Fraintendimenti ottuagenari (Rodotà e il terrorismo)
Much ado about nothing.
E’ questo che si deve dire della polemica fra Alfano e Rodotà sul terrorismo. Rodotà ha detto delle parole forse avventate, non perché non siano corrette, ma perché si prestavano a essere fraintese e Alfano le ha prontamente fraintese.
Ma la vera questione è un’altra ed è una questione che riguarda le interiora repubblicane: è ancora ragionevole la proroga sine die della legislazione di piombo? Si può ancora parlare di terrorismo in Italia?
E queste polemiche sembrano avere come unico scopo quello di allontanare da questa domanda, che invece ha un senso ed è un senso cruciale dal punto di vista della Costituzione, perché se l’emergenza giustifica delle torsioni costituzionali nel momento in cui esiste per evitare che la Costituzione diventi un patto suicida, il tollerare la sopravvivenza delle torsioni costituzionali al finire dell’emergenza assomiglia molto a un suicidio della Costituzione.
I fatti sono semplici: Rodotà, già candidato presidente alla Repubblica per il movimento 5 stelle, ha ritenuto comprensibile un documento indirizzato da alcuni terroristi al movimento No Tav e il ministro dell’interno ha considerato incomprensibile la posizione di Rodotà.
Le parole di Rodotà sono queste: “Le affermazioni delle nuove Br in cui auspicano che il movimento No Tav faccia un passo avanti nella loro lotta sono deprecabili, ma comprensibili e non devono contribuire a derubricare la realizzazione dell’opera a una mera questione di ordine pubblico (…) In Italia dovremmo prendere atto di quanto sta avvenendo a livello internazionale e riaprire una riflessione politica più ampia sull’infrastruttura, a maggior ragione in un momento di fibrillazione sociale molto forte, in cui non sarebbe giustificabile un impiego consistente di capitali in un’impresa che rischia di rimanere sospesa”.
Dal punto di vista di uno studioso di diritto costituzionale, queste parole appaiono come il legittimo esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e la reazione del ministro dell’interno appare fuor di luogo.
Ma la vera questione è un’altra ed è molto più complicata.
Il nostro sistema continua a essere pervaso da una legislazione emergenziale contro il terrorismo: le norme emesse fra la metà degli anni settanta e gli attentati di Madrid e Roma sono ancora in vigore.
Sono norme terribili perché terribile è la minaccia che intendono fronteggiare.
Ma impongono una riflessione: esiste ancora la minaccia terroristica? Di che cosa si parla quando si parla di terrorismo?
Per terrorismo, si intende l’uso della violenza come strumento di sintesi politica. Non una violenza qualsiasi: una violenza che cerca di immettere nel tessuto sociale il terrore, lo stesso terrore che si prova di fronte a una catastrofe naturale, e lo usa come programma politico.
La reazione dello Stato è altrettanto terribile, perché fronteggiare chi è titolare del potere di scatenare reazioni incontrollabili ha bisogno di un potere altrettanto assoluto, il potere dello stato di assedio e della necessità.
Da sempre si dice che questo è possibile per evitare che la Costituzione si trasformi in un patto suicida e da sempre la Corte costituzionale accetta un regime speciale delle libertà costituzionali nel caso in cui sia necessario fronteggiare l’emergenza terroristica.
Un tanto riguarda anche la distribuzione del potere all’interno dello Stato perché lo stato di assedio ha bisogno di un potere forte e il potere forte è nelle mani dell’esecutivo.
Ma perché questo sia tollerabile occorre che il pericolo sia davvero imminente e terribile, occorre che davvero vi sia la minaccia di un 11 settembre, di una piazza Fontana, di un vero attentato terroristico.
Vi è questo pericolo in Italia?
Forse no, Gnosis, che è la rivista ufficiale dei servizi segreti italiani, compilava ogni trimestre l’elenco dei fatti terroristici che sono avvenuti nel trimestre precedente. Ha smesso nell’ultimo numero uscito. Questi, però, sono gli attentati del bimestre novembre – dicembre 2012:
Incendio dell’autovettura del proprietario di una pellicceria.
Attentato incendiario contro un ripetitore di telefonia mobile Wind / Vodafone.
Ordigno esplosivo contro l’ingresso del municipio.
Attentato incendiario contro un ripetitore di telefonia mobile Wind.
Attentato incendiario contro un autocarro del mattatoio comunale.
Attentato incendiario contro la sede di CasaPound Italia.
Attentato incendiario contro un bancomat dell’Unicredit.
Attentato incendiario contro un ripetitore di telefonia mobile Wind.
Attentato incendiario contro una filiale della BNL.
Attentato incendiario contro il circolo dell’Idv “Peppino Basile”.
Attentato incendiario contro automezzi di un’azienda che produce latticini.
Forse, chi scrive è ingenuo, ma la sensazione è che non sia davvero più possibile sostenere l’esistenza di una emergenza terroristica.
Ma se non vi è più il terrore, vi può essere ancora una legislazione che consente tre gradi di giudizio prima di stabilire definitivamente che un trattore travestito da carro armato in piazza San Marco a Venezia non è banda armata con insurrezione?
Il vero punto della discussione è questo.
Non è, con Rodotà, se si possano comprendere le ragioni del movimento No Tav.
E’ se ha ancora senso una legislazione emergenziale per cui basta avere occupato per 24 ore una palazzina liberty a Trento per essere condannati al carcere dell’art. 41 bis.
Ed è esattamente questo che Alfano non vuole sentirsi dire: non gli interessa la discussione sulle ragioni del movimento No Tav, gli interessa che i poteri assegnati al ministro dell’interno della legislazione emergenziale non vengano meno.
Ma è su questo che si deve discutere, serenamente, con il coraggio di ammettere che due ragazzi che incendiano l’autovettura del proprietario di un negozio di pellicce sono teppisti e non anche dei terroristi.
Come probabilmente il Necaev del catechismo del rivoluzionario, il cui pensiero ha fatto scorrere fiumi di inchiostro nei collettivi degli anni settanta sull’opportunità di unire la forza criminale del sottoproletariato urbano alla consapevolezza rivoluzionaria degli intellettuali, ma era solo un ragazzotto fuggito di casa, il cui crimine più terribile fu l’omicidio di un compagno e non il sognato attentato contro lo zar.