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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Principio di precauzione e segreto di Stato

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/04/2020

La scrivania del ministro per la salute è chiusa molto bene ma chi ha avuto modo di avvicinarsi non ha potuto evitare di avvertire l’odore acre, di zolfo e putrefazione, che traspare.

E’ l’odore del segreto di Stato, un odore pungente che, di solito, si avverte quando ci si avvicina al terrorismo, alla mafia, al voto di scambio, agli anni più bui della Repubblica che lo ha regolato compiutamente durante gli anni di piombo (legge 801/1977) e ha ripreso la materia (legge 124/2007) per gestire le lottizzazioni di villa Certosa.

Il problema, sul piano storico, è semplice: il ministro per la salute e il Governo presieduto da Conte avrebbero tenuto segreto il rapporto con cui alcuni scienziati indagavano, fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, gli scenari connessi alla diffusione della pandemia in corso.

Secondo questo rapporto, sarebbero stati ipotizzabili tre scenari, uno dei quali assolutamente catastrofico parlava di una malattia che avrebbe causato fra le seicentomila e le ottocentomila vittime.

Per questa ragione, il Governo avrebbe adottato delle misure assai stringenti con i provvedimenti che conosciamo, i quali, se, da una parte, hanno determinato un danno incalcolabile per la ricchezza della nazione, dall’altra parte, avrebbero salvato centinaia di migliaia di vite umane e sarebbero perciò perfettamente giustificate.

L’affare pone due distinte questioni e suggerisce un rimedio.

La prima questione che pone riguarda il principio di precauzione in rapporto al segreto di Stato. In che misura, questo principio può tollerare che le conoscenze che hanno giustificato il ricorso a misure straordinarie e indifferibili adottate per mezzo di ordinanze libere appoggiate esclusivamente sulla responsabilità del Capo del Governo possano essere segretate e, quindi, conosciute solo ex post?

Il principio di precauzione è, di per sé, un principio che riguarda l’essenza del discorso democratico e il suo rapporto con la scienza. Se la scienza non è certa di un pregiudizio potenzialmente grave e irreparabile per la salute pubblica o l’ambiente, la sfera politica può adottare queste misure sostituendo una legittimazione scientifica con una decisione democratica.

Questo principio postula la possibilità di un discorso pubblico e pienamente informato sulla natura del pericolo che si intende fronteggiare e sui vantaggi e gli svantaggi connessi all’intervento pubblico correttivo che si intende adottare.

Un tanto non accade se la natura del pericolo e le sue caratteristiche sono mantenute segrete dal Governo che le rivela solo quando il pericolo appare superato per giustificare le misure che ha preso e che hanno ridotto la nazione sul lastrico.

La discussione sulla natura del pericolo ha un senso se precede le misure che vengono adottate perché è una discussione sui limiti che il potere intende introdurre a carico delle libertà e che giustifica con la minaccia di un pericolo grave per un interesse che considera gerarchicamente superiore alle libertà che sacrifica.

Una volta che le misure sono state adottate, l’esistenza del dossier serve a giustificare questi limiti, non riguarda più la sostanza della limitazione ma la responsabilità collegiale del Governo (art. 95, secondo comma, Cost.) e individuale del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 95, primo comma, Cost.).

Soprattutto, però, se si afferma il principio secondo cui quando vi è un rischio per la salute o per l’ambiente di natura tale da poter scatenare il panico, il Governo può tenere nascosta la natura di questo rischio al paese (e anche al Parlamento) adottando le misure che ritiene opportune per fronteggiarlo, si ha una pericolosa torsione in senso autoritario della forma di Governo.

La seconda questione è che i problemi che si sono evidenziati, soprattutto il bisogno di bilanciare l’interesse alla sicurezza dello Stato che rende opportuno mantenere segrete e confidenziali certe informazioni in mano al Governo, e il bisogno di democrazia per cui ciascuna limitazione delle libertà individuali deve provenire dal Parlamento, sono stati oggetto di una disciplina puntuale da parte della legge 124/2007, che prevede:

(i) la competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, non del Ministro della Salute, a disporre il segreto di Stato (art. 39, quarto comma);

(ii) l’obbligo del Presidente del Consiglio dei Ministri a dare notizia dell’apposizione del segreto di Stato al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica e il diritto del Copasir di confermare o meno l’apposizione del segreto, dopo averne discusso, se il caso lo ritiene, in una seduta segreta;

(iii) il diritto del Copasir di deferire la questione alle Camere che, a loro volta, ne possono discutere in seduta segreta.

Questi principi si trasformano in domande:

(a) perché il segreto è stato apposto dal ministro per la salute e non dal Presidente del Consiglio dei Ministri?

(b) perché dell’apposizione del segreto non è stato informato il Copasir?

(c) il Governo può sottrarre alla conoscenza del Parlamento delle informazioni che riguardano l’introduzione di limiti alle libertà fondamentali dei cittadini senza informare quantomeno il Copasir di quello che sta accadendo?

E, soprattutto, se è vero che rivelando adesso l’esistenza di un dossier segreto, il ministro per la salute confessa di aver mancato agli obblighi che si sono elencati, perché lo ha fatto?

Qui, l’odore che proviene dalla scrivania ministeriale si fa acre e pungente perché in un paese abituato a intendere il non detto molto più del detto, ci si può chiedere come mai sia così necessario presentarsi come salvatori della patria e non è difficile immaginare che, passato questo periodo di giustificato timore, inizieranno le critiche al Governo, perché la ripresa non sarà né facile né immediata e dovremo ripensare alle basi stesse del nostro sistema economico.

Ma, sotto questo aspetto, le guerre come problema di storia costituzionale finiscono sempre con una inchiesta parlamentare e, anche in questo caso, sembra che questo dovrebbe essere il futuro sviluppo di una vicenda che, guardata con un po’ di attenzione, sembra molto meno brillante di quanto non la si voglia far apparire.

Le esternazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/04/2020

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 16-03-2020 Roma, Italia Politica Coronavirus, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante la videoconferenza per annunciare il nuovo decreto cura-Italia.Nella foto: Giuseppe ConteDISTRIBUTION FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE – Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Conte, nella sua conferenza stampa di venerdì 11 marzo, ha richiamato le opposizioni a un maggiore senso di responsabilità.

Più propriamente si è rivolto alla Lega di Salvini e ai Fratelli d’Italia della Meloni osservando che il loro comportamento era inappropriato rispetto all’emergenza che stava affrontando.

Nella sostanza, ha chiesto di lasciar lavorare chi lavora.

Il senso del ragionamento è abbastanza chiaro: l’emergenza deve essere fronteggiata con ogni mezzo e chi sta affrontando l’emergenza nell’interesse del popolo ha la facoltà di rivolgersi al popolo per condannare chi lo critica.

Il vero nodo, sul piano costituzionale, è più complesso e riguarda l’essenza del circuito Governo – Parlamento.

L’essenza di questo rapporto è la fiducia, con cui ciascuna Camera approva, con scrutinio palese e per appello nominale, le dichiarazioni programmatiche del Governo, ovvero la sfiducia, con cui una Camera, approva, sempre per scrutinio palese e con appello nominale, una mozione di sfiducia sottoscritta da non meno di un decimo dei suoi membri e nella quale deve essere spiegato il perché della richiesta al Governo di lasciare il proprio incarico.

La Costituzione, in altre parole, vuole che la responsabilità politica del Governo sia discussa in Parlamento, e concentrare nel Parlamento (le cui difficoltà a riunirsi non sono agevolate dalla assenza di previsioni esplicite circa la libertà di circolazione dei suoi membri nei complessi d.P.C.M. con cui viene regolato il lockdown) questa discussione significa evitare che la stessa possa svolgersi nell’arena della pubblica opinione ed imporre la necessità della mediazione attraverso la rappresentanza politica.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri nel momento in cui si rivolge direttamente al corpo elettorale, nel corso di una conferenza stampa, per rispondere alle critiche della pubblica opinione, si colloca all’esterno di questo circuito.

Ma questo, tutto sommato, non è innaturale: il circuito della rappresentanza politica si svolge al di fuori delle sedi parlamentari dal 1948.

Il vero nodo della questione è un altro.

Il tono del Presidente del Consiglio dei Ministri, forse, non è sembrato il tono dell’indirizzo politico di maggioranza che chiede di aderire alla propria visione dell’interesse pubblico. E’ sembrato piuttosto quello del Presidente della Repubblica (il quale, infatti, ha ricevuto con imbarazzato silenzio le protese di Salvini quando questi lo ha chiamato per gli auguri di Pasqua), che richiama i partiti politici a una maggiore serenità nell’interesse della coesione nazionale.

Il Presidente della Repubblica, però, impronta le proprie esternazioni sulla irresponsabilità. E’ il fatto che la nostra Costituzione porta dentro di sé le tracce della definizione del Capo dello Stato come persona sacra e inviolabile propria dello Statuto Albertino giustifica il collegamento del potere di messaggio alla irresponsabilità del Capo dello Stato e lo colloca all’interno di una funzione di alta garanzia e controllo, ma anche di integrazione e stimolo.

Nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, questo Presidente onnipotente che decide delle libertà quotidiane dei cittadini sulla base del principio di precauzione, si rivolge al popolo con un messaggio che assomiglia molto a quello del Presidente della Repubblica di cui condivide il tono di garanzia, cerca l’irresponsabilità.

Se Segni, Leone, Cossiga e Napolitano ci hanno insegnato a temere un Presidente della Repubblica che si avvicina al polo del Governo, non vorrei che Conte ci insegnasse a temere un Presidente del Consiglio dei Ministri che si appoggia su di una emergenza per avvicinarsi al polo del Presidente della Repubblica.

In altre parole, se di solito, è pericoloso un Capo dello Stato che si avvicina al Governo, senza essere responsabile, in una situazione di emergenza può essere molto più pericoloso un Capo del Governo che si atteggia a Presidente di una repubblica presidenziale.

E, purtroppo, questo dipende molto da un Parlamento che si riunisce solo per lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni e la conversione dei decreti legge, smarrendo gran parte della propria ragion d’essere nella discussione del voto a distanza.

 

 

Le libertà al tempo del coronavirus

in profstanco / by Gian Luca Conti
10/04/2020

Sono forti le assonanze fra il coronavirus e la disciplina sui vaccini obbligatori posta dal d.l. 73/2017: a prima vista, appare uno stesso fenomeno: la Repubblica, attraverso la legge e la sua esatta applicazione da parte del Governo, deve proteggere i cittadini dal rischio per la loro salute che un comportamento libertario di altri cittadini potrebbe causare. Di conseguenza, la legge limita la libertà di coloro che potrebbero causare un danno potenzialmente grave e irreparabile agli altri.

Ma la straordinaria pervasività della pandemia in corso ha condotto a misure particolarmente eccezionali perché dapprima il d.l. 6/2020 e successivamente il d.l. 19/2020 hanno individuato una serie estremamente ampia di limitazioni alla libertà personale autorizzando il Presidente del Consiglio dei Ministri a definire in concreto, attraverso atti amministrativi generali, i provvedimenti restrittivi della libertà personale dell’intera popolazione e il Presidente del Consiglio dei Ministri (d.d.P.C.M. 22 marzo 2020 e 1 aprile 2020) ha addirittura in parte delegato questo potere di ordinanza al Ministro per lo Sviluppo Economico (d.m. 25 marzo 2020).

Il Parlamento è restato sullo sfondo, limitando il proprio intervento alla conversione in legge del d.l. 6/2020 (legge 13/2020) e autorizzando il ricorso all’indebitamento secondo quanto previsto dall’art. 6, quinto comma, legge 243/2012 (la relazione è stata trasmessa alla Presidenza della Camera il 5 marzo 2020 e posta all’ordine del giorno della seduta dell’11 marzo 2020) per effetto del verificarsi di una situazione a carattere eccezionale.

In altre parole, la limitazione delle libertà personali autorizzata dal Governo con i suoi decreti legge e dallo stesso Governo affidata agli atti amministrativi generali del Presidente del Consiglio dei Ministri non è stata oggetto di una vera discussione parlamentare: il paese non ha sentito bisogno del Parlamento ma del Governo per rispondere alla paura di un morbo terribile e spaventoso.

Di qui, sono possibili due osservazioni, non da costituzionalista, ma da cittadino privato di una porzione significativa delle proprie libertà fondamentali.

La prima riguarda gli effetti del principio di precauzione sulla forma di Governo e sulla forma di Stato. Il principio di precauzione, inteso come il motore del diritto della paura, secondo la definizione di Sunstein, può essere letto come obbligo di adottare qualsiasi misura necessaria a evitare un rischio in assenza di una sicurezza scientifica circa l’estensione del rischio ovvero come possibilità di adottare misure non basate su di una evidenza scientifica univoca. In entrambi i casi è un principio di azione politica che serve nei casi in cui manchi la certezza circa l’esatta estensione di un rischio e quindi sulla effettiva necessità delle misure per contenerlo. La catena di decreti legge e atti amministrativi generali adottati rivela un preciso modo di intendere questo principio di azione politica: non è l’oggetto di una discussione parlamentare, del complesso equilibrio di una sede referente e della sua trasposizione nell’agone assembleare per mezzo delle relazioni di maggioranza e minoranze nonché del potere di emendamento (e di parere sugli emendamenti di iniziativa parlamentare) del Governo. E’ l’oggetto di una volontà politica che si fonda su di un giudizio scientifico.

In altre parole, il principio di precauzione giustifica una torsione della forma di Governo verso l’esecutivo e, in particolare, il suo vertice. E’ sicuramente una torsione autoritaria, che il popolo ha vissuto senza particolari critiche o mal di pancia, vuoi per effetto della crisi del metodo parlamentare, vuoi perché il potere dell’emergenza è sentito come volontà e non come discussione.

La seconda osservazione riguarda la legislazione dell’emergenza, nella legislazione dell’emergenza si rivela sempre una gerarchia di valori. La legislazione sul terrorismo è stata giustificata dall’interesse alla sicurezza dello Stato considerato come un valore supremo. In quel momento, la difesa delle istituzioni democratiche dal rischio generato dall’uso della paura come strumento di lotta politica ha giustificato misure straordinarie di limitazione delle libertà individuali dei cittadini sospettati di essere coinvolti nella lotta armata secondo la cd. logica del doppio binario.

Il valore evocato dal principio di precauzione e dalla lotta contro la pandemia in corso è completamente diverso: anche la difesa delle istituzioni democratiche (e quindi della centralità del Parlamento nella forma di Governo, ma anche del ruolo delle regioni nella forma di Stato) cede rispetto alla paura per la propria salute.

La società del benessere liquido ha prima di tutto paura della propria morte e questa paura giustifica qualsiasi sacrificio, del diritto al lavoro, della libertà personale, della libertà di domicilio, della libertà di circolazione, della libertà di riunione, delle libertà religiose, del diritto alla ricerca e alla frequentazione dei musei.

Questo, forse, spaventa più del coronavirus: una società che tiene di più alla propria vita che ai propri diritti fondamentali perché non è la società dei costituenti i quali conobbero il carcere di Villa Triste per avere il privilegio di scrivere la carta costituzionale e di iniziarla con la proclamazione delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili.

Il quinto quarto della libertà di espressione: Salvini

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/10/2019

1 – Il 20 ottobre 2019, un uomo di colore, probabilmente non in regola sul piano della documentazione amministrativa che ne dovrebbe giustificare la presenza nel nostro paese, ha dato in escandescenze su una strada di Napoli. Si è improvvisato toreador e ha disturbato gli automobilisti di passaggio, nessuno dei quali sembra essersi fermato.

L’uomo di colore non conosceva la Carmen e non ha perciò potuto intonare l’aria del torero Escamillo.

Salvini ha pubblicato il video sul proprio profilo Facebook criticando l’atteggiamento del governo sulla immigrazione con una call to action sul voto umbro di domenica.

I commenti sono stati molti e molto intensi. Molti hanno osservato che quel signore potrebbe essere senza documenti. Altri che la sua previdenza sociale è a carico della collettività mentre lui non pagherà mai le tasse. E così via fino a invitare l’orgoglio napoletano a mettere l’escandescente per orizzontale.

Nessuno ha osservato che il torero era chiaramente fuori di testa, aveva bisogno di aiuto e che l’indifferenza dei passanti lo esasperava. Read more →

Il forno del cocomero

in profstanco / by Gian Luca Conti
27/08/2019

Dove eravamo rimasti?

Mentre il Presidente della repubblica sta ricevendo la Presidente del Senato, qualche piccola osservazione sulla evoluzione della crisi di Ferragosto, la crisi del cocomero, diventa inevitabile per una coscienza costituzionalmente irrequieta.

La crisi del cocomero è nata dalla irrequieta volontà di potere del ministro degli interni che ha chiesto pieni poteri e si è ridotto a twittare “Onore e libertà valgono più di 1.000 ministeri. Non si molla mai”.

Il Presidente del Consiglio, in Parlamento, con il discorso del cocomero ha solennemente dileggiato il ministro degli interni davanti all’intero paese, con uno share da partita della nazionale.

Sono iniziate le consultazioni e il capo politico del M5S è sembrato aprirsi ad un accordo con il PD, anche se lo ha fatto in termini talmente ondivaghi da suscitare un certo nervosismo nel Quirinale. Read more →

La buccia del cocomero (PD, M5S e riforma della Costituzione)

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/08/2019

La buccia del cocomero è sul tavolo di Mattarella

Forse la crisi del cocomero sta arrivando alla fine, il cocomero è stato mangiato quasi per intero e la buccia è restata sul tavolo di Mattarella che ha mostrato un certo disagio per la cortesia dei suoi ospiti.

Il fatto è abbastanza semplice: nel corso delle consultazioni, è emersa la concreta possibilità di un accordo fra il M5S e il PD, Zingaretti nelle sue dichiarazioni al termine del colloquio con il Presidente della Repubblica ha aperto in questo senso, dicendosi pronto all’accordo purché vi fosse il superamento dei d.l. sicurezza, i termini essenziali della manovra economica d’autunno fossero condivisi e la riforma costituzionale non fosse limitata alla diminuzione del numero dei parlamentari, operando una più ampia riforma del modello bicamerale perfetto previsto dalla Costituzione. Read more →

Il discorso del cocomero (Conte al Senato)

in profstanco / by Gian Luca Conti
22/08/2019

La crisi del cocomero

La crisi di Ferragosto (la crisi del cocomero) sembra volgere al termine: le consultazioni proseguono a ritmo serrato e Salvini pare essere la principale vittima delle proprie strategie, il che è la riprova che non si deve parlare di cose serie quando c’è la musica ad alto volume e si è bevuto qualche cocktail adeguato più al contesto balneare che alla meditazione politica. Read more →

Verso l’ultra destra (crisi e ferragosto)

in profstanco / by Gian Luca Conti
10/08/2019

Cocktail umbrellas

L’equivoco di ferragosto

La crisi a Ferragosto è un cazzotto nello stomaco della coscienza della nazione.

La causa è, ancora una volta, la riforma della Costituzione. La riduzione del numero dei parlamentari avrebbe dovuto essere votata a settembre. Se fosse passata, avrebbe moltiplicato il consenso delle forze di maggioranza per effetto della riduzione dei seggi a disposizione delle minoranze. Questo effetto è stato fortemente voluto da Salvini. Read more →

Salvini e i morti in mare: quando il malox deve essere accanto al telecomando

in profstanco / by Gian Luca Conti
24/05/2019

Fake news

Salvini difende la politica di blocco navale del suo governo.

Se ci sono meno persone che muoiono in mare, evidentemente la scelta di chiudere i blocchi è ragionevole e sta dando ottimi frutti.

Per molti, la diminuzione dei morti in mare è una notizia falsa, una fake news.

Difficile da verificare e difficile pensare che il ministro dell’interno dica bugie. I ministri dell’interno sono sempre stati famosi per la loro limpida cristallinità, dai tempi di Cossiga e dell’affare Moro e, andando più indietro, le cose, temo, potrebbero dimostrare la continuità di uno stile Viminale che probabilmente perdura dai tempi di Cavour e Ricasoli. Read more →

Il fantasma della legge elettorale

in profstanco / by Gian Luca Conti
21/05/2019

AncoraCalderoli

Il porcellum bis

Una legge elettorale fantasma si aggira fra Montecitorio e il Quirinale.

Il 13 maggio 2019, la Camera dei deputati ha definitivamente approvato il progetto di legge di iniziativa dei senatori Perilli, Calderoli e Patuanelli già approvata dal Senato della Repubblica il 19 febbraio 2019.

Il progetto di legge, non ancora promulgato dal Presidente della Repubblica, ha per oggetto le modifiche al sistema elettorale necessarie per assicurare l’applicabilità del sistema elettorale indipendentemente dal numero dei deputati fissato dall’art. 56, secondo comma, Cost. e dal numero dei senatori di cui all’art. 57, secondo comma, Cost.

Stupisce il silenzio dei giornali, con l’eccezione del Manifesto e di pochi altri, e, almeno per quanto mi è parso di vedere, anche della dottrina.

Eppure la notizia è significativa sia sul piano costituzionale che politico. Read more →

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