, ma che qualora questo concorso non si realizzi spetta al Capo dello Stato, che se ne assume la piena responsabilità, l’ultima parola.

Sono opposti punti di vista, politici e costituzionali, che meritano di essere vagliati con una premessa di metodo: il compito del costituzionalista è studiare la Costituzione formale, la Costituzione per come è scritta, per comprendere la Costituzione materiale, la Costituzione per come opera nel concreto svilupparsi delle dinamiche economiche, politiche e sociali, cercando il giusto equilibrio fra le due.

Nel dialogo fra “black letter law” e “law in action”, il costituzionalista non deve affermare la prevalenza della prima sulla seconda perché altrimenti la Costituzione sarebbe norma morta, né può lasciarsi ammaliare dal fascino della seconda e perdere di vista il testo costituzionale, perché altrimenti la Costituzione sarebbe un libro dei sogni.

Deve cercare di conciliare Costituzione formale e Costituzione materiale, trovare l’equilibrio fra queste due realtà, senza pensare che l’una possa vivere senza l’altra e consapevoli che l’ultima parola in questo compito spetta alla Corte costituzionale.

Sulla base di queste premesse, si può guardare con serenità alla cronaca di questi giorni, senza pronunciare né un aprioristico Io sto con Mattarella, né darsi a un’altrettanto irragionevole chiamata delle piazze all’impeachment. Read more →

I mandanti di Mattarella

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/05/2018

1 – I mandanti di Mattarella sono Salvini e Di Maio che parlano della idea di Italia, a Milano di notte, e lo raccontano al Capo dello Stato, a Roma di pomeriggio.

Dentro questa fisionomia, per cui i due possibili alleati di governo discutono della loro idea di Italia e cercano punti di intersezione fra le post ideologie che ciascuno di loro rappresenta.

C’è qualcosa di strano in questa discussione. Viene da chiedersi se non avessero dovuto pensare all’Italia e all’idea del suo futuro che intendono proporre come indirizzo politico di maggioranza prima delle elezioni, in modo da chiarire al loro elettorato la ragione di una scelta che in quel caso avrebbe potuto essere diversa o più convinta.

Il corpo elettorale, ci si deve chiedere, ha votato Salvini e Di Maio perché costruissero insieme una nuova idea di Italia o ha votato le idee di Italia che ciascuno di loro proponeva e che oggi deve sintonizzare con i valori dell’altro, valori che in campagna elettorale non sembravano così vicini.

2 – Nella realtà, che è una realtà mistica, della forma di governo parlamentare fondata sulla irresponsabilità del Capo dello Stato ed ereditata dalla inviolabilità della Corona, i partiti propongono le loro ideologie al corpo elettorale che premia l’una o l’altra e il Capo dello Stato rappresenta la nazione scegliendo il leader della coalizione di governo, che è il motivo per cui il libero mandato del Presidente della Repubblica si chiama irresponsabilità, salvo l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione; il suo mandato dura sette anni, che sono due più della durata naturale di una legislatura; viene eletto dalla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune.

In questo schema, il Capo dello Stato sceglie il Capo del governo perché individua la persona che può rappresentare l’indirizzo politico di maggioranza quando le elezioni hanno segnato la sconfitta di tutte le forze, nessuna delle quali ha una maggioranza sufficiente per governare, sicché il Capo dello Stato scegliendo di incaricare l’uno o l’altro come Presidente del Consiglio suggerisce come integrare, modificare e correggere i diversi programmi dei diversi partiti per rispettare la volontà degli elettori, per arrivare a quell’idea di Italia che se fosse stata presentata agli elettori avrebbe avuto la maggioranza dei voti.

3 – Salvini e Di Maio sembrano uscire da questo schema discutendo dell’idea di Italia. Perché di questa idea dovrebbe discutere Mattarella con se stesso, perché è il Capo dello Stato che rappresenta la nazione, mentre i partiti politici, forse, dovrebbero limitarsi al loro ruolo di soggetti che vengono consultati per cercare un accordo sulla persona alla quale il Presidente della Repubblica può affidare la propria idea di nazione, che è l’idea di nazione in grado di aggregare una maggioranza su dei valori che il corpo elettorale non ha saputo scegliere perché nessuno dei partiti è riuscito nel corso della campagna elettorale a convincere la maggioranza degli elettori con la propria idea.

Salvini e Di Maio quando pensano all’Italia e lo fanno dopo le elezioni tradiscono la memoria dei propri elettori. Soprattutto invertono i termi di una fiducia intesa come mandato del Capo dello Stato, nella sua funzione tutt’altro che notarile di rappresentanza della nazione, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sua funzione profondamente politica di capo del governo e perciò interprete dell’accordo fra i valori in lotta durante la campagna elettorale e adesso chiamati a collaborare per effetto della parziale sconfitta reciproca che giustifica l’accordo di coalizione, almeno a partire dalla prima legislatura repubblicana.

4 – Queste sono le osservazioni di un costituzionalista che cerca di comprendere l’evoluzione della forma di governo dopo la scomparsa dei partiti politici.

Difficilmente rappresentano il pensiero di Salvini e Di Maio, perché se uno smette di fare il costituzionalista e si mette a pensare a Salvini e Di Maio che discutono sull’idea di nazione, non gli viene in mente subito un dialogo alto e profondo che parte da Machiavelli e Guicciardini per arrivare a Pellegrino Rossi e Cesare Balbo, senza dimenticare nessuno, nemmeno Donat Cattin.

Gli vengono in mente due ragazzi molto più svegli di quello che vogliono sembrare che si passano nomi l’un l’atro all’unico scopo di bruciarli, perché sanno che le elezioni anticipate potrebbero non essere lontane e che il Capo dello Stato cerca qualcuno che possa guidare il paese a delle elezioni che hanno bisogno di un arbitro truccato come quelli del wrestling.

L’idea commissariale della revisione costituzionale (Nenni, Renzi e Mondo Operaio)

in News / by Gian Luca Conti
08/05/2014

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1 – Nenni non era favorevole al bicameralismo paritario. Lo considerava un appesantimento: «…l’ordinamento della repubblica così come è previsto in questo progetto, sotto molti aspetti rappresenta una minaccia per la funzione legislativa e sembra abbia obbedito alla preoccupazione di bloccare qualsiasi legge» (in questi termini, il suo intervento in Assemblea Costituente del 10 marzo 1947, sul complesso rapporto fra Nenni e i lavori della Costituente: F. Biondi).

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Nessuna preoccupazione costituzionale?

in News / by Gian Luca Conti
11/02/2014

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Le indiscrezioni sul nuovo libro di Allan Friedman sono molto più accattivanti di quelle che potrebbe suscitare un intervento di Milton Friedman.

Riguardano il ruolo del Capo dello Stato nella caduta del Governo Berlusconi.

Il Presidente della Repubblica sulle colonne del Corriere della Sera opportunamente ricorda che è stato il Parlamento a non approvare (l’8 novembre 2011) il rendiconto generale dello Stato, inducendo Berlusconi alle dimissioni che furono subito certificate come irrevocabili seppur posticipate all’approvazione della legge di stabilità. Read more →

Non aprite quelle porte: ciò che Napolitano può fare e quello che potrebbe (ma non dovrebbe) fare

in News / by Gian Luca Conti
16/03/2013

1 – Ci si deve chiedere in questi giorni che cosa Napolitano, considerato come Capo dello Stato, può fare e che cosa non può fare.

Non è solo un esercizio di teoria generale del diritto costituzionale applicata alla scienza della politica, ma è un modo per fissare alcuni principi che possono aiutare a comprendere l’attuale fase evolutiva della forma di governo fissata dai costituenti nel 1947 e successivamente oggetto di una inarrestabile evoluzione che, a partire dalla prima legislatura repubblicana, non si è mai fermata.

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L’integratore costituzionale e gli affari segreti del Presidente della Repubblica (Note polemiche nell’imminenza di Corte cost. 1/2013)

in News / by Gian Luca Conti
17/01/2013

La Corte costituzionale ha depositato la sentenza n. 1 del 2013, chiarendo la sorte delle intercettazioni del Capo dello Stato.

La dottrina, quella che ha l’onore delle prime pagine dei giornali, ha variamente lodato l’equilibrio della Consulta.

Immeritatamente, se è possibile esprimere un giudizio sincero.

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Silenzi impenetrabili (Capo dello Stato e procura della Repubblica di Palermo)

in News / by Gian Luca Conti
05/12/2012

Sono silenzi impenetrabili quelli fra il Capo dello Stato e l’on. Nicola Mancino “accidentalmente” intercettati dalla Procura di Palermo nel corso delle indagini sulla trattativa fra il governo della Repubblica ed il governo di cosa nostra ai tempi degli attentati a Falcone e Borsellino e dell’attentato di Firenze.

Lo dice, con lapidaria chiarezza, la Corte costituzionale.

Lapidaria perché la sentenza non si conosce ma si percepisce dal comunicato stampa del Presidente della Corte, Alfonso Quaranta, che ne ha esternato il contenuto.

Di questa sentenza sono due gli aspetti che si possono sottolineare a prima lettura. Il primo è che non è una sentenza, ma un comunicato stampa. Il secondo è il ruolo del Presidente della Repubblica per come lo stesso emerge dai suoi impenetrabili silenzi. Read more →

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