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La crisi del Conte bis dal punto di vista del Semestre Bianco

in profstanco / by Gian Luca Conti
03/02/2021

I cronisti più attenti hanno ben sottolineato il ricordo che ieri il Capo dello Stato ha fatto circolare in occasione del centotrentesimo anniversario dalla nascita di Antonio Segni.

In questo ricordo, Mattarella ha ricordato come Segni avesse proposto due riforme istituzionali estremamente incisive: il divieto di un secondo mandato per il Capo dello Stato e, di conseguenza, la soppressione della possibilità di un secondo mandato, che, sinora, è stato concesso solo a Napolitano in un momento di profonda crisi del sistema.

I due grandi contendenti della crisi di governo non hanno trovato un punto di equilibrio ed il truello nel quale si erano annodati è finito con il massacro di entrambi. Non è facile immaginare che Conte possa costruire un movimento politico a partire dalla complessa accozzaglia di parlamentari che ha avventurosamente raccolto in Parlamento ed è decisamente difficile immaginare che la percezione da parte della opinione pubblica di un ruolo meramente demolitorio di quello che oramai viene chiamato il senatore di Rignano perché Scandicci si è rifiutata di concedergli la cittadinanza possa condurre a un successo elettorale.

E’ sicuramente una buona notizia per il paese: l’accordo fra Renzi e Conte avrebbe condotto a un Governo del metacentro instabile ed entrambi avrebbero guardato alle due grandi sfide dei prossimi anni di legislatura (il recovery plan e la legislazione elettorale) in chiave essenzialmente utilitaristica.

Al contrario, un Governo guidato da Draghi, soprattutto se formato da tecnici e soprattutto se appoggiato da una larga coalizione, potrebbe garantire al paese una guida capace di convincere i nostri partner europei e di dare ai nostri figli delle ragioni per pagare i debiti che si ritroveranno sulle spalle, ma anche di riequilibrare il gioco politico con una legislazione elettorale seria e ragionevole.

Il vero nodo, però, riguarda l’elezione del prossimo Capo dello Stato. I sette anni di Mattarella scadranno nei primi mesi del 2022 ovvero nel pieno di una stagione, nella quale, se Draghi dovesse ricevere la fiducia del Parlamento e questa si fondasse su di una larga coalizione, gli accordi politici saranno cementati dalla approvazione della prima manovra di bilancio post recovery plan.

In quello scenario, la maggioranza politica dovrebbe essere formata dal Partito Democratico, Forza Italia e Italia Viva, con la probabile astensione della Lega e, forse, una parte del Movimento 5 Stelle, che potrebbe uscire assai male dall’attuale crisi di Governo.

E’ uno scenario che renderà molto difficile al Partito Democratico giocare un ruolo da King Maker nella elezione del nuovo Capo dello Stato e questa era una parte degli accordi su cui si era fondato il Conte bis e si stava negoziando il Conte ter.

Si riproporrà la situazione che stiamo vivendo adesso: la crisi delle alleanze forti e strategiche generata dalla natura fluida del consenso elettorale del Movimento 5 Stelle determinerà la ricerca di nuove formule politiche che per poter essere praticabili dovranno uscire dalla politica.

Si apre, insomma, uno scenario che non rende impossibile immaginare Marta Cartabia Presidente della Repubblica, o, persino, la rielezione di Mattarella, che ha detto di non essere disposto a un secondo incarico, ma al quale non manca il senso di responsabilità, l’autorevolezza, l’imparzialità e l’intelligenza per affrontarlo.

E forse anche questi non sono scenari da disprezzare.

La crisi del Conte bis, fra truello e metacentri instabili

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/01/2021

1 – La crisi del Governo Conte bis è tutt’altro che incomprensibile. Lo può sembrare dalla comunicazione di questi giorni e dai meccanismi che si sono azionati grazie alla impazienza di Renzi.

Non lo è affatto sia dal punto di vista costituzionale che dal punto di vista politico.

Sul piano politico, è facile osservare che Conte era arrivato ad occupare una posizione sempre più ingombrante in vista sia della elezione del Capo dello Stato che della prossima legislatura. La crescita del suo prestigio era destinata o alla conquista della leadership sul Movimento 5 Stelle o alla costruzione di un movimento politico autonomo che avrebbe eroso il consenso sia del Movimento 5 Stelle che del Partito Democratico.

Sotto questo aspetto, la impazienza di Renzi è tornata utile a entrambe le Parti dell’alleanza giallo rosa. Read more →

-10 (giorni al referendum) e due tabelle (le Camere dopo il taglio)

in profstanco / by Gian Luca Conti
11/09/2020

Le ragioni del “SI” e del “NO” non sono contrapposte più di tanto, ma sono semplicemente espressione di un diverso modo di guardare alla Costituzione.

Quello che stupisce è vedere il popolo – apparentemente schierato in larghissima maggioranza per il taglio dei parlamentari – e le elites, assai più variegati nel loro giudizio su questa riforma, il che consente a chi l’ha promossa (a tutti coloro che l’hanno promossa) di vantare una forza politica e una capacità di rappresentanza forse eccessiva rispetto ai sondaggi.

Quello che è certo è che il taglio dei parlamentari ha bisogno di un seguito attivo da parte del Parlamento, sia in punto di adeguamento della legislazione elettorale che di modifica dei regolamenti parlamentari.

Entrambi adempimenti che postulano una maggioranza solida e coesa: le modifiche dei regolamenti parlamentari hanno bisogno della maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea che le approva e una legge elettorale suona come un “tutti a casa”, sicché i parlamentari di maggioranza tendono ad approvarla solo in prossimità della scadenza naturale della legislatura.

Il problema, però, il vero problema, è che gran parte dei membri dell’attuale legislatura sanno che nella prossima legislatura potrebbero non essere rieletti per l’effetto combinato della riduzione del numero dei parlamentari e dei sondaggi circa il consenso registrato dai partiti politici che li hanno accolti nelle loro liste.

Questa è la situazione alla Camera:

Camera Gruppi 09/2020 In % Dopo il taglio Sondaggi 09/2020 Gruppi XIX Delta
Forza Italia Berlusconi Presidente 97 15% 61 6% 23 -74
Fratelli di Italia 35 6% 22 15% 58 23
Italia Viva 30 5% 19 3% 11 -19
Lega 125 20% 78 27% 108 -17
Leu 11 2% 7 0 -11
M5S 206 33% 129 14% 57 -149
PD 90 14% 56 21% 81 -9
Misto 36 6% 23 15% 57 21
630 1 394 394 337
Maggioranza (senza misto) 307 138
Maggioranza assoluta 316 -178

Forza Italia, per esempio, passerebbe da 97 componenti a 23, mentre il gruppo M5S da 206 a 57.

Le cose non cambiano al Senato:

Senato Gruppi 09/2020 In % Dopo il taglio Sondaggi 09/2020 Gruppi XIX Delta
Forza Italia 61 10% 38 6% 12 -49
Fratelli di Italia 18 3% 11 15% 29 11
Italia Viva – PSI 17 3% 11 3% 5 -12
Lega – Partito Sardo di Azione 61 10% 38 27% 54 -7
M5S 97 15% 61 14% 28 -69
PD 35 6% 22 21% 40 5
Per le autonomie 8 1% 5 1% 2 -6
Misto 21 3% 13 14% 26 5
318 1 199 196 170
0,625
Maggioranza (senza misto) 157 76
Maggioranza assoluta 160 -84

Il dato più significativo è il numero di parlamentari che l’attuale maggioranza andrà a perdere: 84, al Senato, e 178, alla Camera.

Sono tutti parlamentari necessari per l’approvazione delle riforme che dovranno fare necessariamente seguito alla riduzione dei parlamentari e, sicuramente, non gliene potrebbe fregare di meno, se così si può dire, ma temo che l’espressione sia assolutamente corretta.

In questa situazione, l’inerzia riformatrice diventa una questione di numeri e il compito di sistemare razionalmente e organicamente questa riforma spetterà alla XIX Legislatura, ovvero a una maggioranza molto probabilmente assai diversa dall’attuale e che potrebbe considerare l’attuale maggioranza con la stessa disinvoltura con cui è stata trattata nella XVIII Legislatura.

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