La politica di classe
L’attuale ministro per l’istruzione, l’università e la ricerca scientifica ha ammonito gli insegnanti a tenersi lontani dalla politica.
Il concetto è banale: la formazione dei giovani virgulti non deve minare la loro libertà di coscienza.
E’ un modello ipocrita.
La scuola è naturalmente politica, nel senso che inevitabilmente forma e modella un determinato modo di vedere la realtà delle cose da parte di chi la frequenta.
E’ anche un modello incostituzionale: per l’art. 33, primo comma, Cost., l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
Nella relazione di Marchesi alla Prima Sottocommissione, la libertà dell’insegnamento viene collegata alla laicità dello Stato e quindi alla stessa struttura democratica della repubblica.
Questa struttura viene meno se si impone all’arte e alla scienza di derivare in purezza dai propri capisaldi che non esistono senza i pregiudizi ideologici di chi insegna.
Solo il dominio dello Stato sui libri di testo, solo una cultura di Stato consente alla scuola di non essere politicamente in mano agli insegnanti.
Io non sono in grado di preparare il mio corso di diritto costituzionale senza essere influenzato da un preciso modo di collegare forma di governo e forma di Stato all’interno di un modello politico.
Ma la stessa cosa deve essere predicata a proposito del modo in cui l’asilo nido insegna a cantare o l’insegnante di greco in un liceo classico sceglie i testi da tradurre.
Tutto questo è molto banale.
Talmente banale che ci si deve chiedere che cosa la ministra Gelmini abbia inteso dire e, forse, in un momento di feroce discussione sia sulla riforma del lavoro scolastico che dell’accesso alla carriera accademica, il vero significato delle sue parole riguarda i sindacati, la loro forza politica e suona come una minaccia nei confronti degli insegnanti che possono essere più attenti alla difesa delle proprie prerogative.
Difesa, dice la ministra, che sarà considerata un atto politico e quindi un comportamento incompatibile con la dignità dell’insegnamento.

Berlusconi ha citato in giudizio L’Unità e La Repubblica, ritenendo l’esposizione delle sue presunte frequentazioni femminili lesiva della propria dignità.
DI SANTA RAGIONE è il titolo del Manifesto di oggi.
Tre notizie di questi giorni sono legate da un filo rosso: la commercializzazione della pillola abortiva RU486, che ha suscitato le proteste del Vaticano; la sentenza della Law Lords del 31 luglio 2009 sul caso Debbie Purdy, che ha stabilito che non vi è alcuna ragione di procedere contro un marito che assiste la moglie che – malata incurabile – ha liberamente scelto di morire; con ordinanza iscritta al registro della Corte costituzionale al n. 177/2009, il Tribunale di Venezia ha dubitato della legittimità costituzionale delle norme che vietano il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Il cd. Lodo Bernardo è un emendamento al dl anticrisi che stabilisce: Le procure regionali della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001 numero 97.
Napolitano ha promulgato la legge sulla sicurezza.
La notizia era sull’Espresso di venerdì passato.
Il referendum elettorale non ha raggiunto il quorum.
Esistono vari Berlusconi.
Non si parla molto di una frazione normativa del disegno di legge in materia di sicurezza.







