C’era una volta un pastore tedesco (Ma adesso la cuccia è vuota)
Il precario stato di salute di Papa Ratzinger era noto a tutti coloro che, per una ragione o per l’altra, hanno a che fare con le istituzioni ecclesiastiche. Si sapeva anche che la situazione continuava a peggiorare, eppure nessuno arrivava ad immaginare che Benedetto XVI potesse decidere di porre anticipatamente fine al proprio pontificato. Ad ostacolare la semplice formazione di questa ipotesi vi era certamente il dato storico – occorre andare indietro di 719 anni per trovare un precedente simile – ma soprattutto il fresco ricordo del dibattito che accompagnò gli ultimi travagliati anni di vita di Giovanni Paolo II, con la ferma determinazione delle gerarchie ecclesiastiche nello scartare ogni ipotesi di dimissioni del Pontefice polacco.
La decisione di Papa Ratzinger ha dunque sorpreso tutti. E tutti, su ogni sito web del mondo, hanno riportato la notizia con un proprio commento. Gesto moderno ha scritto con ragione il direttore di Repubblica, perché certamente questo atto, inchinandosi alle conquiste della scienza, rompe una tradizione, se non un tabù, della Chiesa: l’allungamento della vita, le nuove frontiere della medicina e finanche le esigenze di un governo globale rendono ormai necessario accettare che, per il bene della Chiesa stessa, si possa scendere dal soglio pontificio ancora in vita. Gesto coraggioso ha detto il Presidente della Repubblica, gesto di grande umanità hanno fatto eco in molti, gesto di libertà ha chiosato il noto teologo Vito Mancuso. E qui, invece, mi sembra che lo stupore abbia velato la lucidità degli analisti e abbia occultato il senso profondo della decisione del Papa, che a me pare prima di ogni altra cosa un gesto intriso di una assoluta volontà di dominio.
Non può ignorarsi, infatti, che l’allora cardinale Ratzinger fu tra coloro i quali gestirono di fatto gli ultimi anni del Pontificato di Giovanni Paolo II. Il Papa polacco, debole e morente, continuò ad incarnare fino alla fine l’immagine di un potere totalmente trasferito ad altre mani, che scrissero le parole del suo ultimo magistero e che, soprattutto, prepararono la sua successione. Il cardinale Ratzinger fu Papa prima di essere nominato tale, e anzi fu un Papa migliore – schermato e protetto dall’umanità e dal carisma di Karol Wojtyla – prima di essere formalmente riconosciuto come tale. Oggi, con le proprie dimissioni Papa Ratzinger evita che con il progredire della propria malattia qualcuno possa divenire quello che fu lui, il Papa invisibile che gestisce il lento declino fisico di un Pontefice morente, e si assicura la possibilità di preparare e condizionare da una posizione di forza la propria successione. Il prossimo Pontefice sarà scelto da Joseph Ratzinger, che continuerà a indirizzare il governo della Chiesa secondo i propri valori e le proprie visioni anche dopo aver terminato di esercitare il proprio primato, così come gli accadeva di fare dalle stanze della curia prima di scegliere il nome di Benedetto XVI.
Papa Ratzinger non è stato un grande Papa. Il suo Pontificato è segnato dalle gaffe, dagli incidenti diplomatici, dallo scandalo Vatileaks e, soprattutto, da una immagine fredda e intellettuale che non gli ha consentito, anche a fronti di inusuali gesti di umiltà, di generare amore e pietà come accadeva a chi lo ha preceduto. Se, come credo, saprà scegliere un successore fedele al proprio programma conservatore ma dotato di maggiori capacità comunicative ed umane, sarà facile per gli storici del prossimo futuro ricordare Joseph Ratzinger come quel Papa che diede il meglio di sé stesso prima ancora di essere tale e subito dopo esserlo stato.