Applicare l’Italicum alle elezioni amministrative di Roma e Torino
Anche in queste elezioni amministrative, la capacità propulsiva del Movimento 5 Stelle al secondo turno è formidabile.
Difficilmente, il Movimento 5 Stelle riesce a vincere al primo turno ma se riesce a ottenere il ballottaggio ha la forza elettorale di un terremoto per gli altri partiti.
Il ragionamento politico sembra abbastanza semplice: la politica del dopo Prima Repubblica si è fortemente orientata su schieramenti contrapposti. Il centro destra di Berlusconi e il centro sinistra di Prodi, Bersani, Renzi. Difficilmente l’elettore di uno dei due schieramenti accetta di votare per l’altro schieramento e, in caso di ballottaggio, vota per il Movimento 5 Stelle che è comunque “contro”.
Il Movimento 5 Stelle esercita una forza attrattiva inesorabile per tutti coloro che non vogliono votare l’altro candidato e quindi per tutti, tranne i suoi elettori: è un buco nero per i ballottaggi.
Il problema più interessante, però, da costituzionalisti è diverso e riguarda la proiezione su base nazionale dei risultati di Roma e Torino utilizzando l’Italicum.
L’Italicum prevede, in sintesi e per quanto interessa in questo momento, che: (i) la coalizione (o la lista) che ottiene la maggioranza dei voti ma non supera il 40%, va al ballottaggio e chi vince il ballottaggio ottiene 321 seggi su 630; (ii) la coalizione (o la lista) che supera il 40% dei voti e non ha ottenuto 340 seggi su 630, ottiene 340 seggi mentre la coalizione che supera il 40% e ottiene più di 340 seggi mantiene il numero dei seggi che ha ottenuto in base ai voti che ha ricevuto; (iii) all’interno delle coalizioni partecipano al riparto dei seggi solo le liste che hanno superato il 3% delle preferenze.
L’applicazione dell’Italicum ai risultati di Roma e Torino, immaginando che Roma e Torino siano a turno l’intera nazione, è piuttosto interessante.
A Roma, al primo turno, la coalizione guidata dal PD si è fermata al 30,01% mentre quella guidata dal 5 Stelle è arrivata al 35,01%, non lontano dal 40% che è la soglia per l’attribuzione del premio di maggioranza a 340 seggi.
A Torino, al primo turno, la coalizione guidata dal PD ha ottenuto più del 40%, sicché avrebbe goduto del premio di maggioranza a 340 seggi e avrebbe chiuso la partita con il primo turno.
Queste osservazioni sono sufficienti per individuare una distorsione del sistema elettorale piuttosto significativa: un partito che al secondo turno riesce ad ottenere quasi il 55% dei consensi (il Movimento 5 Stelle a Torino) ovvero oltre il 67% (lo stesso partito a Roma) ottiene meno seggi di un partito che ha ottenuto il 40% dei consensi (il PD al primo turno di Torino).
L’Italicum rappresenta un correttivo importante per il partito politico che sa coagulare intorno a sé il maggior numero dei consensi fra il primo e il secondo turno mentre privilegia i partiti che riescono a superare il 40% al primo turno, indipendentemente dal numero dei consensi che ottengono.
Questa disciplina elettorale sembra fatta apposta per consentire a una formazione politica in grado di traguardare il 40% al primo turno – il PD di Torino – di governare con ragionevole serenità, mentre nel caso in cui nessuna formazione politica raggiunga il 40%, e quindi si scateni la formidabile capacità gravitazionale del 5 Stelle al secondo turno, moderarne il trionfo.
Il calcolo potrebbe essere sbagliato perché il 5 Stelle può rischiare di vincere anche al primo turno, come è successo a Roma.
La seconda delle osservazioni che queste elezioni, considerate su base nazionale e l’esercizio è ovviamente inattendibile per delle elezioni amministrative in cui è forte la storia dei luoghi fisici in cui si svolgono e la distanza fra i candidati e gli elettori è minima, avrebbero visto i partiti minori coalizzati con il PD ottenere dei seggi in pochissimi casi (a Torino, solo la lista dei Moderati e una lista civica hanno superato la soglia del 3% dei voti e a Roma lo ha superato solo una lista civica). I partiti minori coalizzati con il PD, sia a Roma che a Torino, però, hanno contato per un terzo dei voti complessivamente ottenuti dalla coalizione. Di conseguenza, questi voti sarebbero destinati ad arricchire i candidati delle liste dei PD e non sarebbero andati ai partiti minori che li hanno ottenuti. E’ uno scenario in cui non vi sono molte ragioni per giustificare una coalizione.
Siamo sicuri che una volta che questi voti non sono utili per il partito che li ha ottenuti, essi siano destinati a confluire nel partito che ha organizzato la coalizione? L’elettore del partito radicale, che a Roma stava con Giachetti, se il partito radicale non esiste più, diventa un elettore del PD?
Forse no: forse, per le ragioni che si sono dette, rischia di subire l’oscura forza gravitazionale del 5 Stelle.
La stessa forza oscura che, forse, avrebbe operato anche a Milano se il ballottaggio fosse stato con un candidato del 5 Stelle.
Da questa tornata elettorale, non emerge soltanto una sconfitta per il partito democratico.
Emerge anche l’opportunità di cambiare rapidamente la legge elettorale e questo non sembra per nulla facile ma potrebbe essere il modo con cui Renzi riesce a coagulare intorno a sé le diverse anime del centro sinistra con un progetto che sia chiaro e lineare.