15/03/2019
Il fascismo ha fatto cose buone?
Tajani ha detto qualcosa che è suonato più o meno come il fascismo ha fatto cose buone anche se non possono non essere condannate le leggi razziali e l’omicidio Matteotti. Più o meno nelle stesse ore, il Sindaco di Empoli, che dovrà sfidare fra pochi mesi un politico locale proveniente dalle file di Fratelli di Italia, ha scoperto che Mussolini era stato nominato cittadino onorario anche del suo paese e ha deliberato la revoca di quell’antico provvedimento.
La prima cosa che viene in mente è: che noia!
La seconda è che Tajani, sostanzialmente, ha espresso un giudizio politicamente storico sul fascismo mentre la signora Barnini ha espresso un giudizio morale sul capo responsabile del regime fascista e si tratta di due cose diverse.
La Costituzione condanna il fascismo?
La Costituzione non accetta la possibilità che sia ricostituito il disciolto partito nazionale fascista nella XII disposizione transitoria e finale.
La Repubblica italiana ha tollerato due movimenti politici che avevano molto in comune con le aspirazioni del “disciolto”: il partito dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini e il Movimento Sociale Italiano di Michelini ed Almirante, prima, e di Fini, poi, e ha previsto che i capi responsabili del regime fascista potessero essere tenuti lontani dalla vita pubblica solo per un breve periodo di tempo (cinque anni).
La posizione costituzionale sul fascismo è una posizione prudente e ragionevole che considera una realtà di fatto l’esistenza di numerosi fascisti nella società civile di allora e l’adesione – qualunquistamente convinta – della maggior parte degli italiani durante il ventennio al regime fascista.
Gli apoti della congregazione di Prezzolini – coloro che non se la sono fanno dare a bere – quando scrivono la loro costituzione condannano il fascismo ma accettano i fascisti, riconoscendo il bisogno di integrarli nella vita democratica come una necessità costituzionale.
E’ quello che probabilmente avrebbero fatto anche Piero Gobetti e i fratelli Rosselli se fossero sopravvissuti alla politica sanguinaria delle nostre camicie brune.
Il fascismo in Parlamento
Il fascismo non ha amato il Parlamento anche se la Camera dei deputati, durante il ventennio, si era assolutamente invaghita del fascismo, come si conviene a un’assemblea che era eletta attraverso l’adesione da parte degli elettori alle liste precompilate dal Gran Consiglio.
La distanza fra il nostro Parlamento e il modello parlamentare fascista si percepisce bene nel modo di votare le leggi: le leggi fasciste venivano approvate per acclamazione, spesse volte cantando Giovinezza.
Così è stato nel 1938 per le leggi razziali.
Il Parlamento repubblicano “vota”, non acclama: chi acclama si unisce a una folla di cui condivide il sentimento. Il voto, nell’art. 68, Cost., e anche in 67, invece, è il risultato di una opinione che il membro del Parlamento esprime a titolo individuale assumendosi la piena responsabilità politica del proprio voto anche in dissenso dal gruppo al quale appartiene e dal quale può essere espulso.
Per questa ragione, l’art. 64, terzo comma può essere considerato un principio fondamentale e una delle disposizioni più lontane dal fascismo della Costituzione.
Parlare oggi di fascismo e di Mussolini
Parlare oggi di fascismo non può esaurirsi nel dire che ha fatto anche cose buone oltre che quelle orribili che conosciamo tutti. Significa ricordare un parlamento che non conosceva altro modo di esprimersi che l’acclamazione e avvertire, con un certo disagio, che anche la nostra aula, sia al Senato che alla Camera, vede troppo spesso i membri del Parlamento aderire senza alcuno spirito critico alle istruzioni dei loro capigruppo.
Tajani non ha peccato nella sua affermazione, correttamente criticata da chi ha osservato che anche un serial killer magari è stato bravo a scuola. Ha peccato perché non ha considerato l’essenza del fascismo per la Costituzione come un metodo inaccettabile di formazione delle decisioni pubbliche.
Ma anche la Sindaca Pd di Empoli, forse, ha espresso un giudizio un po’ avventato togliendo la cittadinanza onoraria della sua città a Mussolini. Non perché questo sia anacronistico: lo è sicuramente. Ma perché se avesse guardato alla verità di quel provvedimento amministrativo, avrebbe trovato un consiglio comunale e un podestà che, probabilmente per acclamazione, avevano deciso di conferire la massima onorificenza cittadina a quello che allora era il Presidente del Consiglio e, come si è visto, se la Costituzione ha deciso di condannare il fascismo, irrevocabilmente, ha anche deciso di perdonare i fascisti.
Con un coraggio che, oggi, non è generoso dimenticare.