Il pallone di Renzi non è rotondo
1 – Oggi, Antognoni compie sessant’anni.
E’ stato un grande calciatore e, soprattutto, non credo di avere mai visto una sua intervista in cui non rispondesse che in fondo il pallone è rotondo, sicché le cose possono andare così, ma anche cosà.
Il pallone di Renzi, invece, non sembra rotondo e Renzi assomiglia in un certo senso a quei bambini che giocano in piazza, magari non meglio di altri, ma che sono proprietari del pallone, sicché se qualche altro bimbo non vuole accettare le loro regole sono pronti a riprendere il pallone e tornare a casa.
2 – La riforma del Senato, ma anche delle autonomie regionali e persino del CNEL, che onestamente non ricordavo neppure esistesse, infatti viene portata avanti con un diktat che non suona in maniera molto diversa.
O si accetta che il Senato della Repubblica scompaia e si trasformi in un Senato delle autonomie, in cui vi sarebbero quattro paletti: niente fiducia, nessuna partecipazione alla manovra finanziaria, nessuna elezione diretta, nessuna forma di indennità, o Renzi lascia la partita.
Sono condizioni forti e su ciascuna di esse si potrebbe discutere a lungo.
Soprattutto, si potrebbe discutere se la riforma del bicameralismo debba essere considerata come un ridimensionamento della camera alta o non come un’occasione per rivitalizzare il titolo quinto della Costituzione.
Se si pensasse a una rivitalizzazione del titolo quinto probabilmente si dovrebbero ipotizzare soluzioni un po’ più articolate, ma probabilmente i problemi sul tappeto sono diversi.
3 – La prima questione però è di carattere comunicativo. La riforma del Senato non serve a molto dal punto di vista sia della crisi della democrazia che della crisi economica e finanziaria.
Serve a molto sul piano della comunicazione.
Serve a dire che la politica è capace di cure dimagranti, anche se questa cura significa poco sul piano dei conti pubblici.
Qui la riforma del Senato è una risposta agli scandali dei rimborsi per il caviale e per gli assorbenti che stanno travolgendo i consigli regionali ed è una risposta forte.
Un risposta forte e brillante.
4 – La seconda questione è di carattere costituzionale.
Napolitano ha avviato una stagione di riforme costituzionali guidate dal governo, lo ha fatto per ragioni tattiche, per allontanare l’attenzione del paese dal governo e dalla crisi generata dagli ultimi risultati elettorali.
In ogni caso, ha aperto un vaso di pandora, perché la Costituzione è divenuta il terreno di lotta all’insegna dell’indirizzo politico di maggioranza e non il terreno in cui si cercano i confini all’interno dei quali si può svolgere la battaglia politica.
E’ un terreno molto congeniale a Renzi, che gli consente di far diventare il terreno costituzionale come il luogo di uno scontro politico all’ultimo sangue, che gli consente di dettare il contenuto di una riforma della Costituzione nello stesso modo in cui si detta una questione di fiducia: o il Parlamento approva questa proposta o il governo si dimette e si va allo scioglimento anticipato delle Camere.
La crisi della Costituzione vede in questo modo sorgere una sorta di dittatura commissariale il cui scopo è il superamento di questa crisi attraverso una proposta prima di tutto diretta all’opinione pubblica, una proposta in cui il contenuto politico non è tanto il disegno costituzionale complessivo che la sorregge ma un plebiscito su chi la sta formulando, in cui la giustificazione non è formata soltanto da dei valori ma dalla voce che li esprime.
Si ha un metodo costituzionale, che forse non può essere condiviso, ma che si giustifica per l’assenza di alternative ed è un’assenza di alternative che consente l’emergere di una voce commissariale nel campo delle riforme alla Costituzione.
Su questo si può discutere a lungo, ma la crisi del sistema rappresentativo è indubbia e quando Renzi grida di essersi annoiato di certi professori interpreta in termini non irragionevoli una parte significativa del sistema, che forse si è stufata di sentire sempre parlare della Costituzione, del suo contenuto, dei suoi valori e di vederla interpretata dall’attuale classe politica con i suoi piccoli scandali quotidiani.
Purtroppo ci si deve dare atto che la nostra Costituzione ha perso credibilità e che Renzi sa interpretare perfettamente la crisi del sistema politico in chiave commissariale.
Ma non ci si deve dimenticare che può essere pericoloso.
Soprattutto in un contesto in cui le alternative elettorali sono precluse da uno stallo che sembra destinato a protrarsi ancora a lungo.
5 – La terza questione è storica e sociale nello stesso tempo.
Dietro al bicameralismo perfetto della Costituzione, molto diverso da quello che si è affermato dapprima con la legislazione elettorale del 1948 e successivamente per effetto della legge cost. n. 2/1963 vi era una forte esigenza di garanzia.
Due Camere, dalla diversa composizione e dalla diversa durata, parificate solo nelle attribuzioni, servivano ad impedire che una maggioranza politica potesse approfittare della propria solitudine e della mancanza di alternative.
E’ la visione di un paese appena uscito dal fascismo, non è la visione di un paese maturo in cui la maggioranza può essere lasciata tranquillamente sola, perché la società civile è in grado di correggerne eventuali tentazioni autoritarie.
Renzi ci sta dicendo che il nostro è un paese maturo, un paese nel quale una maggioranza non sarà mai troppo arrogante, non impedirà mai alle minoranze di oggi di conquistare il potere domani.
Forse è vero.
Forse.
Perché la vera domanda è se il nostro paese è un paese maturo perché ha bisogno di una revisione della Costituzione in forma commissariale?