Alcibiade vota al referendum costituzionale?
La democrazia degli ateniesi è finita con Alcibiade, che, forse, non fu propriamente un despota accecato dalla fame di ricchezza. Alcibiade apparteneva a una delle più importanti famiglie ateniesi, quella degli Alcmeonidi, uno dei suoi antenati era il legislatore Clistene, che aveva scritto la Costituzione Ateniese del VI secolo.
Alcibiade era – per comodità dei moderni – il nipote di Pericle, rimasto orfano di guerra e allevato dallo zio – in realtà, dal cugino di secondo grado, secondo la precisione degli antichi – e fu, come Crizia, un discepolo di Socrate, che frequentò fino alla morte. Era un uomo eccezionale, sia per famiglia che per frequentazioni.
Non penso spesso alla fine della democrazia degli ateniesi. Ma mi è venuta in mente in una notte che mi ha visto provare a spiegare le ragioni del Si al referendum costituzionale in una sala della biblioteca comunale di Santa Croce sull’Arno nella quale la cortesia di un collega e amico mi ha chiamato, in un incontro promosso dall’ANPI.
Non sono riuscito a convincere gli ex partigiani della opportunità della riforma costituzionale ma ho avuto l’occasione per fermare il mio pensiero sulla crisi della democrazia degli ateniesi tornando a Tucidide, che ho subito ripreso in mano nel libro della Bearzot sulle Tecniche di colpo di Stato nella Grecia antica.
C’è, forse, nello scontro fra i costituzionalisti sulle ragioni del Si e quelle del No qualcosa che riporta alla mente il sudore delle versioni fatte al liceo e la damnatio memoriae che l’antico storico ha comminato a quei giovani dalla perfetta educazione le cui, per Tucidide, spregiudicate ambizioni distrussero la più antica delle democrazie.
Dietro alle ragioni del No, vi è la pacata saggezza dei maestri che hanno studiato dalla bocca dei costituenti
Dietro alle ragioni del No, vi è – parlando da “giovane” costituzionalista – la pacata saggezza dei maestri che hanno studiato dalla bocca dei costituenti, che hanno conosciuto Mortati, Crisafulli, Elia, Barile, Paladin, Pizzorusso, che hanno sottoposto alla loro critica i primi lavori e che hanno corretto le proprie tesi e sviluppato le proprie ipotesi con la docile intelligenza di chi sa che il suo maestro è davvero un Maestro.
L’argomento de auctoritate – parlando da “giovane” costituzionalista – nelle ragioni del No è facile perché lavora sul complesso di inferiorità dell’allievo che sa di non avere spalle su cui salire.
Eppure bisogna scrollarsi un po’ di polvere dalle scarpe.
Alcibiade e Crizia sono stati i figli necessari e la conseguenza inevitabile delle contraddizioni di Pericle.
Allora, in quei tempi che si additano come un’età dell’oro, non si poteva dire che la democrazia fosse perfetta perché si basava su di una assemblea pletorica guidata dalle straordinarie caratteristiche di Pericle, il quale aveva il dono di saper vedere oltre, di saper trovare l’equilibrio in scelte difficili siccome laceranti, come furono le scelte della Guerra del Peloponneso, di non poter essere corrotto perché era molto più ricco di famiglia dei suoi potenziali corruttori e così via.
Una democrazia di questo genere non era perfetta, non era considerata perfetta dai contemporanei ed è stata strumentalizzata da storici la cui intelligenza non era l’obiettività del moderno ricercatore.
Pericle non è stato solo il “patrigno” di Alcibiade è stato anche il padre delle crisi costituzionali che Alcibiade e Crizia hanno guidato con spregiudicata abilità strategica.
Lo stesso, forse, si può dire anche della “Costituzione più bella del mondo”.
La “Costituzione più bella del mondo” non è la più bella del mondo perché ha dei padri nobili che hanno costruito la democrazia con la resistenza.
Sarebbe la “Costituzione più bella del mondo” se riuscisse a funzionare correttamente anche senza i suoi padri nobili, i quali peraltro, a leggere i quotidiani della prima e della seconda legislatura, non furono così abili nel farla funzionare correttamente.
Ed è difficile oggi dire che questa Costituzione, che, grazie ai nostri maestri, abbiamo studiato con la passione di un poeta che intravede un fiore attraverso le sbarre, funzioni bene non è davvero possibile e la questione, forse, non è tanto di efficienza nel circuito del comando quanto di capacità di applicazione oggettiva delle norme prodotte dalla sintesi politica, ovvero di capacità di attrarre nel circuito della rappresentanza tutte le istanze sociali. E si potrebbe continuare a lungo.
Continuare a dire che la Costituzione non deve essere cambiata perché è la più bella del mondo assomiglia un po’ a pensare che Pericle non possa morire nella pestilenza che si aggira per la città e che il figliastro di Pericle non sia un politico tanto abile quanto spregiudicato
Di fronte a questo, continuare a dire che la Costituzione non deve essere cambiata perché è la più bella del mondo assomiglia un po’ a pensare che Pericle non possa morire nella pestilenza che si aggira per la città e che il figliastro di Pericle non sia un politico tanto abile quanto spregiudicato. Il mondo, forse, sarebbe diverso se Pericle avesse lavorato sulle modifiche da apportare alla Costituzione degli Ateniesi, se avesse pensato di poter morire ed è questo che oggi potrebbe essere possibile fare: migliorare la Costituzione più bella del mondo in modo che possa sopravvivere alla trasformazione dello spirito dei tempi.
Sarebbe bello farlo con i nostri maestri, la cui saggezza e capacità di vedere con equilibrio il futuro appare indispensabile nella difficile fase che si aprirà se il SI dovesse avere ragione dei NO, la fase dell’attuazione di questo disegno costituzionale.
Naturalmente parlare di questo alla Sezione di Santa Croce sull’Arno dell’Associazione Nazionale Partigiani non è un’operazione che attrae consenso…