PewDiePie al potere: se gli elettori si chiamano follower
PewDiePie al potere grazie a Casaleggio?
La polemica sul parlamento innescata dalle dichiarazioni di Casaleggio non merita di essere liquidata come una battaglia fra i sostenitori e i detrattori della forma di governo parlamentare.
Le dichiarazioni di Casaleggio propongono una nuova forma di democrazia diretta collegata agli strumenti di connessione offerti dalla rete ed è su questo che si deve concentrare.
La democrazia diretta ai tempi della rete può facilmente essere controllata da chi sa usare la rete per ottenere consenso.
PewDiePie, lo youtuber sboccato che commenta i videogiochi e che ha un gran numero di seguaci, sarà il nostro prossimo campione della democrazia? O, visto che siamo in Italia, avremo la Ferragni presidente del Consiglio?
Il meglio che abbiamo
Il Parlamento è il meglio che abbiamo ma non è un granché e, adesso che la polemica sulle dichiarazioni di Davide Casaleggio sulla inevitabile fine del Parlamento si sono quietate, come fondi in una tazza di caffè turco, è possibile ragionare sul significato di queste dichiarazioni e sul valore della istituzione parlamentare nella lunga transizione repubblicana.
Davide Casaleggio ha sostenuto che le istituzioni parlamentari non saranno più necessarie perché fra qualche anno potrebbe essere possibile sostituirle con una democrazia diretta effettivamente capace di dare risposte tempestive alle esigenze politiche.
Le opposizioni sono variamente insorte e hanno dato la colpa al caldo (dalle parti di Forza Italia) o rievocato il discorso di Mussolini detto del Bivacco: Farò di quest’aula sorda e grigia… (dalle parti del PD).
Casaleggio ha dato voce a un sentimento diffuso di critica della istituzione parlamentare perché ai privilegi che vi sono connessi non corrisponde lo svolgimento di una funzione avvertita come effettivamente utile dal corpo sociale.
La rappresentanza politica espressa dal Parlamento è sentita come un altrove dalla società civile che lo elegge e non come la sua proiezione nel circuito di formazione della volontà generale dello Stato.
Questa crisi è evidente e non è nemmeno una novità: l’antiparlamentarismo è stata una costante del periodo statutario e il fascismo rievocato da Ceccanti nella sua pronta replica a Casaleggio è stato il prodotto di quella cultura secondo la lezione di Salvemini.
Difendere un a priori
La difesa del Parlamento non può essere la difesa di un’idea considerata valida a priori, prescindendo dal funzionamento delle istituzioni parlamentari e dalla percezione della loro necessità da parte dei corpi sociali.
Difendere il Parlamento significa discutere del suo ruolo nella formazione della volontà generale dello Stato e dimostrare che questo ruolo viene svolto rispettando la volontà dei cittadini e, soprattutto, come strumento per trasformare la volontà dei cittadini in volontà generale dello Stato.
Non è facile dimostrare l’utilità del Parlamento guardando al suo concreto funzionamento e ai suoi atti quotidiani che sono lontani dalla vita delle persone comuni o che quando vi si avvicinano appaiono scelte avventate, senza una giustificazione evidente delle decisioni che si prendono.
Difendere il Parlamento è cercare nelle cronache parlamentari i casi in cui il dibattito parlamentare è servito per giungere a delle decisioni che altrimenti sarebbero state diverse: il Parlamento europeo è intervenuto sul progetto di direttiva sul copyright rivendicando un proprio ruolo nelle decisioni che riguardano la selezione del materiale pubblicato in rete.
E’ un esempio di come le istituzioni parlamentari possono intervenire sul processo di formazione della volontà generale dello Stato modificando decisioni che altrimenti sarebbero state diverse, ma è anche un esempio che dimostra come sia difficile che un dibattito parlamentare possa produrre dei risultati quando affronta una questione estremamente complessa come il controllo della rete e la censura privata che viene imposta nel momento in cui le piattaforme possono decidere chi pubblicare, ma soprattutto chi promuovere.
Il problema, infatti, non è se le piattaforme debbano controllare il materiale che pubblicano per verificare se lo stesso viola le norme sul diritto di autore, ma in che maniera la rete può diventare un luogo per rendere più forte la libertà di espressione e quindi se la rete può censurare se stessa.
Lo stesso si può dire per la discussione del nostro Parlamento intorno alla ratifica del trattato di libero scambio con il Canada. Si tratta di un accordo internazionale complesso e osteggiato dalle lobby dell’agricoltura.
Ma il Parlamento in sede di autorizzazione alla ratifica è il luogo adatto per discutere del contenuto di un trattato o piuttosto il contenuto di un accordo internazionale deve essere condiviso fra Parlamento e governo durante le trattative che lo precedono, attraverso puntuali informative da parte del ministro degli esteri e del Presidente del Consiglio e altrettanto puntuali mozioni del Parlamento?
Le leggi di autorizzazione alla ratifica sono sostanzialmente dei plebisciti parlamentari in cui il contenuto di un accordo internazionale (in questo caso, formato da una relazione, dalla convenzione internazionale vera e propria e da 15 allegati, per complessive svariate migliaia di pagine) è approvato o no.
Un plebiscito su un accordo internazionale non riguarda il suo contenuto ma piuttosto la posizione di politica internazionale del governo e la discussione sulla politica internazionale del governo, se vuole essere utile, trova la sua sede più consona nella funzione di indirizzo e controllo.
Le streghe sono tornate?
Sono solo due esempi di come è difficile difendere il Parlamento se si esce dagli a priori e si cerca di difendere la diciottesima legislatura, ma sarebbe lo stesso per la diciassettesima e Calamandrei definì la prima legislatura repubblicana come una palude non lontana dal fascismo.
Si può aggiungere la recente battaglia delle costituzionaliste con riferimento alle nomine degli organi di garanzia effettuata dal Parlamento in seduta comune il 19 luglio 2018.
Le costituzionaliste hanno lanciato un appello e una petizione on line per denunciare il fatto che su 21 posizioni da eleggere sono stati eletti 21 uomini e nessuna donna, violando l’art. 51, Cost. sulla parità di genere.
E’ una posizione che ha trovato la pressoché totale adesione dei membri dell’Associazione Italiana Costituzionalisti, con l’eccezione di Adele Anzon che ha coraggiosamente denunciato la petizione come una battaglia di retroguardia.
Non ci si è, invece, interrogati sul sottobosco di queste nomine che sono avvenute con una maggioranza compresa fra 730 e 719 voti, ovvero sono state condivise dalla maggioranza e dalle opposizioni.
Il problema, in questo caso, è se la maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune può essere considerata una garanzia per le minoranze nell’attuale sistema elettorale e quindi nel Parlamento tripolare di cui si è già avuto modo di parlare.
La lunga transizione repubblicana ha bisogno di interventi assai più radicali e urgenti che non la presenza del sesso femminile nel CSM o nei consigli superiori della giustizia amministrativa, tributaria e contabile.
La rete non è la Svizzera
Se è difficile la difesa del Parlamento in concreto, il suo attacco è davvero pericoloso.
La democrazia diretta promossa da Casaleggio può essere un correttivo del sistema parlamentare, soprattutto se, come nel caso del M5S, è uno strumento con cui un partito politico coinvolge l’elettorato e quindi struttura in senso democratico la sua organizzazione.
La democrazia diretta, però, è un gioco pericoloso nel momento in cui si avvicina alla rete e utilizza la società della rete per esprimere la volontà generale della nazione.
Casaleggio sa meglio di ogni altro che la rete è un mondo fuggevole e sfuggente composto di mille sfaccettature ma soprattutto profondamente influenzabile.
Non è difficile leggere di come poche persone siano in grado di creare importanti movimenti di opinione e di influenzare il comportamento anche elettorale di intere nazioni.
La rete degli influencer se incontra la democrazia ci gioca come potrebbe giocare con un profumo o un gadget tecnologico e l’uomo politico designato da questa rete potrebbe fare proprio il fantastico slogan di PewDiePie: “Non essere te stesso, sii una pizza perché tutti amano la pizza”.
Ma è questa la democrazia che vogliamo: PewDiePie al potere?
Attaccare il Parlamento è facile e volgare nello stesso tempo. Difendere il Parlamento come istituzione astratta è altrettanto facile anche se forse meno volgare. Il problema vero è difendere il Parlamento in concreto e solo il Parlamento può difendere se stesso.
Ma nella polemica di Casaleggio il punto non era la difesa del Parlamento.
Il punto erano i pericoli della democrazia diretta al tempo della rete.
La democrazia di PewDiePie, che è decisamente lontana dalla democrazia referendaria degli svizzeri.