21/11/2012
La Direzione delle Entrate ha reso accessibile sul proprio sito un nuovo strumento di accertamento induttivo.
Si tratta nella sostanza di un software in cui il contribuente deve inserire alcuni dati relativi al proprio tenore di vita (spese per l’abitazione, i mezzi di trasporto, le assicurazioni ed i contributi previdenziali, l’istruzione, il tempo libero e la cura della persona, spese varie, investimenti immobiliari e mobiliari netti) e da cui si ha come risultato la coerenza o meno del tenore di vita rispetto ai redditi dichiarati.
Non nel senso che un certosino miliardario viene tassato, ma nel senso che un barbone prodigo viene tartassato.
Ma non è questo il punto.
la capacità contributiva si sta evolvendo in tax compliance, e questo impatta sia sulla percezione dello Stato sia sul ruolo del cittadino di fronte alle proprie obbligazioni di solidarietà
Questa assomiglia molto ad una retorica da Libero o da Fatto quotidiano.
Il punto è che la capacità contributiva si sta evolvendo in tax compliance, e questo impatta sia sulla percezione dello Stato (non un soggetto che chiede di collaborare all’adempimento dei propri fini istituzionali, ma un organismo accertatore, non troppo lontano da uno Stato di polizia) sia sul ruolo del cittadino, che nel primo caso può capire che quello che non paga viene pagato da altri ma serve anche a lui, mentre nel secondo caso non può non provare il desiderio di fuggire da un essere che avverte proteso come un rapace verso di lui.
Torna in mente una vecchia sentenza della Corte costituzionale (Corte cost. 16 giugno 1965, n. 50, Pres. AMBROSINI – Rel. FRAGALI), in cui si affrontava un problema non molto diverso: la limitazione in via legale dei mezzi di prova delle detrazioni ai fini dell’imposta delle successioni: il debito in conto corrente poteva essere provato solo con una dichiarazione del creditore.
In quel caso, la Corte costituzionale ebbe a stabilire: “Se per capacità contributiva deve intendersi la idoneità soggettiva alla obbligazione di imposta, rivelata dal presupposto al quale la sua prestazione è collegata, non appare contestabile che il riferimento di quel presupposto alla sfera dell’obbligato deve risultare da un collegamento effettivo, e che ad un indice effettivo deve farsi capo per determinare la quantità dell’imposta che da ciascun obbligato si può esigere. Senonché non convincono né il giudice a quo né la parte privata comparsa quando sostengono che, nei casi in cui la legge ancora ad un sistema di prove legali la determinazione dell’esistenza del presupposto dell’obbligazione tributaria e della sua entità concreta, si dà una base fittizia all’imposizione. La prova legale fornisce nella sostanza la stessa certezza di quella libera”.
ciò che conta non è la sostanza della capacità contributiva, ma la sua apparenza. Non uno Stato che chiede ai cittadini di collaborare, ma uno Stato che tassa il barbone prodigo e salva il certosino miliardario
Che è come dire che ciò che conta non è la sostanza della capacità contributiva, ma la sua apparenza.
Non uno Stato che chiede ai cittadini di collaborare, ma uno Stato che tassa il barbone prodigo e salva il certosino miliardario.
Soprattutto, però, uno Stato che finge di non accorgersi che se dichiaro diecimila euro e possiedo una macchina d’epoca, è difficile che quella macchina sia intestata a me ed assurdo chiedermi di dichiararlo: il test di coerenza, in fondo, si avvicina molto ad un test di coglionaggine.