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Due eccezioni fanno una regola? Forse si, ma solo se sono irresponsabili

in News / by Gian Luca Conti
10/12/2012

E’ di sabato pomeriggio il comunicato stampa della Presidenza della Repubblica in cui si annunciano le dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, prof. Mario Monti.

Anche se forse il contenuto del comunicato stampa è più complesso.

In primo luogo, il Capo dello Stato fa sapere di avere rappresentato al Capo del Governo l’esito dei colloqui che ha avuto con i rappresentanti delle forze politiche che avevano dall’inizio sostenuto il Governo e con i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.

La sostanza costituzionale delle consultazioni cambia quando queste precedono le dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, quasi che le consultazioni che avevano preceduto la fiducia parlamentare potessero essere interpretate come un “negozio giuridico costituzionale” fra il Capo dello Stato e le forze politiche e quindi il Capo dello Stato avesse il diritto di verificare per mezzo di un nuovo giro di consultazioni l’adempimento o meno alle obbligazioni di una delle parti dell’accordo

Il che sembra avvicinarsi molto alla sostanza costituzionale delle consultazioni, per come questo rito precede la nomina del Capo del Governo.

Tuttavia la sostanza costituzionale delle consultazioni cambia quando queste precedono le dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, perché la funzione maieutica del Capo dello Stato non riguarda più una piattaforma politica su cui si può registrare la fiducia del Parlamento, ovvero la possibilità della fiducia, ma il fallimento o meno di una piattaforma politica su cui si era espressa la fiducia parlamentare.

Le due cose sembrano diverse, perché la prima sospinge verso un accordo al quale fa da sponda estranea, mentre la seconda entra dentro la sostanza di un accordo di cui chiede il rispetto e ne sollecita l’attuazione.

In altre parole, il Presidente della Repubblica che fa precedere le dimissioni del Capo del Governo da un giro di consultazioni è un presidente molto politico, che entra nel vivo di un accordo politico e che, in un certo senso, si manifesta come il protagonista di questo, quasi che le consultazioni che avevano preceduto la fiducia parlamentare potessero essere interpretate come un “negozio giuridico costituzionale” fra il Capo dello Stato e le forze politiche e quindi il Capo dello Stato avesse il diritto di verificare per mezzo di un nuovo giro di consultazioni l’adempimento o meno alle obbligazioni di una delle parti dell’accordo.

Secondo questo schema, il fulcro delle dimissioni del premier diventa il Presidente della Repubblica , mentre forse nel modello parlamentare le dimissioni seguono ad una sfiducia che, anche se si manifesta in forma extraparlamentare, è un fatto che riguarda il Governo ed il Parlamento come attori principali ed il Capo dello Stato ne è lo spettatore conseguente, se così si può dire.

Il secondo aspetto che sembra di dover sottolineare di questo comunicato stampa è il ruolo del Capo del Governo nella crisi: il prof. Monti rileva che le dichiarazioni di Alfano costituiscono nella sostanza un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione. Di conseguenza, non ritiene possibile l’ulteriore svolgimento del proprio mandato e manifesta l’intento di rassegnare le proprie dimissioni accertando la disponibilità delle forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – siano disponibili a consentire l’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.

E’ la seconda volta che accade: le dimissioni del Presidente del Consiglio sono manifestate come irrevocabili da un comunicato stampa del Capo dello Stato prima che le stesse siano rassegnate. Più precisamente, un comunicato stampa del segretario generale della Presidenza della Repubblica indica i termini entro i quali il Capo del Governo darà le dimissioni.

La prima volta è stata quando Napolitano ha accettato le dimissioni di Berlusconi (comunicato stampa dell’8 novembre 2011):  Il Presidente del Consiglio ha manifestato al Capo dello Stato la sua consapevolezza delle implicazioni del risultato del voto odierno alla Camera ; egli ha nello stesso tempo espresso viva preoccupazione per l’urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l’approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea. Una volta compiuto tale adempimento, il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione.

Le dimissioni del Presidente del Consiglio sono manifestate come irrevocabili da un comunicato stampa del Capo dello Stato prima che le stesse siano rassegnate: le dimissioni del Capo del Governo sono un fatto che riguarda in primo luogo il Capo dello Stato, di talché è il Capo dello Stato che indica quando saranno efficaci e lo fa con la forza vincolante di un comunicato stampa dal quale è assai difficile recedere

Allora si trattò di rendere irrevocabile una decisione che il Primo ministro, avvolto nelle spire del caso Ruby e dei fallimenti economico-finanziari delle politiche di bilancio nazionali, stentava ad assumere, forzandolo a non poter più tornare indietro.

Oggi, pare una cosa non molto diversa, perché in realtà, se non si considerano le contingenze politiche ed antropologiche di due vicende molto diverse, questo modello appare come la conferma del passaggio che si è cercato di sottolineare: le dimissioni del Capo del Governo sono un fatto che riguarda in primo luogo il Capo dello Stato, di talché è il Capo dello Stato che indica quando saranno efficaci le dimissioni del Capo del Governo e lo fa con la forza vincolante di un comunicato stampa dal quale è assai difficile recedere.

Non si hanno più delle dimissioni accettate con riserva, in cui la riserva aveva la forza di un ossequio alla forza dei Presidenti delle Camere per il giudizio sullo scioglimento anticipato della legislatura ed al valore dell’assemblea parlamentare nel percorso di sfiducia.

Si hanno delle dimissioni in cui la riserva non ha più neppure uno spazio logico, perché sono precedute da delle consultazioni nelle quali il venir meno del rapporto fiduciario è minuziosamente accertato e l’allontanamento del Capo del Governo è scandito con una cronologia che assomiglia ad un diagramma di Gantt.

Quasi che, si potrebbe dire forzando assai in chiave provocatoria, la legittimazione di secondo grado del Presidente della Repubblica per mezzo della sua elezione da parte del Parlamento riunito avesse il valore di una inammissibile delega al Capo dello Stato delle funzioni parlamentari…

Insomma, se due eccezioni fanno una regola, non è detto che la regola sia corretta e se le eccezioni sono irresponsabili, magari è anche possibile che una diversa sensibilità riesca a tornare indietro.

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