Il Conte scosso e la piramide rovesciata
1 – Il Conte scosso è un modo per indicare la posizione, non troppo felice, del prof. Conte che parrebbe avere messo a rischio la propria candidatura a Palazzo Chigi per una opera di cosmesi curriculare che ha ricordato a molti Oscar Giannino.
La piramide rovesciata è una felice espressione per rappresentare simbolicamente gli ultimi movimenti della Costituzione materiale.
Questi movimenti riguardano la posizione del Presidente della Repubblica nel procedimento di formazione del Governo, il ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri nella definizione dell’indirizzo politico e il ruolo del Parlamento nel voto di fiducia.
La premessa è un dato di cronaca: nelle trattative giallo-verdi, il contenuto della mozione di fiducia che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto presentare era stato predeterminato attraverso la stipula di un contratto di governo fra Lega e M5S, le quali si sono presentate al Quirinale anche per indicare il nome del Presidente del Consiglio.
Il Capo dello Stato ha ascoltato senza rilasciare nessuna dichiarazione e consultandosi per il da farsi con i Presidenti dei due rami del Parlamento.
2 – In questo schema, è evidente che il Presidente della Repubblica era il destinatario di istruzioni piuttosto precise da parte delle forze politiche che si erano accordate per il governo al di fuori delle consultazioni e che era libero di rispettarle o meno, ma se le avesse accettate sarebbe divenuto uno dei soggetti chiamati ad adempiere alle obbligazioni rivenienti dal contratto di governo, mentre se non le avesse accettate sarebbe stato la causa del fallimento del patto giallo-verde.
In altre parole, il Capo dello Stato, lunedì pomeriggio, era stato messo in un angolo da cui pareva molto difficile uscire. Da una parte, rischiava di diventare il fantoccio del contratto di governo. Dall’altra, il tiranno che sovrapponeva la propria volontà a quella degli elettori della Lega e del M5S.
Il fatto che l’incarico al Presidente del Consiglio non discendesse dalla volontà del Capo dello Stato ma da quella delle forze politiche che avevano sottoscritto il contratto di governo cui il Capo dello Stato avrebbe dovuto dare attuazione privava il Presidente della Repubblica di una delle sue attribuzioni più significative: la ricerca dell’accordo di governo attraverso l’individuazione di un soggetto che possa ricevere la fiducia di entrambi i rami del Parlamento.
E’ evidente che la definizione del contratto di governo al di fuori della cornice delle consultazioni presidenziali erode il ruolo del Capo dello Stato, che, sostanzialmente, è chiamato a superare lo stallo determinato da un risultato elettorale non univoco, perché si può ragionevolmente sostenere che nessuna forza politica abbia vinto le elezioni del 4 marzo 2018. La Lega si è presentata con una coalizione e questa non è stata votata dalla maggioranza degli elettori. Il M5S ha cercato una maggioranza autosufficiente e non l’ha raggiunta, sicché entrambi hanno perso.
Si deve sottolineare che il Capo dello Stato riceve una investitura bipolare con la sua elezione da parte del Parlamento in seduta comune. Questa investitura è un voto che, nella scomparsa delle ideologie su cui si fondavano i partiti dell’Assemblea costituente, può far riflettere.
La forma di governo parlamentare pensata dai Costituenti faceva perno sul Parlamento perché i partiti politici avevano una forte connotazione ideologica, ciascuno di essi si prefissava dei fini non negoziabili e il dialogo fra i fini era possibile nella cornice parlamentare attraverso l’accordo su singoli punti che ciascun partito poteva considerare compatibili con i propri fini e come strumenti per raggiungerli, secondo un modello che ricorda il consenso per intersezione di Rawls.
Questi partiti politici sono definitivamente tramontati con la prima repubblica e il movimento di pensiero per la restituzione dello scettro al principe si fondava esattamente sul loro tramonto, perché l’assenza di una identità ideologica, e quindi di una leggibilità politica dell’accordo di coalizione da parte degli elettori, rendeva necessaria la scelta diretta del premier attraverso dei meccanismi elettorali caratterizzati dal premio di maggioranza.
Nel superamento di questi meccanismi per effetto delle sentenze elettorali della Corte costituzionale, che hanno costretto a un ritorno al sistema proporzionale in assenza del suo presupposto ideologico, il Capo dello Stato ha perso ogni connotazione albertina e la sua investitura è diventata bipolare, perché nella sua elezioni i membri del Parlamento e i rappresentati delle regioni individuano il soggetto a cui spetta di rappresentare la nazione per un tempo superiore alla legislatura e in una posizione di alta irresponsabilità coerente con il compito di incarnare la volontà generale dello Stato.
Questo Presidente della Repubblica non può essere considerato un fantoccio e il suo compito nella formazione del governo a partire da risultati elettorali ambigui è quello di correggere l’ambiguità del responso delle urne individuando, come rappresentante della nazione, il soggetto che può sviluppare un indirizzo politico coerente con i sentimenti della nazione.
3 – Il contratto di governo può essere considerato anche dal punto di vista dell’autonomia del Parlamento e del libero mandato parlamentare per come si esprime nel voto di fiducia sul governo.
Ciascun parlamentare rappresenta la nazione “senza vincolo di mandato” e non può rispondere dei voti che dà e delle opinioni che esprime nell’esercizio delle sue funzioni.
Vi è una diffusa insofferenza per l’assenza di un mandato imperativo nei confronti dei rappresentanti della nazione e uno dei punti del contratto di governo era la soppressione dell’art. 67, Cost.
Nella ideologia della libertà come teorizzata da Kelsen, il principio maggioritario è quello che si avvicinava di più all’ideale di libertà perché consente di raggiungere una decisione in cui il numero di coloro la cui volontà non è soddisfatta dalla decisione stessa è minore di quelli che sono soddisfatti. Kelsen aggiunge anche che affermare che la volontà della maggioranza sia la volontà di tutti è una finzione e conclude, pragmaticamente, che nella decisione della maggioranza, in realtà, si svolge un principio di integrazione molto circolare per cui le minoranze sono progressivamente attratte nella maggioranza che a sua volta perde progressivamente i propri componenti e che questo principio di integrazione è essenziale per la partecipazione delle minoranze ai lavori parlamentari che altrimenti sarebbe del tutto inutile.
Il contratto di governo nei confronti della mozione di fiducia opera come un patto para sociale perché vincola i patiscenti, che sono i componenti dei gruppi parlamentari che aderiscono al contratto di governo, a votare in senso favorevole alla mozione di fiducia, che perde quindi qualsiasi capacità di integrazione e diventa l’adempimento di un accordo stipulato in sede extraparlamentare e che svuota il significato profondamente parlamentare di questo voto.
4 – L’organo costituzionale che esce più malconcio dal contratto di governo è il Presidente del Consiglio dei Ministri, perché il contenuto della politica del governo è definito in sede negoziale e il premier ha il compito di tradurre questi programmi in realtà.
Nel modello costituzionale, il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile, assicurando l’unità di indirizzo politico – amministrativo e il coordinamento fra i ministri (95, primo comma).
L’autonomia del Presidente del Consiglio dei ministri è funzionale a una dialettica democratica basata sul principio di integrazione piuttosto che su quello di maggioranza perché attraverso la responsabilità ministeriale collega direttamente il Presidente del Consiglio e il governo al Parlamento, disintermediando questo rapporto sia dal voto degli elettori, la cui forza si esaurisce nella indicazione dei membri del Parlamento, sia dal Capo dello Stato, che si limita a formulare un giudizio prognostico circa l’esito del voto di fiducia in sede di attribuzione dell’incarico.
Il contratto di governo inteso come mandato delle forze politiche che sostengono la coalizione al Presidente del Consiglio dei ministri configura il premier come un eterno esecutore, sostanzialmente privo di una vera autonomia politica perché incapace di trasformare la logica maggioritaria della ideologia della libertà in integrazione.
Questo Presidente del Consiglio assomiglia molto di più a un amministratore delegato che riceve le istruzioni dalla maggioranza assembleare che lo elegge e dai suoi principali stakeholder che non a un Primo ministro.
5 – Questi, molto sommariamente e senza pretesa di essere esaustivo, sono i movimenti che il contratto di governo potrebbe imprimere alla Costituzione materiale.
Non pochi e non marginali.
Il Capo dello Stato sta riflettendo e i mercati stanno mettendo pressione all’intero sistema.
Soprattutto, però, l’intero problema, questo complesso tentativo di ridisegnare attraverso il contratto di governo l’intera forma di governo parlamentare messo in piedi con coraggiosa disinvoltura dalla coalizione giallo-verde, pare essere superato dalle rivelazioni sulla cosmetica curriculare del premier potenziale.
Un modo molto italiano per salvare la forma di governo parlamentare disegnata in Costituzione o per rendere indebolire ulteriormente il potenziale premier…