Sciarrada (Il patto del Nazareno, l’accordo con il giullare e il voto segreto)
1 – Ieri, il Parlamento in seduta comune ha eletto uno dei due giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare che mancano dal 12 giugno (data della prima adunanza fissata per questo incombente) superando – parzialmente – uno stallo che ha occupato 20 sedute.
Sul piano meramente politico, questo stallo ha evidenziato tutte le difficoltà del Patto del Nazareno e non casualmente è stato superato parzialmente nel momento in cui Berlusconi e Renzi non hanno trovato una intesa sulla riforma elettorale e Renzi ha ritenuto di inviare un chiaro messaggio di forza e autonomia al suo alleato_avversario.
Su questo piano, quindi, le vere questioni riguardano il futuro dell’azione di governo e del principale (?) partito di opposizione: hanno per oggetto il lento declino del patto del Nazareno e l’emergere di un accordo fra la maggioranza di governo e il movimento 5 Stelle di Grillo sorretto dalla ricerca di un metodo condiviso per le scelte che riguardano l’istituzione degli organi di garanzia costituzionale.
Sul piano costituzionale, invece, le vere questioni, per chi scrive, sono diverse e hanno per oggetto il prestigio della Corte costituzionale e il futuro del bicameralismo, ovvero le sorti, ma sarebbe meglio dire l’intelligenza, dell’attuale progetto di riforma costituzionale.
2 – E’ possibile dubitare che i diversi nomi che si sono succeduti nelle indicazioni di voto dei patiscenti del Nazareno fossero dei profili adatti per la Corte costituzionale, anche se per ragioni diverse.
Dapprima, sono stati indicati, salvo se altri, come dicono gli avvocati di campagna, Catricalà e Violante, poi (o prima?) Bruno e Violante, dopo di che Caramazza e Violante.
Infine, la candidatura di Violante è definitivamente saltata: si è vociferato della Sandulli, di Massimo Luciani e si è addivenuti alla candidatura della Sciarra.
Molte cose si possono dire dei diversi candidati.
Catricalà è un uomo di governo nel senso più alto del termine. Appartiene all’elite dell’amministrazione dello Stato e, indipendentemente dal suo essere stato sia Presidente di Sezione del Consiglio di Stato che presidente dell’Antitrust, spicca il suo curriculum di Capo di gabinetto di vari ministeri, tanto di centro destra che di centro sinistra, e di segretario della Presidenza del Consiglio con Letta e con Monti. In questo suo essere magistrato amministrativo e uomo di governo, Catricalà incarna lo spirito dell’alta amministrazione, uno spirito in cui l’osservanza del principio di legalità nell’amministrazione è permeata di sensibilità all’indirizzo politico di maggioranza.
Si potrebbe forse osservare che la Corte costituzionale non ha bisogno di tecnici della cui preparazione non è lecito dubitare ma dei quali ci si può sempre chiedere quali interessi stiano servendo, certi che questi interessi sono quelli più avvinti al cuore del potere politico, quel cuore che non cambia da destra a sinistra.
Violante è un uomo di partito, un magistrato, un tecnico del diritto attento alle dinamiche costituzionali, ma soprattutto il parlamentare che da sinistra ha più cercato di modificare la Costituzione.
Sotto entrambi gli aspetti, si può dire che la Corte costituzionale non abbia bisogno né di chi è vissuto a lungo nelle stanze più segrete del potere né di chi è portatore di una precisa visione di come la Costituzione deve essere vissuta e cambiata.
Più o meno le stesse cose si potrebbero dire di Caramazza, subito rinominato in termini non proprio eleganti dalla parte più vocale della politica nazionale, già avvocato generale dello Stato, mentre il curriculum di Bruno sembrava fatto apposta per provocare: avvocato, molto vicino a Berlusconi, Previti e Letta, già Presidente della Commissione di Inchiesta sul G8 di Genova, della Giunta delle elezioni e della Giunta del regolamento della Camera, più o meno chiacchierato come possibile giudice costituzionale sin dal 2008, insomma: un profilo che non può essere considerato buono per tutte le stagioni.
Non sono osservazioni distanti da quanto si è già detto a margine della nomina di Amato da parte del Capo dello Stato (http://jusbox.net/blog/2013/09/13/lacrobata-costituzionale-di-re-giorgio/) e si potrebbe dire che in questo caso il principio del voto segreto in collegamento con il libero mandato parlamentare non abbia funzionato male.
La libertà dei parlamentari dalle indicazioni dei gruppi, dalla frusta della Boschi e di Verdini, ha fatto sì che delle persone forse non del tutto perfette per il ruolo cui erano state designate dai giochi della politica non venissero elette.
3 – Quello che è accaduto circa la elezione dei giudici costituzionali spinge, però, a interrogarsi sulla effettiva utilità e opportunità della riforma costituzionale, di cui si parla sempre meno, sostituita da altre urgenze nell’agenda politica e sepolta dal confronto sulla legge elettorale, come se la Costituzione fosse una derivata del meccanismo di trasformazione dei voti in seggi e non il contrario (la sottolineatura è di Ainis, in uno dei suoi fondi sul Corriere della Sera).
Quanto è accaduto consente di non considerare il bicameralismo come il problema del paese.
Il problema è il sistema della rappresentanza. Difatti, il parlamento in seduta comune assomiglia molto alla camera unica di un sistema bicamerale e, nel nostro sistema rappresentativo, anche il parlamento in seduta comune non riesce a lavorare con efficacia.
In secondo luogo, forse, ci si deve interrogare sul futuro del libero mandato parlamentare. In teoria, l’art. 67, Cost. dovrebbe restare inalterato sia con riferimento alla Camera che al Senato. Nello stesso tempo, il progetto di riforma affida tre giudici costituzionali alla Camera e due al Senato. Tuttavia, se i deputati possono essere considerati rappresentanti della nazione, perché collegati al corpo elettorale dal voto, i senatori sono emanazione di altri soggetti e nel loro caso il significato della rappresentanza si allunga, si modifica nel senso di una delega vicina al suono del mandato civilistico. In questa logica, i giudici eletti dalla Camera sarebbero il risultato di un voto segreto e quindi dell’esercizio della sovranità, mentre i giudici eletti dal Senato finirebbero per essere collegati al sistema delle autonomie di cui svolgerebbero naturalmente le funzioni di avvocati. E’ questo, probabilmente, il futuro della Corte costituzionale se la riforma costituzionale non sarà modificata.
4 – Tutto questo si poteva dire già a giugno e a settembre, quando lo stallo era nel pieno del suo furore e i voti su Violante erano accompagnati dai lazzi su Caramazza.
Oggi, il genio fiorentino che cavalca la presidenza del Consiglio come un signore rinascimentale, però, ha compiuto un’operazione diversa, indicando chiaramente gli estremi delle candidature per la Corte costituzionale e ottenendo un voto esplicito da parte del movimento 5 Stelle.
La novità è di metodo, un metodo palese e un accordo palese che riguarda il merito dei futuri giudici costituzionali e il loro profilo.
Ci si deve chiedere allora se non sia divenuto opportuno allentare la forza del voto segreto nella elezione dei giudici costituzionali e del Capo dello Stato.
Sono tempi difficili, questi nei quali i parlamentari sono privi della legittimazione che dovrebbe derivare dalla legislazione elettorale e che comunque chiedono al Parlamento un esercizio di chiara responsabilità.
In questo esercizio, ci si deve davvero chiedere se il voto segreto che ha consentito al libero mandato parlamentare di non votare profili che forse potevano non essere considerati adatti per la Consulta possa essere considerato ragionevole.
Non vi sono, in realtà, sul piano costituzionali motivi che impediscano una modifica dell’art. 3, legge cost. 2/1967 o dell’art. 83, terzo comma, Cost., i quali non costituiscono principi essenziali della forma repubblicana e, forse, sarebbe molto ragionevole un sistema di elezione del Capo dello Stato e dei giudici costituzionali in cui le forze politiche giungono a un accordo palese e questo accordo palese è palesemente onorato o disatteso dai loro rappresentanti in Parlamento.
In altre parole, l’inarrestabile declino del voto segreto principiato con il marchingegno Craxi, forse, meriterebbe di essere esteso anche a queste delicatissime elezioni.
Anche se questa decisione è una decisione chiaramente politica e non ha nulla di doveroso sul piano dei principi e del diritto costituzionale.