• Follow us on Twitter
  • Join our Facebook Group
  • RSS
la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

JusBox

  • Improptus
  • il sofà di mezzanotte
  • Request for comments
  • Hangout

Tag Archive for: 117

Morire in Toscana o in Puglia? (Non si risolve il tribaco con una soluzione anapestica)

in profstanco / by Gian Luca Conti
07/02/2025

Il Consiglio regionale della Toscana sta per avviare la discussione in aula di un progetto di legge sul fine vita.

La questione suscita un ampio dibattito che, però, come tipicamente accade nelle questioni che hanno un tono religioso, mischia il culo con le quarant’ore.

Il primo punto da chiarire riguarda il sistema normativo attualmente in vigore per coloro che trovano insopportabile continuare a vivere a causa della loro situazione di salute.

Queste persone, ai sensi della legge 38/2010 e 219/2017, possono chiedere, purché siano in grado di esprimere una scelta libera e consapevole, di essere poste in uno stato di sedazione profonda e l’interruzione dei trattamenti medici che le mantengono in vita.

In particolare, l’art. 1, legge 219/2017 stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere somministrato senza il consenso informato del paziente e considera come trattamenti sanitari anche l’idratazione e l’alimentazione forzati. L’art. 2, legge 219, cit. impone ai medici di alleviare le sofferenze di coloro che hanno bisogno delle loro cure e, secondo comma, consente il ricorso alla sedazione profonda continua per i pazienti prossimi alla morte, vietando ogni trattamento, in questi casi, che non abbia come scopo l’il sollievo dalla sofferenza.

Di conseguenza, il nostro ordinamento giuridico conosce una forma di suicidio assistito perché consente al paziente di rifiutare l’alimentazione e l’idratazione forzati e di essere posto in sedazione profonda, ovvero impone ai medici di astenersi dal mantenere in vita artificialmente i pazienti che non acconsentano più a questi trattamenti sanitari.

Non consente, invece, al paziente che non voglia morire di fame e di sete in uno stato di profonda incoscienza di optare per una soluzione più rapida.

Su questo punto, è intervenuta (da sei anni) la Corte costituzionale con la sentenza 242/2019 nella quale si afferma che se il paziente vuole porre termine alla sua vita perché le sofferenze che deve patire gli sono intollerabili; non vi è alcuna speranza di miglioramento o guarigione, la sua volontà deve essere accertata da una struttura pubblica e vagliata da un comitato etico. Ove da questo scrutinio, che deve svolgersi in un tempo compatibile con lo stato di sofferenza del malato, la volontà espressa dal paziente risulti riferibile a una sua decisione liberamente assunta, colui che lo aiuta a porre termine alla propria esistenza non è punibile ai sensi dell’art. 580, c.p. (aiuto o istigazione al suicidio) che invece punisce coloro che portano alla morte persone non pienamente capaci di esprimere la propria volontà o che non versano in uno stato patologico irreversibile.

Questa la massima ufficiale della sentenza: È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., l’art. 580 cod. pen., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017, ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

Il secondo punto da chiarire riguarda il contenuto della proposta di legge di iniziativa popolare attualmente in discussione presso il Consiglio regionale della Toscana: la Regione Toscana non introduce il suicidio assistito, si limita a definire le modalità con cui il servizio sanitario della Regione Toscana potrà procedere alla verifica dell’esistenza delle condizioni che consentono il ricorso al suicidio assistito e le modalità di esecuzione di questo trattamento, nonché le modalità con cui si deve esprimere il comitato etico.

La questione merita di essere approfondita sotto due diversi aspetti. Da una parte, è un problema di riparto di competenze fra Stato e regioni: se lo Stato non interviene con una legge, le regioni possono regolare autonomamente le proprie attribuzioni in questa materia? Dall’altra parte, è un problema di dignità delle persone: se l’ordinamento giuridico mi consente di decidere liberamente di morire, nei limiti in cui questa terribile decisione può essere davvero libera e pienamente consapevole, posso decidere come morire o devo necessariamente morire di sete e fame nel sonno?

Il primo aspetto viene risolto da coloro che ostacolano la proposta di legge seguendo due argomenti principali. Per il primo, la materia del suicidio assistito sarebbe nella competenza esclusiva dello Stato perché riguarda l’ordinamento civile e penale e quindi alle regioni sarebbe interdetto qualsiasi forma di intervento. Per il secondo, non sarebbe ragionevole ipotizzare che solo una su 20 regioni possa regolare il suicidio assistito nell’inerzia delle altre.

Entrambi gli argomenti possono essere considerati non ragionevoli. La proposta di legge n. 5 attualmente in esame non definisce ciò che è penalmente lecito o illecito. Si limita a dare al servizio sanitario, che dipende pacificamente dalle regioni, le istruzioni necessarie per adempiere ai propri compiti e il compito di intervenire nell’accertamento delle condizioni che consentono il ricorso al suicidio assistito è assegnato al servizio sanitario dalla sentenza della Corte costituzionale 242/1019.

Molto più persuasivo in apparenza l’argomento per cui non sarebbe una e indivisibile la Repubblica in cui in una regione fosse possibile chiedere di morire serenamente nel proprio letto e nelle altre diciannove questo diritto fosse negato. E’ sicuramente vero ma è altrettanto vero per tutta l’assistenza sanitaria che non è sicuramente erogata secondo gli stessi livelli in tutte le regioni e l’argomento potrebbe essere tollerabile solo se non vi fossero cittadini costretti a percorrere diverse centinaia di chilometri per curare la tiroide, come sa chiunque prenda spesso il treno per Pisa.

Soprattutto, il suicidio assistito non è un trattamento sanitario. La Corte costituzionale non afferma l’esistenza di un diritto al suicidio assistito inteso come un livello essenziale delle prestazioni da erogare per garantire la libertà di cura del paziente. Molto più semplicemente afferma che non vi è disvalore nel comportamento di colui che presta il proprio ausilio a un malato incurabile che desidera porre termine alla propria sofferenza ricorrendo determinate condizioni che si sono ricordate. Sotto questo aspetto, la proposta di legge regionale guarda più che ai diritti del malato a un riparto di attribuzioni fra la magistratura e l’amministrazione, perché, sino al momento in cui la Corte costituzionale non vedrà la propria decisione attuata dal legislatore nazionale, è il magistrato che indaga sulla morte del malato incurabile che decide se vi sia spazio per l’azione penale o meno ma questo, da una parte, non è ragionevole perché il processo interviene solo quando oramai il bene tutelato è già stato sacrificato e, dall’altra parte, pone un forte discrimine fra cittadini perché non tutti si possono permettere un medico disposto a rischiare la propria fedina penale.

Il piano etico del suicidio assistito, invece, non è sul tavolo. E’ stato risolto dalla Corte costituzionale che ha riconosciuto il diritto di ogni cittadino a scegliere se completare nel proprio corpo la passione del Cristo o abbandonare questa vita di passaggio. Sul tavolo, c’è il diritto di decidere se morire consapevolmente o inconsapevolmente, il diritto di rifiutare di morire nel sonno e di preferire una morte che guarda negli occhi le persone che si amano.

Negare il diritto di morire è ragionevole solo se si considera la vita un bene indisponibile anche nel caso in cui si è irreparabilmente destinati a morire fra atroci sofferenze e la Corte costituzionale ha detto che non è così.

Negare il diritto di morire guardando negli occhi chi si ama, una volta che questo diritto viene affermato sulla base della Costituzione, ha un che di disumano.

Negarlo sulla base del riparto di attribuzioni fra Stato e regioni è artificioso e, dispiace scriverlo, vigliacco.

Come mi chiamo? (La Corte e i cognomi)

in profstanco / by Gian Luca Conti
27/04/2022

Notoriamente la Corte costituzionale ha sempre ragione.

Anzi: la Corte costituzionale è una metafora della vita e non vi è evento della vita di un individuo che non possa essere risolto ricorrendo alla sua giurisprudenza.

La dottrina della Corte per molti costituzionalisti è l’equivalente del Talmud per un rabbino ortodosso.

Anche se, ovviamente, non hanno mai letto il Talmud. O, si potrebbe dire, non hanno letto neppure il Talmud.

L’ultima sentenza della Corte costituzionale di cui è stata data notizia a mezzo comunicato stampa è piuttosto divertente.

La Corte è stata investita della questione di legittimità costituzionale delle norme che impediscono ai genitori, se d’accordo, di dare al proprio figlio il cognome della madre anziché del padre e, giustamente, l’ha dichiarata costituzionalmente illegittima.

La conseguenza naturale sul piano additivo avrebbe dovuto essere che da qui in avanti i genitori possono scegliere se dare al proprio figlio il cognome dell’uno o dell’altro o di entrambi e che in assenza di questa scelta vale la previsione codicistica argomentata dall’art. 262, c.c. (sul punto, Corte cost. 282/2016).

La Corte, però, è andata più in là e ha stabilito che secondo gli artt. 2, 3 e 117, Cost., ciascuno dei genitori può, con l’accordo dell’altro, dare il proprio cognome al figlio e che in mancanza di una scelta di questo genere il figlio deve avere entrambi i cognomi. In quest’ultimo caso, però, i genitori devono trovare un accordo circa l’ordine nel quale i due cognomi devono comparire nei documenti. In assenza di accordo, specifica il comunicato stampa, si deve interpellare il giudice tutelare il quale deciderà (in base a quali criteri?) quale sia il cognome che risponde maggiormente all’interesse del minore. Read more →

Il modello Stanhome e l’ipertrofia nelle candidature alle elezioni comunali

in profstanco / by Gian Luca Conti
03/05/2019

Nardella e Bocci

Votare e vendere prodotti per la casa

Apparentemente il modello di vendita della Stanhome non ha molto a che fare con le elezioni locali, nemmeno nei comuni con più di quindicimila abitanti. Ma è un modello di vendita che funziona: si convince una casalinga che potrebbe mettere da parte qualche soldo e vincere qualche premio se riesce a vendere dei prodotti di buona qualità alle amiche e la casalinga, di solito, ci riesce. Una cosa è vendere tre bottiglie di detersivo alle amiche, una cosa vendere un pancale di detersivi ai clienti di un supermercato.

Le elezioni locali, almeno a Firenze e almeno negli ultimi anni, funzionano più o meno nello stesso modo. Read more →

Le nuove autonomie di Veneto e Lombardia dopo il referendum

in profstanco / by Andrea Mugnaini
27/03/2018

 

Sono passati ormai cinque mesi da quando i cittadini di Veneto e Lombardia hanno dato il proprio via libera ai negoziati tra la Regione e il governo per ottenere nuove forme di autonomia. La norma costituzionale posta a base dell’iniziativa è il terzo comma dell’art. 116, dove si stabilisce che: “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. La disposizione era stata richiamata dal quesito lombardo, mentre non ve n’era traccia in quello veneto: una circostanza questa che, insieme ad alcune dichiarazioni del governatore Luca Zaia, aveva fatto nascere il sospetto che, la Regione, almeno nelle intenzioni, volesse spingersi ben aldilà di quanto stabilito dalla Carta.

Di certo c’è che il Veneto ha attribuito maggior importanza, non solo politica, al referendum dello scorso 22 ottobre di quanto abbia fatto la Lombardia. Lo si nota anche da due particolari: uno è l’istituzione, nel sito della Regione, di un portale dove sono raccolte tutte le notizie dei media, le leggi regionali, le delibere di Giunta e Consiglio e altri documenti riguardanti il procedimento; l’altro, di carattere più istituzionale, è il fatto che il giorno dopo il voto la Giunta regionale ha immediatamente deliberato l’avvio della procedura e preso i primi provvedimenti. Tra questi rientra la creazione di una “Consulta del Veneto per l’autonomia, organismo permanente composto dalle rappresentanze regionali delle Autonomie locali (ANCI-UPI-UNCEM), delle categorie economiche e produttive del territorio, delle forze sindacali e del Terzo Settore, dal mondo dell’Università e della Ricerca, nonché da altri organismi espressione di interessi diffusi a livello regionale in modo da garantirne la più ampia rappresentatività”. Tale Consulta dovrà affiancare una delegazione trattante, che verrà nominata successivamente. La Lombardia non ha alcuna delibera corrispondente.

La tempestività del provvedimento e la ricerca del più ampio coinvolgimento della comunità segnalano l’importanza di questo processo per la Regione e per i suoi cittadini.

Le due Regioni (e insieme a loro anche l’Emilia Romagna, che già da prima aveva iniziato un suo percorso verso l’autonomia) hanno siglato a Roma, alla fine di febbraio, un Accordo preliminare con il Governo italiano. Sarebbe superfluo in questa sede ripercorrere le tappe che hanno portato a questa firma. Molto più interessante è vedere che cosa prevedono i testi, che sono identici per tutt’e tre le Regioni (a cambiare come vedremo sono gli allegati, e solo in parte). La prima disposizione interessante è quella dell’art 2, che prevede una durata prestabilita dell’Intesa (dieci anni). Durante questo tempo Stato e Regione hanno la possibilità di modificarla di comune accordo qualora “si verifichino condizioni di fatto o di diritto che ne giustifichino la revisione”. Il secondo comma poi stabilisce che “due anni prima della scadenza dell’Intesa, Stato e Regione avviano la verifica dei risultati fino a quel momento raggiunti, al fine di procedere al rinnovo, all’eventuale rinegoziazione o alla cessazione definitiva dell’Intesa”. Tale novità sembra positiva: oltre alla possibilità di correggere eventuali errori tecnici o sostanziali, consente anche di adattare l’accordo alle necessità contingenti, che portano ora ad accentrare il potere ora a devolverlo alle Regioni.

Ai sensi dell’art. 6 le materie oggetto delle Intese sono quelle previste dagli allegati, “parte integrante e sostanziale del medesimo accordo”: si tratta di istruzione, salute, politiche sul lavoro e della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, con una aggiunta finale sui rapporti con l’Unione Europea. A eccezione della tutela dell’ambiente, che rientra tra le competenze esclusive statali, articolo 117 comma 2 lettera s), le altre materie rientrano tutte nella competenza concorrente (terzo comma del medesimo articolo).

Per quanto riguarda la tutela dell’ambiente,

occorre ricordare che la normativa regionale può apportare norme più severe per la salvaguardia dell’ecosistema (ma neanche tali da compromettere la concorrenza tra le imprese) ma non può in nessun caso derogare in peggio quanto previsto a livello europeo o statale. E infatti gli accordi delle tre Regioni attribuiscono nuove funzioni abbastanza generiche in questa materia. Tra l’altro l’attribuzione più significativa introdotta sia nell’accordo con il Veneto sia in quello con la Lombardia, cioè la facoltà di prendere provvedimenti di prevenzione e ripristino dei siti ambientali, riguarda esplicitamente solo le zone che non sono di interesse nazionale, e restano comunque fermi gli obblighi dell’operatore. In altre parole gli accordi, richiamando gli articoli 304, 305 e 306 del Codice dell’Ambiente (D.lgs 152/06), ammettono che nei soli casi (per la verità abbastanza limitati) in cui un’area non sia di interesse nazionale, Veneto e Lombardia possono sostituirsi all’operatore ambientale, dovendo comunque avvertire il Ministro dell’ambiente. Quest’ultimo poi, nel caso di inerzia, potrebbe comunque esercitare le funzioni di prevenzione e ripristino. Si capisce abbastanza facilmente quanto sia minimo lo spazio d’intervento per le due Regioni.

Anche le altre novità in materia non sembrano poi così rivoluzionarie:

si va infatti dalla gestione dei finanziamenti statali destinati alla bonifica dei siti di interesse (anche questa non libera ma da svolgersi tramite accordi con il Governo), agli “indirizzi agli ambiti territoriali” per la raccolta differenziata, previsti dall’accordo con il Veneto; dalla “sottoscrizione di accordi con altre Regioni per consentire l’ingresso nel proprio territorio dei rifiuti”, non differenziati, destinati agli impianti di smaltimento previsti nel territorio regionale (secondo quanto prevede l’accordo con la Lombardia), all’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento (funzione quest’ultima attribuita al Veneto dall’accordo).

Un po’ più ampie sono le funzioni che si vede attribuite l’Emilia Romagna, con possibilità di programmazione triennale in numerose aree d’intervento in maniera ambientale (ad esempio per gli interventi di difesa del suolo e delle acque). In questo caso per capire la portata di queste novità occorrerà aspettare di vedere come le attività di programmazione saranno effettivamente esercitate.

Possibilità maggiori le offrirebbero le altre materie oggetto dell’Intesa. Trattandosi di materie di competenza concorrente, i margini sono teoricamente più ampi: le materie di cui al terzo comma del 117 sono infatti quelle su cui le Regioni possono maggiormente puntare per accrescere i propri spazi di autonomia, ma perché ciò si realizzi devono porre in modo chiaro e dettagliato le loro richieste. In effetti si deve ammettere che questi pre-accordi sono abbastanza dettagliati, perlomeno per quanto riguarda la tutela della salute. Le tre Regioni avranno maggior autonomia in materia di scuole di specializzazione, di gestione del personale sanitario e nel sistema di governance delle aziende sanitarie, fino a nuove potestà legislative e amministrative in materie di fondi integrativi. In quest’ambito sembrano quindi allargarsi le funzioni dell’ente regionale.

Infine, non molto rilevanti sono le novità in materia di lavoro e istruzione.

L’iter dunque prosegue e sarà interessante vedere se questo accordo preliminare verrà seguito o se sarà del tutto o in parte superato. Certamente, non appena il procedimento si sarà definitivamente concluso, potremo interrogarci sulla riuscita dell’operazione, oltre che sulla sua reale utilità.

 

 

 

 

Piccolo è bello, grande è meglio. L’Agenda Monti e le autonomie

in News / by Michele Massa
17/01/2013

Mi è venuta la curiosità di leggere l’Agenda Monti (il documento dal titolo Cambiare l’Italia, riformare l’Europa. Un’agenda per un impegno comune. Primo contributo ad una riflessione aperta, pubblicato in varie sedi giornalistiche e anche scientifiche) per vedere cosa diceva di regioni ed enti locali.

Read more →

Popular
  • Primarie e democrazia interna dei partiti: per cosa sono...25/11/2012 - 22:26
  • Ilva Hangout – Call to the arms18/12/2012 - 18:19
  • Aborto libero per non morire03/01/2008 - 12:20
Recent
  • Morire in Toscana o in Puglia? (Non si risolve il tribaco...07/02/2025 - 17:57
  • Il pubblico ministero di Calamandrei (A proposito di separazione...26/01/2025 - 11:41
  • Profumo di Sangiuliano04/09/2024 - 18:36
Comments
  • Marco AntoniottiQueste sono sottigliezze che i più perdono e gli "ordinari...29/09/2017 - 14:24 by Marco Antoniotti
  • glcontiUn maestro è una persona che ha l'autorevolezza per formare...29/09/2017 - 13:49 by glconti
  • Marco Antoniotti"Ha investito tutta la sua energia intellettuale seguendo...29/09/2017 - 13:31 by Marco Antoniotti
Tags
1 2 3 8 13 17 19 20 21 24 27 32 48 49 51 55 56 57 58 62 63 64 65 66 67 68 70 72 81 82 83 85 87 88 90 92 94 95 96 97 117 118 134 138 139

Ultimi argomenti

  • Democracy Crunch20/11/2012 - 12:30
  • Apologo Freddo20/11/2012 - 12:00
  • Six Pack20/11/2012 - 11:30
  • La Prima Volta Del Parla. UE20/11/2012 - 11:00
  • Rafforzare La Ownership…20/11/2012 - 10:30
  • Consolidare 1466 / 199720/11/2012 - 10:00
  • Le Sanzioni20/11/2012 - 09:30
  • A Markers Drived Policy…20/11/2012 - 09:00
  • La Parte Dissuasiva Del PSC20/11/2012 - 08:30

Ultimi Tweets

  • https://t.co/f3p1xGFuox Se Rousseau vota Draghi, M5S si divide e Meloni non è più sola per Copasir etc. 13:09:42 12 Febbraio 2021

SEZIONE

  • Impromptus
  • Il sofà di mezzanotte
  • Request for comments
  • Hangout

Categorie

  • News
  • profstanco
  • Senza categoria

Archivi Impromptus

Per collaborare con Jusbox o per informazioni

Contattaci

On board

Staff
© Copyright - JusBox - Wordpress Theme by Kriesi.at