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Ossimori (Governo tecnico)

in News / by Raffaele Manfrellotti
02/01/2013

Le vicende politiche delle ultime ore, in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri uscente si è proposto come candidato di una delle coalizioni che parteciperanno alle prossime elezioni con un proprio programma di Governo che è, sostanzialmente, la prosecuzione della politica condotta sino a questo momento dall’esecutivo da lui guidato, spingono a qualche considerazione in ordine alla natura dell’esperienza appena conclusa, generalmente qualificata “Governo tecnico”.

Ora, cosa sia un Governo tecnico chi scrive non riesce davvero ad immaginarlo; e sospetta che non esista nessuno, nel Paese, che dalle cattedre universitarie ai vertici istituzionali sia in grado di spiegare l’alchimia che mette insieme due termini inconciliabili in un ossimoro che è spesso utilizzato come panacea per tutti i mali del Paese.

Nei manuali di diritto costituzionale, si insegna che il Governo è un organo politico, perché deve avere la fiducia delle due Camere sulla base di un programma condiviso dalla maggioranza delle forze politiche. Ciò accade sempre: la fiducia parlamentare è condizione di legittimazione dell’azione di Governo, non esiste alcun esecutivo che tragga la possibilità di esercitare le proprie funzioni da altri fattori che il consenso delle forze politiche.

In cosa si distinguerebbe dunque l’ipotesi di Governo c.d. “tecnico” da quella di Governo “politico”? E’ diffusa l’opinione nella generalità dei cittadini per cui la legittimazione del Governo tecnico discenderebbe dalla scelta del Presidente della Repubblica, che avrebbe affidato la cura del paese ad un consesso di “saggi” al di fuori dell’agone politico i quali compirebbero scelte basate su criteri oggettivi e certi e, pertanto, giuste in se stesse. Ora, al di là della considerazione per cui la tecnica può essere un criterio di conoscenza della realtà, può aiutare a capire determinati fenomeni, mai a risolversi secondo regole matematiche perché tali regole non esistono (come osservava Schmitt la scelta è sempre funzionale alla prevalenza di certi interessi su altri, e perciò intrinsecamente politiche, specie in contesti caratterizzati da scarsità di risorse e utilità quali quello economico), la questione è che il Presidente della Repubblica, a termini di Costituzione, nomina sempre il Governo senza che questo consenta di prescindere dalla fiducia parlamentare. Il c.d. “Governo del Presidente”, se lo si intendesse come un esecutivo scelto interamente dal Capo dello Stato in assenza di qualsivoglia perniciosa ingerenza parlamentare, sarebbe pertanto qualcosa di più vicino ad un colpo di Stato che ad un organo costituzionale…

Neppure si può condividere il criterio di distinzione del Governo tecnico sulla base della non appartenenza dei Ministri a determinati partiti politici, perché ai fini della formazione del Governo ciò che rileva non è l’appartenenza dei Ministri a determinate forze politiche, ma l’appoggio che essi ricevono dalle forze politiche presenti in Parlamento: si pensi all’ipotesi, non infrequente, di parlamentari eletti con una determinata coalizione che appoggino poi l’esecutivo sostenuto dalla coalizione opposta, sebbene evidentemente i relativi Ministri appartengano a partiti diversi dal loro, senza che questo lasci dubbi sulla natura di Governo politico e non tecnico dell’esecutivo considerato.

La realtà politica italiana delle ultime ore rappresenta la cartina di tornasole del fatto che il concetto di Governo tecnico non ha pregio giuridico: il Presidente uscente si candiderà alla guida di un esecutivo politico, come si è detto per perpetrare le scelte – politiche – fino ad ora prese dal Governo da lui guidato; che pertanto, come tutti i Governi legittimi della Repubblica, è stato un Governo politico, sia pure con una fiducia parlamentare particolarmente ampia.

Il Governo tecnico, dunque, non esiste, sebbene l’esperienza costituzionale italiana, in relazione a tale fenomeno, richiami alla mente le parole di uno dei protagonisti di un indimenticabile film poliziesco degli anni ’80: “Io non credo a Babbo Natale; eppure arriva tutti gli anni…”.

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