Ragionando con te…
Caro GLC,
ti ho letto sulla questione della incandidabilità e condivido gran parte di ciò che scrivi. Lascio da parte l’idea dell’amnistia: è una questione non giuridica ma di opportunità politica sulla quale la si può pensare come si vuole. In concreto non mi pare praticabile perché presuppone maggioranze impossibili da mettere in piedi: fermo il no del M5S e di SEL (e quasi bastano da soli!) non credo che l’unità labile del PD reggerebbe a una simile prova. Non dimentichiamo che il PD è il partito che ha fatto la figura penosa che ha fatto in sede di elezione del PdR (se non saremmo a questo punto). Al momento resta una specie di nonpartito o semipartito o partito in attesa di ipotetico consolidamento (consolidamento che avverrà solo se e quando accetterà di farsi “prendere in mano” da un leader più o meno democraticamente
eletto; potrebbe esser Renzi, ma non sarà una cosa facile: non vincere le primarie, quelle le vince: prendere in mano il PD o la gran parte
di esso e farne uno strumento utile per guidare, dal e col governo, l’Italia).
Torno al punto.
Citi opportunamente Mangia: incandidabilità sopravvenuta e incandidabilità tout court son cose diversissime. Ti dico brevemente
come la penso e poi vengo a un punto chiave del tuo scritto che non ho chiaro.
Premessa: da liberale incallito l’incandidabilità soprattutto per legge (e non almeno per norma costituzionale) non mi piace per nulla.
Io avevo capito che la si poteva accettare ma limitatamente per le elezioni NON parlamentari, adesso è stata estesa a 360°. Mah. La
legittimità costituzionale è assai labile.
Ciò premesso, l’incandidabilità sopravvenuta – anche se la legge è di limpida chiarezza – non mi interessa. Non mi interessa, anche se
subiremo mesi e mesi di pippe di ogni tipo al riguardo, quotidiane, incessanti e uggiose. Ma hai ragione tu e la penso così da sempre: in
quei contesti la scelta è meramente politica, o comunque in ultima analisi politica. (Ha ragione Manzella.) Quindi tutto il resto son
espedienti camuffati da ragionamento giuridico per giustificare o promuovere una certa posizione politica, del tutto legittimamente.
Tanto più che, come osservi, l’eletto poi condannato, legittimamente poteva presumere di vedersi riconoscere innocente al momento in cui fu
altrettanto legittimamente votato ed eletto.
M’interessa la questione della candidabilità per le successive elezioni: di Berlusconi come di chiunque altro. E qui vengo alla ragione della mia insoddisfazione relativa al tuo testo: tu dai per scontato che Berlusconi possa candidarsi… Vorrei sapere su che base concludi così (nulla dici). Io vedo un solo pertugio, incerto. E vado a spiegarti.
Dunque, il PdR e il Governo indicono le elezioni. Il PdL candida ovviamente Berlusconi (capo della forza politica: questo non glielo
toglie nessuno, come anche il nome sulla scheda! sarebbe una mezza truffa ma non vedo strumenti per impedirglielo… al netto di
modifiche alla legge elettorale…).
L’ufficio elettorale circoscrizionale ovviamente lo depenna. Lui fa ricorso all’ufficio centrale nazionale. Questo altrettanto ovviamente
conferma l’esclusione. A questo punto l’ordinamento non prevede ulteriori ricorsi, per le politiche: c’è giurisprudenza della
Cassazione e contro giurisprudenza (beh non proprio giurisprudenza) della Giunta delle elezioni della Camera. La prima dice: è materia
della Camera di appartenenza ANCHE per il procedimento preparatorio (fino al voto), pacifico che lo è sulla convalida e dopo il voto. La
seconda dice: no, io mi occupo solo del dopo voto…, solo di convalida di eletti (non di candidature), tanto da suggerire
espressamente modifiche legislative opportune.
Sta di fatto che quando fu varata e poi esercitata la delega in materia di processo amministrativo le elezione politiche furono
deliberatamente e consapevolmente escluse (dal rito speciale di cui al codice del processo amministrativo del 2010).
Comunque, Berlusca e il PdL vanno al TAR del Lazio. Hic sunt – naturalmente – leones. Nessuno può dire dove si va a parare: fra TAR
Lazio e Cons. Stato han fatto carne di porco di ogni parvenza del diritto elettorale e costituzionale (v. ad esempio, per tutti, il caso
Collino, il cui posto al PE fu rubato per mano giudiziaria per darlo a Giuseppe Gargani, inventando letteralmente norme inesistenti e
disapplicando quelle vigente e applicate sempre prima e dopo, ma tant’è). Comunque facciamo finta di essere in un paese normale.
Il TAR del Lazio può dichiararsi incompetente (ma non lo fa secondo me, invocando l’art. 113 Cost.). Quindi procede: ed applica
estensivamente il rito speciale del codice proc. amm. per le altre elezioni… Però il Dlg 235/2012 è di limpida chiarezza: credo che
nemmeno il TAR Lazio potrà fare diversamente dal dar torto a Berlusconi (e confermare gli atti di esclusione) oppure sollevare
questione davanti alla Corte costituzionale per contrasto delle disposizioni del Dlgs 235/2012 contro gli artt. 65-66 Cost.
A questo punto è evidente che giammai una decisione della Corte potrebbe arrivare in tempo. Però i ricorrenti avranno fatto anche
domanda di provvedimento cautelare, ancorché da verificare se previsto dal codice proc. amm per questo rito speciale… Il tutto mi pare
ridursi in ultima analisi a questa domanda: puo’ legittimamente e se la sente il TAR del Lazio (o il Cons. Stato se del caso) di adottare
un’ordinanza che obblighi l’ufficio elettorale circoscrizionale di non so dove a rimettere Berlusconi o chi per esso in lista?
E’ pure chiaro che nel caso in cui il TAR non se la senta e/o dia torto al candidato, questo potrà anche andare alla Corte europea per
la protezione dei diritti dell’uomo: ma anche in questo caso, ancor più in questo caso, la decisione arriverebbe a cose fatte.
Conclusione: fossi Berlusconi non sarei così sicuro di potermi ricandidare…
Un saluto cordiale, tuo
Carlo Fusaro