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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Impromptus

Dignitas (Eutanasie svizzere)

in News / by Gian Luca Conti
20/10/2008

RugbyLa storia di Daniel James è di una tristezza lancinante.
Daniel James giocava a rugby nel Loughborough.
Giocava in mischia.
Esattamente al centro della mischia, perché era un tallonatore.
Durante un allenamento, la mischia è collassata su di lui, che è rimasto schiacciato sotto il peso degli altri avanti.
Il collo si è spezzato.
Per molti mesi, ha cercato di recuperare il recuperabile.
Ha iniziato a muovere leggermente le dita.
Con un dolore quasi insopportabile.
Non riusciva a trattenere i bisogni più elementari.
Non poteva mangiare da solo.
Parlava con difficoltà.
Ha cominciato a sentire come insopportabile una vita di questo genere.
Ha provato ad uccidersi.
Una volta, due volte, tre volte.
Senza mai riuscirci.
Le sue condizioni gli impedivano di uccidersi.
Ha chiesto ai genitori di aiutarlo.
Lo hanno aiuitato accompagnandolo in una clinica svizzera, dove è consentito praticare l’eutanasia e dove è morto.
Un funzionario dei servizi sociali ha ritenuto di riferire tutto questo alla polizia, che ha interrogato i genitori e passato la pratica al Public Prosecutor, che deciderà se vi è o non vi è materia per un processo.
I genitori hanno ammesso di avere aiutato il figlio a morire.
Con serenità.
Hanno chiesto solo silenzio.
Erano dispiaciuti del fatto che i loro figli più piccoli avessero appreso dai giornali che il fratello li aveva salutati sapendo che sarebbe morto.
Che li aveva salutati dopo avere deciso di morire.
La giurisprudenza inglese non condanna chi aiuta a morire un familiare.
Potrebbe farlo, ma pragmaticamente si trincera dietro un lack of evidence (non vi sono sufficenti elementi probatori per andare avanti verso una sentenza di condanna ragionevolmente certa) o una assenza di public interest (non vi sono ragioni per concentrarsi su un fatto come questo invece che su altri molto più pericolosi).
E’ un atteggiamento pragmatico ed ipocrita.
Si può chiedere ad un ragazzo che è abituato a combattere nel mezzo di una mischia di vivere dentro una prigione per il resto della sua vita?
Gli si può davvero chiedere di rinunciare a esercitare il suo diritto al suicidio solo perché è paralizzato?
Siamo lontani da Eluana Anglaro.
Daniel James era perfettamente cosciente e consapevole.
Ma non poteva eseguire i suoi pensieri.
Se avesse potuto, non avrebbe chiesto di morire.
In fondo, è l’unico diritto che non può essere sottratto neppure a un ergastolano o a un condannato a morte.
Ed il pianto dei suoi genitori merita di essere compreso e rispettato.

P.s.
L’immagine è stata copiata da: http://www.guinnesspremiership.com/254_9477.php
Su Mark James: http://www.timesonline.co.uk/tol/comment/columnists/libby_purves/article4974332.ece

Discriminazioni positivamente orientate

in News / by Gian Luca Conti
16/10/2008

Che pare un modo per dire che distinguere fra il bagno dei maschi e il bagno delle femmine non e’ sbagliato.

Ed invece e’ la giustificazione della mozione che vorrebbe delle classi di sviluppo separato (in afrikaneer, apartheid) per gli stranieri che non superano un test di ammissione.

Scandalizza?

Si, scandalizza anche se nessuno vorrebbe che i suoi figli non imparassero le divisioni perche’ ci sono bimbi che hanno bisogno di apprendere l’italiano.

Anche se nessuno vuole che i suoi figli siano turbati dal disagio di una convivenza emarginata.

Etc.

Insomma, e’ uno stupore ipocrita, che non fa nulla per risolvere un problema molto piu’ grave.

Non si puo’ certo pensare che lanciare un bimbo nomade in una classe di bimbi normali, una classe di Piazza Savonarola, diciamo cosi’, sia un modo per integrarlo o per non discriminarlo.

E’ il vero modo per farlo scappare. Peggio forse anche della discriminazione positivamente orientata come la ignavia leghista chiama le affirmative actions.

Il silenzio dell’art. 74, Cost. (Napolitano alle prese con un difficile rinvio)

in News / by Gian Luca Conti
14/10/2008

NapolitanoIn questi giorni, gira un invito.
Si tratta di scrivere a Napolitano chiedendogli di non promulgare la riforma del maestro unico proposta dal Governo.
Pare che l’indirizzo di posta elettronica del Quirinale abbia ricevuto migliaia di messaggi.
Il dubbio è se Napolitano possa o meno rinviare alle Camere la deliberazione legislativa.
Può, ma forse non dovrebbe.
Per più ordini di ragioni.
La promulgazione di una deliberazione legislativa consiste della definitiva imputazione allo Stato della manifestazione di volontà parlamentare.
Il Presidente della Repubblica può chiedere alle Camere una nuova deliberazione.
In questo caso, per l’art. 74, Cost., la deliberazione legislativa cade nel nulla se non viene approvata dalle due camere a maggioranza assoluta.
L’art. 74 non specifica le ragioni per le quali il Presidente della Repubblica può rinviare una legge alle Camere.
La prassi più recente si è attestata in rinvii tecnici, collegati alla incostituzionalità delle deliberazioni legislative, ovvero alla loro imperfetta formulazione, e si è allontanata da rinvii politici, collegati al merito costituzionale trattato dalla proposta di legge.
Ciampi ha rinviato il disegno di legge Gasparri di riforma del sistema radiotelevisivo, con un messaggio molto tecnico, nel 2002; lo stesso ha fatto nel 2000, per una deliberazione legislativa in materia di organizzazione del personale sanitario; nel marzo 2002, in un caso di conversione di un decreto legge non caratterizzato dai requisiti di necessità e urgenza previsti dall’art. 77 e nel novembre 2002 per chiedere l’adozione di una salda dottrina delle fonti nei rapporti fra Stato e regioni.
Non ha rinviato né la legge sulle rogatorie internazionali, né la legge sul legittimo sospetto, né la legge che accordava l’immunità alle più alte cariche dello Stato, successivamente dichiarata incostituzionale con sentenza 24 del 2004.
Le ragioni della prudenza del Capo dello Stato stanno nella sua irresponsabilità politica.
Il Capo dello Stato non svolge una funzione propriamente politica.
Rappresenta l’unità dello Stato e la fedeltà alla Costituzione.
Un rinvio motivato da ragioni propriamente politiche sarebbe in contrasto con il suo ruolo.
Come è accaduto per Cossiga, quando – nel 1992, il 1 febbraio – ha rinviato alle Camere la riforma della obiezione di coscienza, con un messaggio molto discutibile, perché sovrapponeva il merito politico del Presidente alla sintesi politica operata dal Parlamento.
In realtà, le mail al Capo dello Stato sono pericolose.
Sono pericolose perché cercano di tirargli la giacca per farlo entrare in un agone politico che è pericoloso per la sua legittimazione e, quindi, per la stessa efficacia dei valori costituzionali.
Detto tutto questo, la riforma del maestro unico è, davvero, una porcata, se così si può dire.
Ma è in contrasto con valori e principi costituzionali, non con norme direttamente cogenti in termini tali da poter costituire un parametro saldo di un giudizio di costituzionalità.
E’ in contrasto con il diritto allo studio, con il valore della eguaglianza in senso sostanziale, con l’autonomia regionale in materia scolastica, con il diritto al lavoro dei genitori, etc.
Tutti valori che, purtroppo, sono ancora lontani dall’avere delle coordinate sicure – binding, per usare un lemma del lessico internazionalistico – nel processo costituzionale.

Berlu_Barabba

in News / by Gian Luca Conti
29/09/2008

berlusindoneBerlusconi ha reagito con una cortesia istituzionalmente raccapricciante alla ordinanza che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del Lodo Alfano.
La lettura più semplice è che Berlusconi abbia inteso influenzare la Corte costituzionale.
Tuttavia Berlusconi è uomo accorto e intelligente.
Troppo accorto ed intelligente per non sapere che la Corte costituzionale, anche questa Corte che forse non può essere definita la più coraggiosa della storia repubblicana, non si lascia intimidere e che, di solito, questi tentativi rischiano di sortire un risultato opposto alle  intenzioni.
Il tentativo di Berlusconi, perciò, è, al solito, molto più sottile.
Berlusconi vuole che la Corte costituzionale dichiari l’incostituzionalità del Lodo Alfano.
Berlusconi vuole essere condannato per poter sollevare la contraddizione fra il giudizio politico elettorale che lo ha assolto ed il giudizio penale che lo potrebbe condannare.
Vuole usare questa contraddizione per poter riformare il sistema giudiziario e compiere un ulteriore passo in avanti nella sua rivoluzione liberale, liberista e libertaria.
Barabba, secondo il senso comune, è la dimostrazione che la folla chiamata a esprimere un consenso plebiscitario può essere facilmente manipolata.
Il capo del governo, che è uomo di fede al punto di recarsi in una beauty farm pensando di ottenere un qualche risultato, è riuscito a far diventare Barabba un argomento politico formidabile e materialmente costituente.
Non si deve sottovalutare uno che riesce a far diventare Barabba un santo.

P.s.
L’immagine è di votantonio.splinder.com

Il padre dei cretini

in News / by Gian Luca Conti
12/09/2008

NapolitanoAd Helsinki, Napolitano ha fatto delle affermazioni importanti.
Credo che in Italia sia ancora una questione aperta la piena identificazione che ci dovrebbe essere da parte di tutti nei principi e nei valori della Costituzione repubblicana, che sono rispecchiati nella Costituzione europea richiamata nel Trattato di Lisbona.
Il che – nel linguaggio diplomaticamente sintetico del Capo dello Stato – significa che gli Italiani non hanno una Costituzione. Che la Costituzione è divenuta lettera morta.
E’ una affermazione insolitamente forte.
A prima lettura, fa corpo con i discorsi di La Russa e Alemanno sul fascismo.
Forse, però, è una affermazione molto più importante.
E’ la confessione del fallimento di un progetto unificante.
Il Presidente della Repubblica si dichiara capo di uno Stato che non crede in se stesso e che non ha più ragione di essere.
Può farlo?
Si può dire ai propri figli che non hanno più una famiglia e restare a casa?
Di solito, in questi casi, si fanno le valigie e si lasciano i figlioli con la mamma.

Separando il signor 1816 della Loggia P2 e Maximilian Robespierre

in News / by Gian Luca Conti
23/07/2008

sbarreIeri il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge 903 Atti Senato, titolato Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato.
Dibattito breve, serrato.
Che ha permesso a Belisario dell’Italia dei Valori di ricordare l’iscrizione alla Loggia P2 del Capo del Governo, chiaramente emersa dall’indagine parlamentare a suo tempo svolta dalla Commissione di inchiesta guidata dall’on. Anselmi.
Che ha permesso alla lucidità di Ceccanti di ricordare le parole di Maximilian Robespierre, all’Assemblea nazionale costituente, il 25 giugno 1790: Perché i rappresentanti della nazione godano dell’inviolabilità bisogna che non possano essere attaccati da nessun potere particolare. Nessuna decisione deve poterli colpire se non viene da un potere uguale ad essi e non c’è nessun potere uguale ad essi di questa natura. Se voi non consacrate questi principi, rendete il corpo legislativo dipendente da un potere inferiore.
E’ un ricordo attentamente fuorviante, Robespierre parlava a favore della immunità parlamentare, che è istituto ben diverso dalla irresponsabilità delle più alte cariche dello Stato.
Si potrebbe parlare a lungo delle ragioni che possono condurre a ritenere incostituzionale il disegno di legge approvato dal Parlamento.
Si è detto che solo la Costituzione può definire un equilibrio fra sovranità popolare e principio di eguaglianza. L’argomento è solo retorico. Ogni legge è espressione di sovranità popolare e quasi tutte le leggi costituiscono attuazione del principio di eguaglianza, non foss’altro perché devono essere improntate ad un criterio di ragionevolezza.
Si è detto che solo la Costituzione può definire il modo in cui i più alti poteri dello Stato interagiscono fra di loro, limitando le attribuzioni del potere giudiziario. E’ come dire che il codice di procedura penale, nella parte in cui prevede i limiti all’esercizio della azione penale, deve essere costituzionalizzato. Non è così: i limiti all’esercizio della azione penale possono essere stabiliti dalla legge, ma deve essere una legge improntata a valori costituzionali, esattamente come ogni altra legge.
Si è anche detto che il disegno di legge accomuna cariche (il Capo dello Stato, il Capo del Governo, i Presidenti delle due camere) che sono molto diverse fra di loro. E’ vero che sono diverse fra di loro, ma è anche vero che si tratta di cariche che svolgono una funzione costituzionalmente irrinunciabile, sicché può non essere irragionevole un trattamento unitario delle loro garanzie. Può non essere inopportuno un unico status comune a tutte le cariche dello Stato.
Si è detto pure che è incostituzionale un automatismo, che ogni immunità dovrebbe essere prerogativa del potere cui appartiene, che dovrebbe motivatamente assumersi l’onere di pronunciarla e renderla perciò fonte di responsabilità politica. E’ argomento che prova troppo: non potrebbe adattarsi al presidente della repubblica che è un ufficio monocratico e che perciò non potrebbe mai dichiarare la propria immunità secondo questo schema.
Si è detto infine che il Capo del Governo è primus inter pares, sicché la sua immunità deve estendersi anche ai ministri. Non è vero. La nostra costituzione materiale ha disegnato un ruolo del capo del governo che è assai diverso da quello dei suoi ministri.
Il punto non è questo.
La legge che prevede la temporanea sottrazione alla azione penale delle più alte cariche dello Stato può essere astrattamente ragionevole e probabilmente non incostituzionale.
Diventa incostituzionale nel momento in cui è asservita alla sottrazione al processo di una persona fisica precisa e ben individuata.
Di una persona che conosce il proprio capo di accusa e che pretende di essere assolta non perché non ha commesso il fatto, ma attraverso il ricorso alla sovranità popolare.
Un parlamento può prevedere l’immunità delle più alte cariche dello Stato.
Ma non può prevedere che il suo Capo del Governo sia sottratto ad un processo già incardinato.
La "vera" incostituzionalità del disegno di legge è la sua intima ragion d’essere: la sovranità popolare che sacrifica l’indipendenza della magistratura non in via generale ed astratta ma ad personam.

Eutanasia

in News / by Gian Luca Conti
10/07/2008

Eutanasia
Il diritto ad una morte lieve non può essere considerato un problema di diritto costituzionale.
Il diritto non ha parole di fronte alla sofferenza di un malato senza speranza.
Si deve fermare davanti a chi aspetta solo dolore dai giorni che lo attendono.
In silenzio ed il silenzio del diritto si chiama libertà.
La libertà di un padre che dice che sua figlia è morta da molti anni.
Da quando un incidente l’ha privata di ogni possibilità di tornare a respirare, sorridere, correre, mangiare.
Non la libertà di lasciare morire sua figlia.
La libertà di ricominciare a vivere.
Di abbandonare quell’estrema speranza che ogni padre avrebbe.
La speranza di vedere il telefono che squilla e immaginare un medico, una suora, un volontario che annuncia il miracolo.
Nessuno può essere condannato a sopravvivere aspettando il ritorno dai morti del proprio figlio.
Anche se ci vuole davvero molto coraggio ad abbandonare questa speranza.

Anche gli zingari sono felici

in News / by Gian Luca Conti
08/07/2008

ZingariFeliciIl testo dell’ordinanza:

Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008 (Ordinanza n. 3676)

Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio della regione Lazio.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto l’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
Visto l’art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 maggio 2008, con cui è stato dichiarato, fino al 31 maggio 2009, lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia.
Considerata la situazione di estrema criticità determinatasi nel territorio della regione Lazio, con particolare riferimento alle aree urbane del Comune di Roma e alle zone circostanti, a causa della presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi che si sono stabilmente insediati nelle predette aree;
Considerato che detti insediamenti, a causa della loro estrema precarietà, hanno determinato una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali;
Ravvisata la necessità di procedere all’adozione di provvedimenti di carattere straordinario e derogatorio finalizzati al rapido superamento dell’emergenza, demandando ad organi all’uopo istituiti la realizzazione dei singoli interventi;
Ravvisata l’esigenza di attivare tutte le iniziative volte a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone, assicurando mezzi certi di identificazione, anche ai fini dell’applicazione delle vigenti disposizioni di carattere umanitario e in materia di immigrazione, e strumenti che consentano l’accesso alle prestazioni essenziali di carattere sociale, assistenziale e sanitario, avuto anche riguardo alla tutela dei minori da soggetti o organizzazioni criminali che utilizzano l’incertezza sulla identità o sulla provenienza anagrafica al fine di porre in essere traffici illeciti e gravi forme di sfruttamento;
Visto il «Patto per Roma sicura» sottoscritto in data 18 maggio 2007 dal Prefetto di Roma, dal Presidente della regione Lazio, dal Presidente della provincia ed il Sindaco di Roma;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, recante «Indirizzi in materia di protezione civile in relazione all’attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario»;
Acquisita l’intesa della regione Lazio;
Su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Dispone:

Art. 1.

1. Il Prefetto di Roma è nominato Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008, citato in premessa, nel territorio della regione Lazio, con particolare riferimento alle aree urbane del Comune di Roma e alle zone circostanti.
2. Il Commissario delegato, nell’ambito territoriale di competenza, se del caso anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia ambientale, paesaggistico territoriale, igienico-sanitaria, di pianificazione del territorio, di polizia locale, viabilità e circolazione stradale, e salvo l’obbligo di assicurare le misure indispensabili alla tutela della salute e dell’ambiente, provvede all’espletamento delle seguenti iniziative:
a) definizione dei programmi di azione per il superamento dell’emergenza;
b) monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi ed individuazione degli insediamenti abusivi;
c) identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei luoghi di cui al punto b), attraverso rilievi segnaletici;
d) adozione delle necessarie misure, avvalendosi delle forze di Polizia, nei confronti delle persone di cui al punto c) che risultino o possano essere destinatarie di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione;
e) programmazione, qualora quelli esistenti non riescano a soddisfare le esigenze abitative, della individuazione di altri siti idonei per la realizzazione di campi autorizzati;
f) adozione di misure finalizzate allo sgombero ed al ripristino delle aree occupate dagli insediamenti abusivi;
g) realizzazione dei primi interventi idonei a ripristinare i livelli minimi delle prestazioni sociali e sanitarie;
h) interventi finalizzati a favorire l’inserimento e l’integrazione sociale delle persone trasferite nei campi autorizzati, con particolare riferimento a misure di sostegno ed a progetti integrati per i minori, nonchè ad azioni volte a contrastare i fenomeni del commercio abusivo, dell’accattonaggio e della prostituzione;
i) monitoraggio e promozione delle iniziative poste in essere nei campi autorizzati per favorire la scolarizzazione e l’avviamento professionale e il coinvolgimento nelle attività di realizzazione o di recupero di abitazioni;
l) adozione di ogni misura utile e necessaria per il superamento dell’emergenza.
3. Fermo restando quanto disposto dal comma 4, l’approvazione dei progetti da parte del Commissario delegato sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico generale e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, in deroga all’art. 98, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 salva l’applicazione dell’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni, anche prima dall’espletamento delle procedure espropriative, che si svolgeranno con i termini di legge ridotti della metà.
4. Qualora per l’approvazione dei progetti di interventi e di opere per cui è prevista dalla vigente normativa la procedura di valutazione di impatto ambientale di competenza statale e regionale, ovvero per l’approvazione di progetti relativi ad opere incidenti su beni sottoposti a tutela ai sensi della legge n. 42/2004, la procedura medesima deve essere conclusa entro e non oltre quarantacinque giorni dalla indizione della conferenza dei servizi. A tal fine, i termini previsti dal titolo III del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e della citata legge n. 42/2004 sono ridotti della metà.
5. Il Commissario delegato cura l’attuazione delle procedure di trasferimento degli impianti e delle opere, realizzati sulla base della presente ordinanza, ai Comuni od agli altri soggetti istituzionalmente competenti, secondo il regime proprio dei singoli interventi.

Art. 2.

1. Per la migliore efficacia delle azioni di propria competenza, il Commissario delegato può attivare le necessarie forme di collaborazione con la Regione, altri soggetti pubblici e, per i profili umanitari e assistenziali, con la Croce Rossa Italiana.
2. Al fine di assicurare piena effettività agli interventi e alle iniziative di cui alla presente ordinanza, il Commissario delegato è assistito dalla forza pubblica ed a tale fine i prefetti delle altre provincie territorialmente coinvolte dall’emergenza in rassegna, i questori e le altre autorità competenti assicurano piena collaborazione per l’attuazione dei provvedimenti del Commissario delegato.
3. Per le esigenze derivanti dall’esecuzione delle iniziative da porre in essere ai sensi della presente ordinanza, il Commissario delegato si avvale di unità di personale civile e militare dipendente da Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici territoriali e non territoriali, che sarà messo a disposizione, con oneri a proprio carico, da parte degli uffici di appartenenza entro dieci giorni dalla richiesta.

Art. 3.

1. Per il compimento delle iniziative previste dalla presente ordinanza il Commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, è autorizzato a derogare, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, delle direttive comunitarie e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, alle seguenti disposizioni normative:
– regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, art. 3, ed articoli 8, 11 e 19;
– regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, articoli 37, 38, 39, 40, 41, 42, 117, 119;
– regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, art. 4;
– regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, art. 7;
– decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 13, 54, comma 1, lettere b) e c), commi 2, 3, 4;
– legge 7 agosto 1990, n. 241 articoli 7, 8, 9, 10, 10-bis, 12, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies, e successive modificazioni ed integrazioni;
– decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articoli 11, 15 commi 2, 3, 8 (limitatamente ai termini ivi previsti che sono ridotti alla meta); art. 19; art. 22-bis; articoli 32, 34, 37, 38, 40, 41, 42, 47, 50;
– decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articoli 6, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 17, 18, 19, 20, 21, 33, 37, 42, 55, 56, 57, 62, 63, 65, 66, 68, 70, 75, 76, 77, 80, 81, 98 comma 2, 111, 118, 128, 130, 132, 141, 241;
– decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articoli 21, commi 4 e 5, 22, 25, 26, 28, 45, 46, 151 e 153, e successive modifiche ed integrazioni;
– regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche ed integrazioni;
– decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articoli 11, 12, commi 3, lettera b), e 5, 13, 45, comma 6, 159, 195, 200, 215 e successive modifiche ed integrazioni;
– decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni, articolo 101, 105, 106 e 107 – Titolo I – Sezione II – Parte III; articoli 118, 120, 121, 124, 125 e 126 – Titolo IV – Sezione II – Parte III; articoli 199, 208, 210 e 211 – Titolo I – Parte IV; articoli 239, 240, 241, 242, 243, 244, 245, 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252, 253 – Titolo V- Parte IV;
– decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, articoli 16 e 17;
– legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modifiche ed integrazioni;
– leggi ed altre disposizioni regionali strettamente connesse agli interventi previsti dalla presente ordinanza.

Art. 4.

1. Per l’avvio dei primi interventi di cui alla presente ordinanza, è assegnato al Commissario delegato un primo stanziamento di euro 1.000.000,00, da trasferire su apposita contabilità speciale all’uopo istituita ed al medesimo intestata.
2. Agli oneri di cui al comma 1, pari ad euro 1.000.000,00 si provvede a carico del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
3. Con successive ordinanze di protezione civile verranno quantificate, all’esito delle attività preliminari poste in essere dal Commissario delegato e delle progettualità individuate come necessarie, le ulteriori risorse finanziarie da destinare all’attuazione del presente provvedimento e disposti i relativi stanziamenti.

Art. 5.

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile rimane estranea ad ogni rapporto contrattuale posto in essere in applicazione della presente ordinanza.
La presente ordinanza verrà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 30 maggio 2008

Il Presidente: Berlusconi

L’oblio dei nomadi

in News / by Gian Luca Conti
08/07/2008

NomadiSi discute molto della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008, prot. 3676.
Le opinioni vagano dal lollismo di chi sostiene la natura razziale e perciò gravemente incostituzionale del provvedimento a chi, sul fronte opposto, ritiene che i nomadi abbiano bisogno di forni piuttosto che di numeri.
Il provvedimento, in realtà, qualche dubbio lo suscita.
Si tratta di una ordinanza contingibile ed urgente fondata sulla legge 225 del 1992, che disciplina i poteri del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di calamità.
Questo significa: (i) che i nomadi sono considerati una calamità al pari di un terremoto o di una eruzione; (ii) che i nomadi sono una emergenza solo nella regione Lazio (l’ordinanza fa riferimento ai campi abusivi presenti nelle vicinanze di Roma); (iii) che per superare l’emergenza relativa ai nomadi è necessario disapplicare le norme che vigono normalmente, ovvero sospendere – per un periodo di tempo limitato, che però l’ordinanza non indica – il principio di legalità.
Sono tutti aspetti molto discutibili.
Molto più discutibili della questione relativa alla identificazione ed al censimento dei bambini rom.
I nomadi esistono nel nostro paese da qualche secolo e non pare che siano diventati una calamità negli ultimi mesi: è difficile sostenere che un qualche giorno intorno al 30 maggio si sia verificata una eruzione di Rom nel Comune di Roma.
I nomadi sono sparsi sull’intero territorio nazionale, sicché non si capisce perché si devono adottare delle misure straordinarie solo in relazione ai rom che stanno nell’agro pontino. Ingombrano anche la città di Firenze, non sono sconosciuti a Bologna e pare che in Calabria siano piuttosto attivi.
Soprattutto, però, fa temere la sospensione del principio di legalità: i rom possono o non possono risiedere nel nostro paese. Possono o non possono vivere nelle loro baracche. Possono o non possono mantenere la patria potestà su di un bambino abbandonato su un marciapiede con un piattino in mano.
Bastano le leggi della Repubblica a superare queste emergenze, che, a ben vedere, non sono emergenze.
Sono fatti normalmente patologici, ben presenti al nostro testo unico di pubblica sicurezza, che non ama i mestieri girovaghi.
Una questione, poi, stupisce.
L’elenco delle leggi che possono essere ignorate comprende le norme di contabilità di Stato in materia di contratti della pubblica amministrazione.
Come dire che per i provvedimenti necessari al superamento dell’emergenza, il Prefetto di Roma potrà ignorare la regola della gara per la scelta dei contraenti, ovvero il principio di segretezza delle offerte, ovvero tutte quelle norme che variamente tendono ad assicurare l’imparziale lealtà della Amministrazione nella delicata scelta di coloro che saranno le sue controparti contrattuali.
Tutti questi aspetti disturbano molto più del censimento.
Ognuno di noi è censito alla nascita ed il nostro censimento si chiama anagrafe, dove sono attentamente iscritti tutti i dati rilevanti della nostra vita civile (residenza, nucleo familiare, matrimonio, morte, etc.).
Noi non abbiamo alcun diritto all’oblio nei confronti dello Stato perché abbiamo dei diritti verso lo Stato e lo Stato ci deve conoscere per poterceli garantire come ci deve conoscere per poterci chiedere l’adempimento dei nostri doveri.

Chi li ha sciolti? (Un benemerito generale)

in News / by Gian Luca Conti
24/06/2008

Logo smallSi legge su Libero di oggi una lettera al direttore Feltri del generale Pappalardo.
La tesi di fondo è che i magistrati non possono condizionare la politica per effetto del principio di separazione fra i poteri.
E’ una tesi difficilmente discutibile.
Il principio di separazione fra i poteri governa la nostra democrazia e ne salvaguarda la continuità istituzionale.
I toni del generale sono però davvero singolari.
Il generale, che è uomo politico e che fonda il suo programma sulla difesa dell’onore e del prestigio dell’Arma dei carabinieri, vede con rammarico l’assenza nella carta costituzionale di una disposizione che similmente a quanto accade in Turchia consenta all’Arma di intervenire  a difesa lì della laicità dello Stato qui dell’indipendenza delle istituzioni dalla magistratura.
La costituzione turca è sicuramente interessante, come interessanti sono le pronuncie con cui la corte suprema turca ha progressivamente vincolato i poteri kemalisti dell’esercito fondati sulla retorica del piccolo Mahmet.
Ma non è la costituzione italiana.
Invocare l’intervento dell’esercito in un conflitto politico fa venire i bordoni.
Leggerlo su un giornale, in un commento scritto da un generale dell’esercito, con vivace orgoglio, è preoccupante.
I conflitti politici sono materia parlamentare e – nella loro degenerazione patologica – vengono conosciuti dalla giustizia costituzionale.
L’esercito ha semplicemente un compito di difesa esterna.
L’Arma dei carabinieri ha funzioni di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria.
Nessuno dei due può intervenire in un conflitto fra il potere politico ed il potere giurisdizionale.
Pena il colpo di Stato, che nel linguaggio costituente si chiama attentato alla Costituzione.
In realtà, le forze armate ed i loro organismi di vertice dovrebbero stare lontane dalla politica esattamente negli stessi termini in cui vi devono stare lontani i giudici.
Con una differenza non da poco: mentre i giudici hanno a loro disposizione solo gli uscieri, che in una logica rivoluzionaria non costituiscono un grosso pericolo, i generali comandano i soldati e questi possono essere piuttosto efficaci in un attentato alla Costituzione.

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