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Temeraria è l’inerzia? Giovani riflessioni sul taglio dei parlamentari

in profstanco / by Gian Luca Conti
08/09/2020

Venerdì, 11 settembre 2020, alle 15:30, per chi può in presenza alla Sapienza, e per chi non può su google meet, last minute sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Chi vuole attentare alle ragioni della democrazia rappresentativa comincia sempre con il ridurre il numero dei parlamentari o piuttosto chi vuole leggi incomprensibili cerca di aumentarlo?

Forse, il punto non è questo.

Chi vuole bene alla democrazia rappresentativa si deve chiedere come migliorare il funzionamento del Parlamento e il suo modo di essere percepito dalla società civile.

Non dipende dal numero dei suoi membri ma dei problemi che pone la rappresentanza ai cittadini di un mondo complicato ma anche più felice, molto più felice, che ai tempi della rivoluzione industriale.

Ne parlano:

Dott.ssa Antonia Maria Acierno, Laureata magistrale in Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli Federico II

Dott. Diego Baldoni, Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Genova

Dott. Stefano Bargiacchi, Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Siena

Dott. Nicolò Fuccaro, Dottore di ricerca, Università degli Studi di Genova

Dott. Francesco Neri, Laureando magistrale in Governo e Politiche, LUISS di Roma

Giulio Santini, Allievo ordinario, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Introducono e concludono Rolando Tarchi, Gian Luca Conti. Coordinano Francesca Biondi Dal Monte e Fabio Pacini.

L’evento è organizzato dal Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e dall’istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna e segue ai webinar del 25 e 26 giugno con cui fa corpo, anticipando il dibattito che inizierà subito dopo il referendum.

Locandina 11 settembre 2020 def

183 costituzionalisti

in profstanco / by Gian Luca Conti
24/08/2020

L’appello dei 183

183 costituzionalisti, fra i quali anche chi scrive, hanno firmato un appello agli elettori contro la riduzione del numero dei parlamentari.

Il senso di questo appello per chi scrive è evitare un grande malinteso: tagliare il numero dei parlamentari non risolverà i problemi della democrazia italian style.

Nello stesso tempo, però, occorre anche ammettere che se il numero dei parlamentari dovesse essere effettivamente ridotto la democrazia rappresentativa italiana non soffrirebbe più di tanto.

Il vero problema, la quadratura del circolo, nel linguaggio di uno dei più attenti studiosi del diritto elettorale (Giovanni Schepis), non riguarda il numero dei parlamentari ma il ruolo del Parlamento nel sistema politico e la soluzione di questo problema sta nella legittimazione del Parlamento dinanzi alla società civile che manca e manca per ragioni storiche almeno a far data dal 1992 e da quel terribile commiato delle istituzioni rappresentative che fu il discorso di Craxi alla Camera del 3 luglio 1992:

nella vita democratica di una nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico

La quadratura di questo circolo non sta sicuramente nel numero dei parlamentari: 630 deputati e 315 senatori vivono lo stesso vuoto politico di 400 deputati e 200 senatori. Read more →

Il segreto pandemico

in profstanco / by Gian Luca Conti
30/04/2020

Il segreto pandemico

Qualche giorno fa, si è provato a indagare il complesso rapporto fra principio di precauzione e segreto di Stato.

Quelle pagine sono state lungimiranti: in effetti, pochi giorni dopo, il ministro della Salute, Roberto Speranza è stato convocato dinanzi al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica).

Non è dato sapere che cosa ha spiegato al Comitato parlamentare, il cui resoconto sommario non racconta molto. Anche se dice che il ministro è stato ascoltato per due ore, che non sono poche e non è frequente che un ministro per la Salute sia convocato dal Copasir.

Ci si deve, quindi, chiedere se le notizie “vere” sulla pandemia siano o meno oggetto di un segreto di Stato (o comunque di una “riservatezza” di Stato) e stupisce che non ci sia stata sul punto, in un Parlamento per niente indifferente al sindacato ispettivo, una interrogazione, magari a risposta immediata o una interpellanza, magari urgente da parte dell’Aula di Palazzo Madama o Montecitorio.

Il punto, però, è un altro.

Le notizie “vere” sulla pandemia potrebbero essere tenute riservate per due opposti ordini di ragioni. Da una parte, il Governo potrebbe ritenere che queste notizie, se di dominio pubblico, potrebbero scatenare il panico fra la popolazione. In questo caso, la riservatezza potrebbe non essere irragionevole, anche se discutibile la sua trattazione da parte del Copasir e non dall’aula, magari riunita, come si usa in tempo di guerra, senza resoconto stenografico e con vincolo di segretezza.

Dall’altra parte, le  notizie “vere” potrebbero essere molto meno pessimistiche di quelle che i bollettini della protezione civile diffondono di giorno in giorno, con una attendibilità statistica che è stata posta in dubbio fin dai primi giorni della pandemia, quando il presidente dell’ISTAT ha dichiarato che la cosa migliore, sul piano della attendibilità scientifica, sarebbe stata selezionare dei campioni significativi della popolazione e verificare su questi campioni l’andamento del virus.

In questo caso, il Governo, anzi il Presidente del Consiglio dei Ministri, avrebbe tenuto segrete delle notizie che, in realtà, rivelano un reato perché l’aver sospeso le libertà costituzionali dell’intera popolazione per sessanta interminabili giorni, impedendo lo svolgimento di elezioni e consultazioni referendarie, costituisce qualcosa di vicino all’attentato alla Costituzione se non viene più che congruamente motivato e la motivazione regge alla prova dei fatti.

Sotto questo aspetto, vi è da rammentare che il segreto di Stato, ai sensi dell’art. 39, legge 124/2007, può essere apposto anche sui fatti che possono integrare il reato di attentato alla Costituzione (l’art. 39 esclude dal segreto di Stato gli artt. 282, 416 bis, 416 ter, e 422, c.p. non l’art. 283); che, in questo caso, il responsabile dell’attentato alla Costituzione sarebbe il Presidente del Consiglio dei Ministri; che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha il potere di apporre il segreto di Stato (art. 39, quarto comma, legge 124); che è il Presidente del Consiglio dei Ministri che riferisce al Copasir in materia di segreto di Stato (art. 34, legge 124).

In altre parole, il capo del Governo può apporre il segreto di Stato su fatti che costituiscono il fondamento di un attentato alla Costituzione, anche nel caso in cui l’attentato alla Costituzione sia stato commesso dallo stesso capo del Governo.

Naturalmente, sarebbe una situazione sudamericana, alla quale nessuno vuole neppure pensare.

Quello che invece si deve pensare, con ragionevole prudenza e un alto senso delle istituzioni, è se colui che ha governato una situazione di emergenza ricorrendo all’antica e perigliosa categoria degli arcana imperii, possa anche gestire l’assai più delicata fase della ricostruzione. Perché un’unica cosa è davvero sicura in questo contesto: che la pandemia lascerà il paese in ginocchio, alla pari di un conflitto mondiale, e non è necessario il mestiere di storico per rammentare che i fondi per la ricostruzione dopo l’ultimo conflitto mondiale hanno consentito alla Democrazia Cristiana di costruire un consenso clientelare durato oltre trent’anni.

Egualmente non è necessario il mestiere dell’indovino per immaginare che questa sia la vera partita del futuro, una partita su cui l’affrettata conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri di domenica 27 aprile ha già inteso mettere una seria ipoteca.

Si dirà che Conte è solo, che dietro di sé non ci sono partiti politici, come si è dimostrato anche nel caso delle ultime nomine governative, quando Conte è dovuto tornare indietro e rispettare le indicazioni provenienti dai suoi sponsor.

Ma, sempre con il mestiere dell’indovino, non è difficile immaginare che l’ambizioso capo del Governo possa trovare un partito e gli ultimi movimenti di Forza Italia, con la quale l’antropologia del Presidente del Consiglio dei Ministri vanta non pochi punti in comune, potrebbero andare esattamente in questa direzione.

D’altra parte, se la partita vera è la gestione dei fondi per la ricostruzione, non si può pensare che il partito nato dall’eredità spirituale del peggior craxismo se ne tenga sdegnosamente lontano.

Pecunia non olet, direbbe un avvocato di campagna.

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