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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Dal fumus persecutionis al fumus mutationis (Il bello della pregiudizialità parlamentare)

in profstanco / by Gian Luca Conti
05/11/2021

Le tesi sono, anche, l’inizio di un dialogo in cui si propone un percorso di ricerca, spesso poco più di una intuizione e si lascia una curiosità libera di muoversi, di cercare, divagare, con quella libertà priva di pregiudizi che è di chi comincia uno studio e non appartiene più a chi oramai studia da troppo tempo per non immaginare il colpevole già sullo scaffale della libreria dove un giallo vorrebbe attirare la sua attenzione.

L’intuizione, in questo caso, era che il tema dei conflitti da immunità stia subendo una mutazione, stia abbandonando le imbarazzanti torsioni che hanno caratterizzato e si stia stabilizzando lungo le direttrici della pregiudiziale parlamentare, e, forse, senza gli inconvenienti con cui questa evoluzione era stata accolta dagli studiosi più affamati di giustizia costituzionale.

Questa intuizione si basa su di una evidenza: i conflitti da 68, quasi una nuova attribuzione della Corte disegnata dalla legge 140/2003, si sono drasticamente ridotti e hanno perso progressivamente di mordente, ma non sono affatto diminuiti i casi della vita che cadono nell’ambito di applicazione dell’art. 68, Cost., vuoi sub specie di inviolabilità che di insindacabilità.

Di qui, l’idea che la pregiudizialità parlamentare, alla fine, abbia funzionato bene, che il Parlamento sia riuscito a regolare in maniera efficacemente razionale il proprio terribile privilegio, sia riuscito a trasformare il proprio privilegio in un assieme di valori che ne regolano l’understatement nei confronti della funzione giurisdizionale.

E, forse, una conclusione: se la Corte ha operato come ultima fortezza nell’affermazione di alcuni principi in materia di funzione parlamentare, se storicamente queste sentenze della Corte costituzionale si collocano nel momento in cui le Camere avevano massimamente perso la propria legittimazione nei confronti dell’opinione pubblica, se in quei tormentati tempi il nodo era il tono costituzionale delle prerogative esercitate dai parlamentari nel momento in cui gli stessi si avvalevano di un odioso privilegio, ecco, oggi, tutto questo è cambiato.

Lo sfoglio della giurisprudenza parlamentare sui conflitti racconta un’altra dimensione. Da una parte, si muovono piccole beghe da gruppo parlamentare, la bassa cucina delle offese che passano ai gestacci e che hanno già trovato la sanzione dell’ufficio di presidenza, le solite vicende di diffamazione che nascondono antiche inimicizie e reciproche avversità politiche. Dall’altra parte, la resistenza del parlamentare alle intercettazioni, utilizzate dai pescherecci dell’accusa come reti a strascico.

In tutti e due questi esempi, ma tanti altri varrebbe la pena di farne, quello che pare di vedere è un cambiamento di direzione nel tono del conflitto. Quello che conta non è più il tono costituzionale dell’esercizio del privilegio parlamentare, ma il tono giurisdizionale nell’esercizio del processo penale.

Un fenomeno che ha rappresentato in maniera molto felice un refuso del laureando che ha cercato di indagare questo argomento: dal fumus persecutionis al fumus mutationis.

Il Draghi della Gran Risa

in profstanco / by Gian Luca Conti
15/02/2021

1 – L’inizio della Gran Risa è un bivio.

Da una parte, la Gran Risa nera, che è un lungo brivido per sciatori esperti, dall’altra parte l’Alting, che è una pista non meno bella ma decisamente più semplice.

Anche il Presidente del Consiglio si trova dinanzi a un bivio e restare immobili fra il muro della Gran Risa e le cunette della Alting non è una scelta saggia.

Da una parte, può segnare una rottura rispetto a ogni tradizione e cercare di muoversi lungo la pista dell’autorevole imparzialità.

E’ il muro della Gran Risa.

Dall’altra parte, può lanciarsi molleggiato sulle cunette delle mediazioni fra forze politiche strenuamente antagoniste.

Sono le cunette della Alting. Read more →

Filippo non è Beppe

in profstanco / by Gian Luca Conti
12/02/2021

Filippo Nogarin è, per chi scrive, soprattutto un amico, ma è, credo per tutti, una persona di profonda onestà intellettuale e di grande levatura morale.

Questo, indipendentemente, dalle convinzioni politiche.

Il punto di vista di Filippo sulla fiducia per il Governo Draghi è ampiamente condivisibile. E’ un punto di vista animato da buona fede e preoccupato essenzialmente delle sorti della Repubblica.

Forse, ha una diversa consistenza la posizione di Beppe Grillo, l’iperleader del Movimento 5 Stelle.

E’ una posizione che è destinata a determinare una vera e propria rottura all’interno del Movimento, come ha prontamente segnalato Di Battista.

Nello stesso tempo, a essere realisti, non è detto che le due anime del Movimento 5 Stelle non possano riunirsi prontamente alla scadenza della Legislatura: l’Elevato non dovrebbe avere problemi a ritrovare l’unità.

Se è riuscito a giustificare l’adesione al progetto Draghi, può fare qualsiasi cosa.

La verità, una verità sottile e maligna, indegna di essere confessata, è che con Draghi le opposizioni scarseggiano. Rischia di esserci solo la Meloni. Ma se c’è solo la Meloni, una cascata di commissioni parlamentari e di organismi autorevolmente indipendenti devono essere affidati a Fratelli di Italia.

Un po’ troppo.

Meglio dividersi in due tronconi e partecipare a entrambe le mense che vengono apparecchiate dalla saggezza del Capo dello Stato.

Scosso Conte (il meriggiare delle consuetudini costituzionali)

in profstanco / by Gian Luca Conti
10/02/2021

1 – L’unico esempio ragionevolmente certo di consuetudine costituzionale è stato fino alle dimissioni di Conte dal Governo e dall’incarico a Draghi la prassi delle consultazioni e il ruolo decisivo di gruppi parlamentari e partiti politici nella formazione della compagine di Governo.

Draghi ha mantenuto la prassi delle consultazioni, ma ne ha più che ridotto l’ambito. Servono al Presidente incaricato per verificare la possibilità di raccogliere più gruppi parlamentari intorno ai valori cardine dell’indirizzo politico.

Non servono per trasformare l’indirizzo politico in un mercato di incarichi più o meno significativi ma comunque importanti per giungere al voto di fiducia.

Si può dire che è già accaduto con il Governo Ciampi nel 1993 e un tanto conferma che nelle situazioni di emergenza le consuetudini costituzionali meriggiano.

In questo caso, sarebbe bello se tramontassero e, forse, la rielezione di Mattarella potrebbe favorire questo percorso di riavvicinamento al valore normativo più profondo della fiducia parlamentare, un valore che peraltro non ha avuto neppure al tempo di Cavour. Read more →

La crisi del Conte bis dal punto di vista del Semestre Bianco

in profstanco / by Gian Luca Conti
03/02/2021

I cronisti più attenti hanno ben sottolineato il ricordo che ieri il Capo dello Stato ha fatto circolare in occasione del centotrentesimo anniversario dalla nascita di Antonio Segni.

In questo ricordo, Mattarella ha ricordato come Segni avesse proposto due riforme istituzionali estremamente incisive: il divieto di un secondo mandato per il Capo dello Stato e, di conseguenza, la soppressione della possibilità di un secondo mandato, che, sinora, è stato concesso solo a Napolitano in un momento di profonda crisi del sistema.

I due grandi contendenti della crisi di governo non hanno trovato un punto di equilibrio ed il truello nel quale si erano annodati è finito con il massacro di entrambi. Non è facile immaginare che Conte possa costruire un movimento politico a partire dalla complessa accozzaglia di parlamentari che ha avventurosamente raccolto in Parlamento ed è decisamente difficile immaginare che la percezione da parte della opinione pubblica di un ruolo meramente demolitorio di quello che oramai viene chiamato il senatore di Rignano perché Scandicci si è rifiutata di concedergli la cittadinanza possa condurre a un successo elettorale.

E’ sicuramente una buona notizia per il paese: l’accordo fra Renzi e Conte avrebbe condotto a un Governo del metacentro instabile ed entrambi avrebbero guardato alle due grandi sfide dei prossimi anni di legislatura (il recovery plan e la legislazione elettorale) in chiave essenzialmente utilitaristica.

Al contrario, un Governo guidato da Draghi, soprattutto se formato da tecnici e soprattutto se appoggiato da una larga coalizione, potrebbe garantire al paese una guida capace di convincere i nostri partner europei e di dare ai nostri figli delle ragioni per pagare i debiti che si ritroveranno sulle spalle, ma anche di riequilibrare il gioco politico con una legislazione elettorale seria e ragionevole.

Il vero nodo, però, riguarda l’elezione del prossimo Capo dello Stato. I sette anni di Mattarella scadranno nei primi mesi del 2022 ovvero nel pieno di una stagione, nella quale, se Draghi dovesse ricevere la fiducia del Parlamento e questa si fondasse su di una larga coalizione, gli accordi politici saranno cementati dalla approvazione della prima manovra di bilancio post recovery plan.

In quello scenario, la maggioranza politica dovrebbe essere formata dal Partito Democratico, Forza Italia e Italia Viva, con la probabile astensione della Lega e, forse, una parte del Movimento 5 Stelle, che potrebbe uscire assai male dall’attuale crisi di Governo.

E’ uno scenario che renderà molto difficile al Partito Democratico giocare un ruolo da King Maker nella elezione del nuovo Capo dello Stato e questa era una parte degli accordi su cui si era fondato il Conte bis e si stava negoziando il Conte ter.

Si riproporrà la situazione che stiamo vivendo adesso: la crisi delle alleanze forti e strategiche generata dalla natura fluida del consenso elettorale del Movimento 5 Stelle determinerà la ricerca di nuove formule politiche che per poter essere praticabili dovranno uscire dalla politica.

Si apre, insomma, uno scenario che non rende impossibile immaginare Marta Cartabia Presidente della Repubblica, o, persino, la rielezione di Mattarella, che ha detto di non essere disposto a un secondo incarico, ma al quale non manca il senso di responsabilità, l’autorevolezza, l’imparzialità e l’intelligenza per affrontarlo.

E forse anche questi non sono scenari da disprezzare.

La crisi del Conte bis, fra truello e metacentri instabili

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/01/2021

1 – La crisi del Governo Conte bis è tutt’altro che incomprensibile. Lo può sembrare dalla comunicazione di questi giorni e dai meccanismi che si sono azionati grazie alla impazienza di Renzi.

Non lo è affatto sia dal punto di vista costituzionale che dal punto di vista politico.

Sul piano politico, è facile osservare che Conte era arrivato ad occupare una posizione sempre più ingombrante in vista sia della elezione del Capo dello Stato che della prossima legislatura. La crescita del suo prestigio era destinata o alla conquista della leadership sul Movimento 5 Stelle o alla costruzione di un movimento politico autonomo che avrebbe eroso il consenso sia del Movimento 5 Stelle che del Partito Democratico.

Sotto questo aspetto, la impazienza di Renzi è tornata utile a entrambe le Parti dell’alleanza giallo rosa. Read more →

-10 (giorni al referendum) e due tabelle (le Camere dopo il taglio)

in profstanco / by Gian Luca Conti
11/09/2020

Le ragioni del “SI” e del “NO” non sono contrapposte più di tanto, ma sono semplicemente espressione di un diverso modo di guardare alla Costituzione.

Quello che stupisce è vedere il popolo – apparentemente schierato in larghissima maggioranza per il taglio dei parlamentari – e le elites, assai più variegati nel loro giudizio su questa riforma, il che consente a chi l’ha promossa (a tutti coloro che l’hanno promossa) di vantare una forza politica e una capacità di rappresentanza forse eccessiva rispetto ai sondaggi.

Quello che è certo è che il taglio dei parlamentari ha bisogno di un seguito attivo da parte del Parlamento, sia in punto di adeguamento della legislazione elettorale che di modifica dei regolamenti parlamentari.

Entrambi adempimenti che postulano una maggioranza solida e coesa: le modifiche dei regolamenti parlamentari hanno bisogno della maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea che le approva e una legge elettorale suona come un “tutti a casa”, sicché i parlamentari di maggioranza tendono ad approvarla solo in prossimità della scadenza naturale della legislatura.

Il problema, però, il vero problema, è che gran parte dei membri dell’attuale legislatura sanno che nella prossima legislatura potrebbero non essere rieletti per l’effetto combinato della riduzione del numero dei parlamentari e dei sondaggi circa il consenso registrato dai partiti politici che li hanno accolti nelle loro liste.

Questa è la situazione alla Camera:

Camera Gruppi 09/2020 In % Dopo il taglio Sondaggi 09/2020 Gruppi XIX Delta
Forza Italia Berlusconi Presidente 97 15% 61 6% 23 -74
Fratelli di Italia 35 6% 22 15% 58 23
Italia Viva 30 5% 19 3% 11 -19
Lega 125 20% 78 27% 108 -17
Leu 11 2% 7 0 -11
M5S 206 33% 129 14% 57 -149
PD 90 14% 56 21% 81 -9
Misto 36 6% 23 15% 57 21
630 1 394 394 337
Maggioranza (senza misto) 307 138
Maggioranza assoluta 316 -178

Forza Italia, per esempio, passerebbe da 97 componenti a 23, mentre il gruppo M5S da 206 a 57.

Le cose non cambiano al Senato:

Senato Gruppi 09/2020 In % Dopo il taglio Sondaggi 09/2020 Gruppi XIX Delta
Forza Italia 61 10% 38 6% 12 -49
Fratelli di Italia 18 3% 11 15% 29 11
Italia Viva – PSI 17 3% 11 3% 5 -12
Lega – Partito Sardo di Azione 61 10% 38 27% 54 -7
M5S 97 15% 61 14% 28 -69
PD 35 6% 22 21% 40 5
Per le autonomie 8 1% 5 1% 2 -6
Misto 21 3% 13 14% 26 5
318 1 199 196 170
0,625
Maggioranza (senza misto) 157 76
Maggioranza assoluta 160 -84

Il dato più significativo è il numero di parlamentari che l’attuale maggioranza andrà a perdere: 84, al Senato, e 178, alla Camera.

Sono tutti parlamentari necessari per l’approvazione delle riforme che dovranno fare necessariamente seguito alla riduzione dei parlamentari e, sicuramente, non gliene potrebbe fregare di meno, se così si può dire, ma temo che l’espressione sia assolutamente corretta.

In questa situazione, l’inerzia riformatrice diventa una questione di numeri e il compito di sistemare razionalmente e organicamente questa riforma spetterà alla XIX Legislatura, ovvero a una maggioranza molto probabilmente assai diversa dall’attuale e che potrebbe considerare l’attuale maggioranza con la stessa disinvoltura con cui è stata trattata nella XVIII Legislatura.

Temeraria è l’inerzia? Giovani riflessioni sul taglio dei parlamentari

in profstanco / by Gian Luca Conti
08/09/2020

Venerdì, 11 settembre 2020, alle 15:30, per chi può in presenza alla Sapienza, e per chi non può su google meet, last minute sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Chi vuole attentare alle ragioni della democrazia rappresentativa comincia sempre con il ridurre il numero dei parlamentari o piuttosto chi vuole leggi incomprensibili cerca di aumentarlo?

Forse, il punto non è questo.

Chi vuole bene alla democrazia rappresentativa si deve chiedere come migliorare il funzionamento del Parlamento e il suo modo di essere percepito dalla società civile.

Non dipende dal numero dei suoi membri ma dei problemi che pone la rappresentanza ai cittadini di un mondo complicato ma anche più felice, molto più felice, che ai tempi della rivoluzione industriale.

Ne parlano:

Dott.ssa Antonia Maria Acierno, Laureata magistrale in Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli Federico II

Dott. Diego Baldoni, Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Genova

Dott. Stefano Bargiacchi, Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Siena

Dott. Nicolò Fuccaro, Dottore di ricerca, Università degli Studi di Genova

Dott. Francesco Neri, Laureando magistrale in Governo e Politiche, LUISS di Roma

Giulio Santini, Allievo ordinario, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Introducono e concludono Rolando Tarchi, Gian Luca Conti. Coordinano Francesca Biondi Dal Monte e Fabio Pacini.

L’evento è organizzato dal Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e dall’istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna e segue ai webinar del 25 e 26 giugno con cui fa corpo, anticipando il dibattito che inizierà subito dopo il referendum.

Locandina 11 settembre 2020 def

183 costituzionalisti

in profstanco / by Gian Luca Conti
24/08/2020

L’appello dei 183

183 costituzionalisti, fra i quali anche chi scrive, hanno firmato un appello agli elettori contro la riduzione del numero dei parlamentari.

Il senso di questo appello per chi scrive è evitare un grande malinteso: tagliare il numero dei parlamentari non risolverà i problemi della democrazia italian style.

Nello stesso tempo, però, occorre anche ammettere che se il numero dei parlamentari dovesse essere effettivamente ridotto la democrazia rappresentativa italiana non soffrirebbe più di tanto.

Il vero problema, la quadratura del circolo, nel linguaggio di uno dei più attenti studiosi del diritto elettorale (Giovanni Schepis), non riguarda il numero dei parlamentari ma il ruolo del Parlamento nel sistema politico e la soluzione di questo problema sta nella legittimazione del Parlamento dinanzi alla società civile che manca e manca per ragioni storiche almeno a far data dal 1992 e da quel terribile commiato delle istituzioni rappresentative che fu il discorso di Craxi alla Camera del 3 luglio 1992:

nella vita democratica di una nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico

La quadratura di questo circolo non sta sicuramente nel numero dei parlamentari: 630 deputati e 315 senatori vivono lo stesso vuoto politico di 400 deputati e 200 senatori. Read more →

Il segreto pandemico

in profstanco / by Gian Luca Conti
30/04/2020

Il segreto pandemico

Qualche giorno fa, si è provato a indagare il complesso rapporto fra principio di precauzione e segreto di Stato.

Quelle pagine sono state lungimiranti: in effetti, pochi giorni dopo, il ministro della Salute, Roberto Speranza è stato convocato dinanzi al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica).

Non è dato sapere che cosa ha spiegato al Comitato parlamentare, il cui resoconto sommario non racconta molto. Anche se dice che il ministro è stato ascoltato per due ore, che non sono poche e non è frequente che un ministro per la Salute sia convocato dal Copasir.

Ci si deve, quindi, chiedere se le notizie “vere” sulla pandemia siano o meno oggetto di un segreto di Stato (o comunque di una “riservatezza” di Stato) e stupisce che non ci sia stata sul punto, in un Parlamento per niente indifferente al sindacato ispettivo, una interrogazione, magari a risposta immediata o una interpellanza, magari urgente da parte dell’Aula di Palazzo Madama o Montecitorio.

Il punto, però, è un altro.

Le notizie “vere” sulla pandemia potrebbero essere tenute riservate per due opposti ordini di ragioni. Da una parte, il Governo potrebbe ritenere che queste notizie, se di dominio pubblico, potrebbero scatenare il panico fra la popolazione. In questo caso, la riservatezza potrebbe non essere irragionevole, anche se discutibile la sua trattazione da parte del Copasir e non dall’aula, magari riunita, come si usa in tempo di guerra, senza resoconto stenografico e con vincolo di segretezza.

Dall’altra parte, le  notizie “vere” potrebbero essere molto meno pessimistiche di quelle che i bollettini della protezione civile diffondono di giorno in giorno, con una attendibilità statistica che è stata posta in dubbio fin dai primi giorni della pandemia, quando il presidente dell’ISTAT ha dichiarato che la cosa migliore, sul piano della attendibilità scientifica, sarebbe stata selezionare dei campioni significativi della popolazione e verificare su questi campioni l’andamento del virus.

In questo caso, il Governo, anzi il Presidente del Consiglio dei Ministri, avrebbe tenuto segrete delle notizie che, in realtà, rivelano un reato perché l’aver sospeso le libertà costituzionali dell’intera popolazione per sessanta interminabili giorni, impedendo lo svolgimento di elezioni e consultazioni referendarie, costituisce qualcosa di vicino all’attentato alla Costituzione se non viene più che congruamente motivato e la motivazione regge alla prova dei fatti.

Sotto questo aspetto, vi è da rammentare che il segreto di Stato, ai sensi dell’art. 39, legge 124/2007, può essere apposto anche sui fatti che possono integrare il reato di attentato alla Costituzione (l’art. 39 esclude dal segreto di Stato gli artt. 282, 416 bis, 416 ter, e 422, c.p. non l’art. 283); che, in questo caso, il responsabile dell’attentato alla Costituzione sarebbe il Presidente del Consiglio dei Ministri; che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha il potere di apporre il segreto di Stato (art. 39, quarto comma, legge 124); che è il Presidente del Consiglio dei Ministri che riferisce al Copasir in materia di segreto di Stato (art. 34, legge 124).

In altre parole, il capo del Governo può apporre il segreto di Stato su fatti che costituiscono il fondamento di un attentato alla Costituzione, anche nel caso in cui l’attentato alla Costituzione sia stato commesso dallo stesso capo del Governo.

Naturalmente, sarebbe una situazione sudamericana, alla quale nessuno vuole neppure pensare.

Quello che invece si deve pensare, con ragionevole prudenza e un alto senso delle istituzioni, è se colui che ha governato una situazione di emergenza ricorrendo all’antica e perigliosa categoria degli arcana imperii, possa anche gestire l’assai più delicata fase della ricostruzione. Perché un’unica cosa è davvero sicura in questo contesto: che la pandemia lascerà il paese in ginocchio, alla pari di un conflitto mondiale, e non è necessario il mestiere di storico per rammentare che i fondi per la ricostruzione dopo l’ultimo conflitto mondiale hanno consentito alla Democrazia Cristiana di costruire un consenso clientelare durato oltre trent’anni.

Egualmente non è necessario il mestiere dell’indovino per immaginare che questa sia la vera partita del futuro, una partita su cui l’affrettata conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri di domenica 27 aprile ha già inteso mettere una seria ipoteca.

Si dirà che Conte è solo, che dietro di sé non ci sono partiti politici, come si è dimostrato anche nel caso delle ultime nomine governative, quando Conte è dovuto tornare indietro e rispettare le indicazioni provenienti dai suoi sponsor.

Ma, sempre con il mestiere dell’indovino, non è difficile immaginare che l’ambizioso capo del Governo possa trovare un partito e gli ultimi movimenti di Forza Italia, con la quale l’antropologia del Presidente del Consiglio dei Ministri vanta non pochi punti in comune, potrebbero andare esattamente in questa direzione.

D’altra parte, se la partita vera è la gestione dei fondi per la ricostruzione, non si può pensare che il partito nato dall’eredità spirituale del peggior craxismo se ne tenga sdegnosamente lontano.

Pecunia non olet, direbbe un avvocato di campagna.

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