Sciopero
Lo sciopero è un diritto inviolabile.
Sicuramente.
Il governo Berlusconi sta mettendo a punto un disegno di legge delega che ne dovrebbe limitare l’esercizio nel settore dei trasporti.
Nulla di strano.
L’esercizio del diritto di sciopere può (forse, deve) essere oggetto di bilanciamento con altre libertà egualmente inviolabili, la cui consistenza può essere limitata da scioperi scriteriati.
Il settore dei trasporti è particolarmente sensibile a questo bilanciamento: il diritto di sciopero dei lavoratori, infatti, pregiudica la libertà di circolazione di tutti gli altri cittadini.
L’uso della delegazione legislativa è frequente e quasi naturale in ambiti normativi che si segnalano per la complessità della sintesi politica necessaria a disciplinarli, complessità che ha bisogno di una riflessione pacata, lontana dalla confusa stagnazione delle aule parlamentari.
Il vero problema, ed è un problema politico, riguarda la consistenza della riforma proposta che può limitare grandemente l’uso del diritto di sciopero come strumento di libertà, consegnandola a decisioni plebiscitarie delle rappresentanze dei lavoratori.
Difatti, se lo sciopero può essere deciso solo da un referendum fra i lavoratori o da una rappresentanza sindacale che conta più della metà dei lavoratori del settore, lo sciopero diventa uno strumento della maggioranza.
Uno strumento plebiscitario nelle mani di coloro che sanno ingabbiare il consenso dei lavoratori.
Perde il suo spirito ottocentesco e anarchico.
Il suo valore di meccanismo di difesa dei più deboli.
Il vero problema, ed è un problema sociale, è che lo sciopero non è più considerato uno strumento legittimo di lotta dei lavoratori.
Non può più esserlo perché molte volte se ne è abusato.
Se ne abusa quando non è possibile sapere se i treni garantiti saranno garantiti davvero, o quando ci si trova a vagabondare come ciechi in aereoporto alla ricerca di una qualche informazione che ci dia la speranza di tornare a casa.
Se ne abusa quando – e capita spesso – lo sciopero è attentamente utilizzato per paralizzare un servizio con il minimo danno, imponendo lo sciopero a un numero di lavoratori – quelli più giovani, quelli che non possono dire di no – appena sufficente a bloccare il servizio e a garantire agli altri una giornata di stipendio per sfogliare il giornale o fare la spesa o imbottirsi di colazioni.
In questo modo, il governo Berlusconi può legittimamente inventare gli scioperi virtuali.
Perché lo sciopero è già virtuale.
Lo è diventato quando si è trasformato da strumento di lotta per l’affermazione dei diritti dei lavoratori in occasione di furberie.
Come gran parte delle libertà sindacali.