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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Archive for month: Maggio, 2018

Impeachment, Alto Tradimento, Conflitti interorganici e Appeasement

in profstanco / by Gian Luca Conti
29/05/2018

1 – Si scrive impeachment ma si legge alto tradimento o attentato alla Costituzione.

Per le forze politiche che avevano costruito il contratto di governo, il rifiuto del Capo dello Stato di nominare il ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato costituisce un alto tradimento o un attentato alla Costituzione: i reati propri del Presidente della Repubblica che ne consentono la messa in stato d’accusa.

Per le altre forze politiche, fermo il rammarico di non aver potuto vedere il contratto di governo alla prova del governo, il Presidente della Repubblica avrebbe perfettamente applicato la Costituzione, esercitando le proprie prerogative che comprenderebbero il veto sui ministri proposti dal Presidente del Consiglio incaricato.

A Firenze, un folto gruppo di costituzionalisti, che comprendono anche molti dei maestri di chi scrive, ha sottoscritto un documento in cui, fra l’altro, si legge che il potere di nomina dei ministri richiede il concorso del Presidente del Consiglio incaricato, ma che qualora questo concorso non si realizzi spetta al Capo dello Stato, che se ne assume la piena responsabilità, l’ultima parola.

Sono opposti punti di vista, politici e costituzionali, che meritano di essere vagliati con una premessa di metodo: il compito del costituzionalista è studiare la Costituzione formale, la Costituzione per come è scritta, per comprendere la Costituzione materiale, la Costituzione per come opera nel concreto svilupparsi delle dinamiche economiche, politiche e sociali, cercando il giusto equilibrio fra le due.

Nel dialogo fra “black letter law” e “law in action”, il costituzionalista non deve affermare la prevalenza della prima sulla seconda perché altrimenti la Costituzione sarebbe norma morta, né può lasciarsi ammaliare dal fascino della seconda e perdere di vista il testo costituzionale, perché altrimenti la Costituzione sarebbe un libro dei sogni.

Deve cercare di conciliare Costituzione formale e Costituzione materiale, trovare l’equilibrio fra queste due realtà, senza pensare che l’una possa vivere senza l’altra e consapevoli che l’ultima parola in questo compito spetta alla Corte costituzionale.

Sulla base di queste premesse, si può guardare con serenità alla cronaca di questi giorni, senza pronunciare né un aprioristico Io sto con Mattarella, né darsi a un’altrettanto irragionevole chiamata delle piazze all’impeachment. Read more →

Come un gatto sull’Aurelia: Conte, Presidente del Consiglio

in profstanco / by Gian Luca Conti
28/05/2018

1  – Conte Presidente del Consiglio è durato quanto un gatto sull’Aurelia.

Il Capo dello Stato, ieri che era il 27 maggio 2018, per la prima volta in settanta anni di repubblica, ha dichiarato di esercitare un potere di veto sulla lista dei ministri presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato ha restituito il mandato.

Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica interviene sulla lista dei ministri ma è la prima volta che lo fa esplicitamente enunciando un potere presidenziale di veto che non era mai stato affermato esplicitamente e questo potere di veto evoca lo Statuto Albertino, quando i ministri erano ministri del Re, prima che del Regno e le discussioni fra Vittorio Emanuele II e i suoi primi ministri potevano essere assai accese.

Egualmente, il Presidente della Repubblica ha innovato la prassi per cui, in questi casi, è il suo segretario generale che legge un comunicato stampa in cui si dichiara che l’incaricato ha rinunciato al mandato, ed è apparso in prima persona a sottolineare l’importanza del suo gesto.

Il Capo dello Stato ha affermato il proprio ruolo di indirizzo politico costituzionale esercitando il veto sul ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato per ragioni che riguardano la posizione dell’Italia nei confronti dei mercati e il suo debito pubblico.

Nella sostanza, ha affermato che le politiche economiche e finanziarie non appartengono all’indirizzo politico di maggioranza, ma sono il risultato di precisi vincoli costituzionali a cui non è possibile sottrarsi.

La decisione è coerente con la posizione del patto di stabilità e crescita nella Costituzione: la modifica, approvata con un plebiscito parlamentare nel 2012, dell’art. 81, Cost. pone il principio di pareggio di bilancio fra i valori costituzionali e non è impossibile sostenere che questo principio riceva autorità dall’art. 11, Cost. e sia perciò funzionale alla costruzione di un ordinamento internazionale fondato sulla pace mettendo insieme Spinelli e Delors. Read more →

Il Conte scosso e la piramide rovesciata

in profstanco / by Gian Luca Conti
23/05/2018

1 – Il Conte scosso è un modo per indicare la posizione, non troppo felice, del prof. Conte che parrebbe avere messo a rischio la propria candidatura a Palazzo Chigi per una opera di cosmesi curriculare che ha ricordato a molti Oscar Giannino.

La piramide rovesciata è una felice espressione per rappresentare simbolicamente gli ultimi movimenti della Costituzione materiale.

Questi movimenti riguardano la posizione del Presidente della Repubblica nel procedimento di formazione del Governo, il ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri nella definizione dell’indirizzo politico e il ruolo del Parlamento nel voto di fiducia.

La premessa è un dato di cronaca: nelle trattative giallo-verdi, il contenuto della mozione di fiducia che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto presentare era stato predeterminato attraverso la stipula di un contratto di governo fra Lega e M5S, le quali si sono presentate al Quirinale anche per indicare il nome del Presidente del Consiglio.

Il Capo dello Stato ha ascoltato senza rilasciare nessuna dichiarazione e consultandosi per il da farsi con i Presidenti dei due rami del Parlamento. Read more →

I mandanti di Mattarella

in profstanco / by Gian Luca Conti
14/05/2018

1 – I mandanti di Mattarella sono Salvini e Di Maio che parlano della idea di Italia, a Milano di notte, e lo raccontano al Capo dello Stato, a Roma di pomeriggio.

Dentro questa fisionomia, per cui i due possibili alleati di governo discutono della loro idea di Italia e cercano punti di intersezione fra le post ideologie che ciascuno di loro rappresenta.

C’è qualcosa di strano in questa discussione. Viene da chiedersi se non avessero dovuto pensare all’Italia e all’idea del suo futuro che intendono proporre come indirizzo politico di maggioranza prima delle elezioni, in modo da chiarire al loro elettorato la ragione di una scelta che in quel caso avrebbe potuto essere diversa o più convinta.

Il corpo elettorale, ci si deve chiedere, ha votato Salvini e Di Maio perché costruissero insieme una nuova idea di Italia o ha votato le idee di Italia che ciascuno di loro proponeva e che oggi deve sintonizzare con i valori dell’altro, valori che in campagna elettorale non sembravano così vicini.

2 – Nella realtà, che è una realtà mistica, della forma di governo parlamentare fondata sulla irresponsabilità del Capo dello Stato ed ereditata dalla inviolabilità della Corona, i partiti propongono le loro ideologie al corpo elettorale che premia l’una o l’altra e il Capo dello Stato rappresenta la nazione scegliendo il leader della coalizione di governo, che è il motivo per cui il libero mandato del Presidente della Repubblica si chiama irresponsabilità, salvo l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione; il suo mandato dura sette anni, che sono due più della durata naturale di una legislatura; viene eletto dalla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune.

In questo schema, il Capo dello Stato sceglie il Capo del governo perché individua la persona che può rappresentare l’indirizzo politico di maggioranza quando le elezioni hanno segnato la sconfitta di tutte le forze, nessuna delle quali ha una maggioranza sufficiente per governare, sicché il Capo dello Stato scegliendo di incaricare l’uno o l’altro come Presidente del Consiglio suggerisce come integrare, modificare e correggere i diversi programmi dei diversi partiti per rispettare la volontà degli elettori, per arrivare a quell’idea di Italia che se fosse stata presentata agli elettori avrebbe avuto la maggioranza dei voti.

3 – Salvini e Di Maio sembrano uscire da questo schema discutendo dell’idea di Italia. Perché di questa idea dovrebbe discutere Mattarella con se stesso, perché è il Capo dello Stato che rappresenta la nazione, mentre i partiti politici, forse, dovrebbero limitarsi al loro ruolo di soggetti che vengono consultati per cercare un accordo sulla persona alla quale il Presidente della Repubblica può affidare la propria idea di nazione, che è l’idea di nazione in grado di aggregare una maggioranza su dei valori che il corpo elettorale non ha saputo scegliere perché nessuno dei partiti è riuscito nel corso della campagna elettorale a convincere la maggioranza degli elettori con la propria idea.

Salvini e Di Maio quando pensano all’Italia e lo fanno dopo le elezioni tradiscono la memoria dei propri elettori. Soprattutto invertono i termi di una fiducia intesa come mandato del Capo dello Stato, nella sua funzione tutt’altro che notarile di rappresentanza della nazione, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sua funzione profondamente politica di capo del governo e perciò interprete dell’accordo fra i valori in lotta durante la campagna elettorale e adesso chiamati a collaborare per effetto della parziale sconfitta reciproca che giustifica l’accordo di coalizione, almeno a partire dalla prima legislatura repubblicana.

4 – Queste sono le osservazioni di un costituzionalista che cerca di comprendere l’evoluzione della forma di governo dopo la scomparsa dei partiti politici.

Difficilmente rappresentano il pensiero di Salvini e Di Maio, perché se uno smette di fare il costituzionalista e si mette a pensare a Salvini e Di Maio che discutono sull’idea di nazione, non gli viene in mente subito un dialogo alto e profondo che parte da Machiavelli e Guicciardini per arrivare a Pellegrino Rossi e Cesare Balbo, senza dimenticare nessuno, nemmeno Donat Cattin.

Gli vengono in mente due ragazzi molto più svegli di quello che vogliono sembrare che si passano nomi l’un l’atro all’unico scopo di bruciarli, perché sanno che le elezioni anticipate potrebbero non essere lontane e che il Capo dello Stato cerca qualcuno che possa guidare il paese a delle elezioni che hanno bisogno di un arbitro truccato come quelli del wrestling.

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