L’incostituzionalità eclatante: premio di maggioranza (alla Camera) e Val d’Aosta.
L’art. 48 Cost. recita: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Sull’eguaglianza del voto sono stati scritti fiumi d’inchiostro. Si distingue in particolare tra eguaglianza in entrata (cioè medesimo valore al momento del voto) ed eguaglianza in uscita (medesimo valore al momento della trasformazione dei voti in seggi). Sotto questo secondo profilo si valutano diversamente i sistemi elettorali proporzionali e maggioritari proprio perché i primi, tendenzialmente, assicurano meglio l’uguaglianza in uscita. Si ritiene comunque che l’eguaglianza in uscita possa essere più o meno compressa per cercare di salvaguardare un altro valore costituzionale, ossia la governabilità.
Sul primo aspetto però non vi è alcun dubbio: in entrata l’eguaglianza deve essere rispettata. E, per taluni cittadini italiani, cioè quelli residenti in Valle d’Aosta e che fanno parte del Corpo elettorale, il c.d. Porcellum (l. n. 270/2005) vìola in maniera clamorosa l’art. 48 nella parte in cui stabilisce che il voto ha da essere eguale, dal momento che i voti dei valdostani per l’elezione della Camera dei deputati non si computano per l’assegnazione del Premio di maggioranza. Per la III volta si andrà dunque a votare con almeno questa patente incostituzionalità non sanata.
Questo problema deriva dal fatto che in Val d’Aosta il seggio viene assegnato in un collegio uninominale maggioritario. Calderoli o chi per lui, evidentemente, si dimenticò (per ignoranza o per dolo non ci è dato sapere) di scrivere una disposizione normativa che consentisse ai concorrenti in quel collegio di apparentarsi con le forze politiche presenti in tutte le altre circoscrizioni elettorali in cui si concorre con metodo proporzionale e di far così confluire i voti dei valdostani nel computo totale per l’assegnazione del premio di maggioranza. Non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di chissà quale sforzo di fantasia, dal momento che nella c.d. Legge Truffa (l. n. 148/1953) era contenuta la disposizione da ricopiare, magari adattandola alle necessità del Porcellum: “Per la elezione uninominale nel Collegio “Valle d’Aosta” rimangono in vigore le norme previste nel titolo VI del testo unico predetto, salvo quelle che riguardano il ballottaggio. Ai fini della determinazione della maggioranza prevista dal quarto comma del punto II della presente legge, nonché della cifra elettorale dei gruppi, si tiene conto esclusivamente dei voti riportati dai candidati nella prima votazione”.
Si potrebbe sostenere, a tal proposito, la legittimità di un decreto-legge anche pochi giorni prima delle elezioni, allo scopo di sanare questa patente incostituzionalità. Se è vero, come sostenuto di recente da Bin nella polemica con Pizzetti, che utilizzare il decreto legge in questa materia, perdipiù in prossimità delle elezioni, per modificare aspetti del sistema elettorale alla luce dei sondaggi più “freschi” assomiglierebbe molto a un vulnus assimilabile a un colpo di Stato, visto che si agirebbe per modificare il riparto dei voti in seggi in maniera interessata senza quel minimo di “velo di ignoranza” necessario per avere una riforma del sistema, se non neutrale, quanto meno non partigiana, è altrettanto vero che in questo caso si agirebbe per un fine ben diverso, la rimozione di una patente incostituzionalità che discrimina una parte, non ci interessa quanto numerosa, del Corpo elettorale dal punto di vista dell’eguaglianza del voto in entrata.