Il giorno dopo la marcia su Roma (a proposito di voto segreto e di voto palese in punto di convalida di una elezione)
1 – La materia è incandescente sul piano politico, ma anche molto delicata dal punto di vista costituzionale.
Si tratta di decidere se il voto sulla relazione della Giunta delle elezioni e della autorizzazioni a procedere del Senato debba essere espresso a scrutinio palese o segreto.
In generale, la segretezza e la libertà del voto costituiscono una endiadi, perché un voto può essere davvero libero solo se è insuscettibile di qualsiasi condizionamento e questo avviene grazia alla sua segretezza.
Di conseguenza, per lungo tempo, il voto segreto è stato la regola anche nelle assemblee parlamentari, dove tipicamente le crisi extraparlamentari erano generate, vigente la prima repubblica, dalla doppia tecnicalità del voto finale a scrutinio segreto sui disegni di legge e sul fatto che su tale voto non potesse essere posta la questione di fiducia, di talché non era infrequente che su un disegno di legge accompagnato da una mozione di fiducia quanto alla votazione articolo per articolo, mancasse l’approvazione finale.
La regola del voto segreto era collegata dalla dottrina più tradizionale al principio del libero mandato parlamentare ed è venuta progressivamente meno, fino a poter dire oggi che una delle caratteristiche del mandato parlamentare è la rinuncia alla segretezza come presidio della libertà di voto: il parlamentare è libero di esprimere il mandato che riceve dagli elettori, ma non di sottrarsi ad un rendiconto del proprio operato rendendo palesi le votazioni che esprime.
Il voto resta segreto nei casi di cui all’art. 135, Reg. S.: Sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni comunque riguardanti persone e le elezioni mediante schede e di cui all’art. 49, Reg. C.: Sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni riguardanti le persone, nonché, quando ne venga fatta richiesta ai sensi dell’articolo 51, quelle che incidono sui principi e sui diritti di libertà di cui agli articoli 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione, sui diritti della famiglia di cui agli articoli 29, 30 e 31, comma secondo, e sui diritti della persona umana di cui all’articolo 32, comma secondo, della Costituzione. Sono altresí effettuate a scrutinio segreto, sempre che ne venga fatta richiesta, le votazioni sulle modifiche al Regolamento, sull’istituzione di Commissioni parlamentari di inchiesta, sulle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Corte costituzionale) e agli organi delle regioni, nonché sulle leggi elettorali.
Si può quindi ragionevolmente sostenere che il sistema regolamentare si sia evoluto nel senso di caratterizzare il mandato parlamentare come l’esercizio di un’attività di collegamento fra la società e le decisioni di competenza del Parlamento che deve essere svolto palesemente, in cui l’etica della rappresentanza si esercita attraverso la consapevole rinuncia alla segreta libertà del voto e quindi per mezzo dell’adesione ad una etica della responsabilità politica.
2 – Le questioni di diritto parlamentare, però, sono sempre anche affari in cui la sostanza giuridicamente e materialmente costituzionale dei problemi deve essere temprata con la natura dei conflitti politici in gioco.
Nel caso del voto sulla relazione della Giunta delle elezioni e delle autorizzazioni a procedere del Senato, il conflitto politico è estremamente forte e anche particolarmente ambiguo.
Per un verso, si dice che la posizione del movimento 5 stelle a favore del voto palese sarebbe la precostituzione di un alibi contro un voto segreto in cui gli aderenti a questo gruppo parlamentare voterebbero contro la decadenza di Berlusconi determinando una situazione molto simile al 29 aprile 1993. In altre parole, il movimento 5 stelle avrebbe messo in piedi una battaglia per il voto palese, sapendo che questa battaglia sarà quasi sicuramente persa. In questo modo, potrebbe dichiarare apertamente il voto per la decadenza di Berlusconi, ma segretamente votare contro la decadenza, innescando una crisi nelle fila del partito democratico, che ha appena visto il voto segreto portare alla luce 101 franchi tiratori quando si è trattato di seguire l’indicazione di voto a favore di Prodi per la Presidenza della Repubblica.
Dall’altra parte, il voto segreto potrebbe essere il modo con cui gli innovatori di Alfano potrebbero liberarsi definitivamente di un leader ormai scomodo, replicando la situazione del 2 ottobre, quando hanno costretto Berlusconi a votare la fiducia al Governo Letta.
In ogni caso, o, forse meglio: anche in questo caso, il voto segreto determina una soluzione di continuità fra l’etica della rappresentanza e l’etica della responsabilità.
Nella prima ipotesi, perché sarebbe evidente l’intento di strumentalizzare un voto anche a costo di tradire le aspettative dei propri elettori.
Nella seconda ipotesi, perché servirebbe a coprire un parricidio, con uno stile molto democristiano, in cui la caduta del dio era sempre cercata come il risultato di una nemesi provocata dal dio stesso, come sarebbe nel caso in cui proprio la lotta di Berlusconi per il voto segreto, per il mantenimento di una prassi finora indiscussa, servisse a determinarne la definitiva sconfitta.
3 – Sono molti gli argomenti a favore del voto segreto.
Il primo è la prassi e pare l’argomento principale seguito da Grasso che nella seduta della Giunta per il regolamento del 15 ottobre ha richiamato l’opportunità di seguire i precedenti, affidando ai senatori Russo e Bernini a istruire la questione (sarà discussa il 29 ottobre) attraverso una disamina della prassi seguita fino a questo momento.
La prassi nel diritto parlamentare ha un rilievo del tutto particolare, perché consente alla rappresentanza di diventare prevedibile, attraverso una interpretazione costante delle regole che ne condizionano l’espressione.
In questo caso, però, vi è una indubbia novità del problema su cui il Senato è chiamato a esprimersi: non si tratta della convalida di una votazione ovvero del giudizio circa l’ineleggibilità, ma di una contestazione per incandidabilità sopravvenuta, ovvero di decidere su di una fattispecie in cui è pacifico che l’eletto fosse candidabile nel momento in cui è stato eletto, ma è divenuto successivamente incandidabile.
Quindi, al di là di ogni discussione sulla correttezza costituzionale della disciplina applicata dalla Giunta delle elezioni e delle autorizzazioni a procedere, si può ragionevolmente sostenere che non vi possa essere una prassi sul punto, perché l’affare non è mai stato discusso.
Il secondo è l’espressione comunque che caratterizza l’art. 113, Reg. S. rispetto all’art. 48, Reg. C. Si dice che al Senato la rappresentanza sarebbe molto più individualizzante nel rapporto fra eletto e collegio di provenienza, sicché dovrebbe essere massima la libertà di voto ogni volta che si discuta di un eletto, perché la mancata convalida andrebbe a elidere questo rapporto.
Tuttavia l’attuale legislazione elettorale non sembra offrire molti argomenti a sostegno di questa tesi: l’eletto è il risultato del voto a favore di un candidato collocato dal proprio comitato elettorale in una posizione utile della lista e questo è molto diverso dal modello costituzionale discusso in Costituente che non era distonico rispetto a un sistema majority per il Senato, riservando il metodo proporzionale alla Camera.
Nello stesso tempo, sul piano storico, l’evoluzione del voto palese si è verificata in termini omogenei in entrambe le Camere e sulla spinta degli stessi eventi.
Il terzo è il collegamento fra il voto segreto in materia di convalida delle elezioni contestate e l’art. 67, Cost. sul libero mandato parlamentare, ma è un argomento che nasconde un salto logico: il voto segreto è il massimo presidio dell’arbitrio parlamentare mentre il rispetto del principio mandato parlamentare esigerebbe che tutti i parlamentari si esprimano palesemente sulla convalida dei loro colleghi, perché in questo caso non esercitano semplicemente il proprio mandato parlamentare ma, soprattutto, condizionano l’esercizio del mandato parlamentare da parte del loro collega la cui elezione è contestata.
4 – Nessun argomento a favore del voto segreto può quindi dirsi effettivamente tale da superare delle obiezioni piuttosto serie e lo stesso può essere predicato sugli argomenti a favore del voto palese.
Però, a favore del voto palese, milita un argomento di carattere storico: il mutamento della giurisprudenza parlamentare in punto di insindacabilità che, nel 1993, determinò la scomparsa della c.d. insindacabilità indiretta.
Si disse allora che il voto con cui l’assemblea definisce un determinato atto compiuto da un parlamentare come espressione del suo mandato deve essere un voto palese perché non è un voto che riguarda la persona, è un voto che riguarda l’istituzione, perché definisce il corretto modo di esprimersi del mandato parlamentare e quindi l’ambito di applicazione del collegamento fra società e politica che giustifica la costruzione dell’art. 68, primo comma, Cost. come diritto in attesa di espansione, per effetto della deliberazione assembleare di insindacabilità, piuttosto che come scriminante secca, la quale sarebbe in contrasto logico con la ripartizione delle attribuzioni costituzionali determinata da Corte cost. 1150/1988, perché postulerebbe una competenza dell’autorità giudiziaria piuttosto che dell’assemblea di appartenenza nella elaborazione della volontà concreta di legge determinata dall’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost. al caso della vita in discussione.
Sembra questo il punto di riferimento più pertinente per la prassi parlamentare che gli onorevoli Russo e Bernini devono andare a ricercare.
Definire le modalità di applicazione delle norme in materia di incandidabilità, infatti, significa definire un preciso modello di rappresentanza, basato sul decoro che alla istituzione Parlamento deriva dalla onorabilità dei suoi membri e questo non è un problema che riguarda una singola persona, un singolo caso della vita.
E’ un problema che riguarda la rispettabilità del Parlamento e che, forse, non merita di essere lasciato nelle mani del segreto arbitrio di uno scrutinio che potrebbe dipendere da quelle ragioni (molto contingenti e di minimo respiro) che si sono ricordate e che hanno un suono tutto particolare se si tengono a mente le ricorrenze storiche.