Separando il signor 1816 della Loggia P2 e Maximilian Robespierre
Ieri il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge 903 Atti Senato, titolato Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato.
Dibattito breve, serrato.
Che ha permesso a Belisario dell’Italia dei Valori di ricordare l’iscrizione alla Loggia P2 del Capo del Governo, chiaramente emersa dall’indagine parlamentare a suo tempo svolta dalla Commissione di inchiesta guidata dall’on. Anselmi.
Che ha permesso alla lucidità di Ceccanti di ricordare le parole di Maximilian Robespierre, all’Assemblea nazionale costituente, il 25 giugno 1790: Perché i rappresentanti della nazione godano dell’inviolabilità bisogna che non possano essere attaccati da nessun potere particolare. Nessuna decisione deve poterli colpire se non viene da un potere uguale ad essi e non c’è nessun potere uguale ad essi di questa natura. Se voi non consacrate questi principi, rendete il corpo legislativo dipendente da un potere inferiore.
E’ un ricordo attentamente fuorviante, Robespierre parlava a favore della immunità parlamentare, che è istituto ben diverso dalla irresponsabilità delle più alte cariche dello Stato.
Si potrebbe parlare a lungo delle ragioni che possono condurre a ritenere incostituzionale il disegno di legge approvato dal Parlamento.
Si è detto che solo la Costituzione può definire un equilibrio fra sovranità popolare e principio di eguaglianza. L’argomento è solo retorico. Ogni legge è espressione di sovranità popolare e quasi tutte le leggi costituiscono attuazione del principio di eguaglianza, non foss’altro perché devono essere improntate ad un criterio di ragionevolezza.
Si è detto che solo la Costituzione può definire il modo in cui i più alti poteri dello Stato interagiscono fra di loro, limitando le attribuzioni del potere giudiziario. E’ come dire che il codice di procedura penale, nella parte in cui prevede i limiti all’esercizio della azione penale, deve essere costituzionalizzato. Non è così: i limiti all’esercizio della azione penale possono essere stabiliti dalla legge, ma deve essere una legge improntata a valori costituzionali, esattamente come ogni altra legge.
Si è anche detto che il disegno di legge accomuna cariche (il Capo dello Stato, il Capo del Governo, i Presidenti delle due camere) che sono molto diverse fra di loro. E’ vero che sono diverse fra di loro, ma è anche vero che si tratta di cariche che svolgono una funzione costituzionalmente irrinunciabile, sicché può non essere irragionevole un trattamento unitario delle loro garanzie. Può non essere inopportuno un unico status comune a tutte le cariche dello Stato.
Si è detto pure che è incostituzionale un automatismo, che ogni immunità dovrebbe essere prerogativa del potere cui appartiene, che dovrebbe motivatamente assumersi l’onere di pronunciarla e renderla perciò fonte di responsabilità politica. E’ argomento che prova troppo: non potrebbe adattarsi al presidente della repubblica che è un ufficio monocratico e che perciò non potrebbe mai dichiarare la propria immunità secondo questo schema.
Si è detto infine che il Capo del Governo è primus inter pares, sicché la sua immunità deve estendersi anche ai ministri. Non è vero. La nostra costituzione materiale ha disegnato un ruolo del capo del governo che è assai diverso da quello dei suoi ministri.
Il punto non è questo.
La legge che prevede la temporanea sottrazione alla azione penale delle più alte cariche dello Stato può essere astrattamente ragionevole e probabilmente non incostituzionale.
Diventa incostituzionale nel momento in cui è asservita alla sottrazione al processo di una persona fisica precisa e ben individuata.
Di una persona che conosce il proprio capo di accusa e che pretende di essere assolta non perché non ha commesso il fatto, ma attraverso il ricorso alla sovranità popolare.
Un parlamento può prevedere l’immunità delle più alte cariche dello Stato.
Ma non può prevedere che il suo Capo del Governo sia sottratto ad un processo già incardinato.
La "vera" incostituzionalità del disegno di legge è la sua intima ragion d’essere: la sovranità popolare che sacrifica l’indipendenza della magistratura non in via generale ed astratta ma ad personam.