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la Costituzione ride, ma è una cosa seria close

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Archive for month: Settembre, 2010

Un palazzo avvelenato

in News / by Gian Luca Conti
28/09/2010

Corte costituzionaleIl Corriere della Sera di oggi tace una notizia importante.
Non si parla di Lele Mora e Fabrizio Corona e della loro relazione intima.
Di quella  parla eccome.
Non poteva uscire con un buco del genere.
Si parla della Corte costituzionale a margine del convegno milanese sull'autonomia e l'indipendenza della magistratura.
Si parla degli inquinamenti generati dalla cd. P3 sul funzionamento del tetto della nostra democrazia.
I fatti sono semplici.
Due giudici della Corte costituzionale hanno partecipato ad una cena assai politica prima di pronunziarsi sulla legittimità costituzionale o meno della legge che concede l'immunità al capo del governo.
Non è stato elegante.
Oggi pare che la Corte costituzionale si sia spaccata sulla possibilità di revocare questi giudici costituzionali.
Non è mai accaduto dal 1956 ad oggi che un giudice della Corte costituzionale sia stato rimosso dal suo incarico.
Può avvenire solo con una decisione della stessa Corte costituzionale "per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze nell'esercizio delle loro funzioni" (art. 3, primo comma, legge cost. 1 del 1948).
Questa decisione deve essere presa a maggioranza dei due terzi dei giudici presenti all'adunanza (art. 7, legge cost. 1 del 1953).
Ma la Corte costituzionale non è stata convocata per giudicare se Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano avessero commesso una grave mancanza nell'esercizio delle loro funzioni cenando con Alfano, Letta e Vizzini nell'imminenza della camera di consiglio sul lodo Alfano.
Non è stata convocata perché mancava la maggioranza per deliberare la loro rimozione ed una camera di consiglio da cui questi giudici fossero usciti confermati avrebbe rafforzato assai la loro posizione all'interno del collegio, che invece era indebolita dallo scandalo che li ha travolti.
Forse, però, la maggioranza non mancava.
I giudici della Corte costituzionale sono 15. Sei hanno votato a favore del Lodo Alfano. E' lecito immaginare che siano gli stessi che avrebbero votato contro la rimozione di Napolitano e Mazzella. Di conseguenza, la maggioranza dei due terzi mancava solo se Napolitano e Mazzella potevano partecipare alla camera di consiglio chiamata a giudicare su di loro e di questo è possibile dubitare. Senza loro due, la fronda interna alla Corte avrebbe contato 4 membri che sono meno di un terzo di un collegio composto da 13 membri.
Il vero problema è chi deve decidere quali giudici della Corte costituzionale vengono convocati in camera di consiglio e come si contano i voti espressi.
E' il Presidente della Corte.
Che però non ha avuto la forza necessaria per affermare l'indipendenza dell'organo da lui presieduto.

Lo dico / Non lo dico / Lo dico (Il presidente Aic Sindaco di Milano?)

in News / by Gian Luca Conti
17/09/2010

OnidaValerio Onida è un costituzionalista di vaglia.
Ha anche il dono di essere una persona simpatica.
E' stato un avvocato molto brillante, un avvocato da clienti importanti.
E' stato giudice della Corte costituzionale, dove ha fedelmente incarnato la Costituzione come relatore di alcuni importanti arrét in punto di immunità parlamentari, rapporto fra Costituzione e ordinamento comunitario, etc.
E' il presidente della Associazione Italiana Costituzionalisti.
Eletto nell'ultima assemblea, con una maggioranza abbastanza importante.
Adesso si candida alle primarie del centro sinistra per partecipare alle elezioni del sindaco di Milano.
Sono elezioni importanti e politicamente molto delicate.
Forse la sua candidatura non è opportuna.
Non è opportuno che un giudice della Corte costituzionale terminato il mandato partecipi attivamente alla vita politica del paese. E' come confessare una appartenenza politica che non può non avere influenzato l'interpretazione della Costituzione che come giudice ha portato avanti.
Nemmeno è opportuno che l'Aic sia coinvolta in una competizione elettorale: l'associazione comprende costituzionalisti di diverso orientamento politico e non può diventare l'associazione dei costituzionalisti di sinistra, perché la Costituzione non deve apparire di sinistra e, forse, non lo è neppure particolarmente.
Però fa riflettere.
L'idea di Onida è che la Costituzione abbia un'anima politica, che le norme costituzionali debbano parlare il linguaggio della politica ed inverare una precisa visione della società civile.
In questa visione ideologica, la scelta di partecipare ad una competizione elettorale può essere compresa perché si partecipa con una precisa visione "costituzionale" della politica.
Ma è una visione che non merita affatto di essere condivisa.
La Costituzione serve a costruire una casa comune e nel momento la si coinvolge in un gioco politico, la si estrania dalla casa comune che dovrebbe costruire, non è più una finestra attraverso cui inquadrare i conflitti politici ma una parte del conflitto politico.
Una Costituzione di questo genere è inevitabilmente una Costituzione a metà.

Tifosi della Lazio in Curva Sud

in News / by Gian Luca Conti
16/09/2010

tricolore cisalpinoDue/tre patrioti hanno sventolato la bandiera della Repubblica Italiana durante un raduno della Lega Nord e sono stati allontanati dalla polizia di Stato.
Si grida allo scandalo.
Vi sarebbe un sacro diritto alla bandiera e non si potrebbe sopportare che la polizia incaricata di salvaguardare l'insieme dei valori che la bandiera della Repubblica Italiana simboleggia non intervenga a garanzia di chi la agita.
Insomma, l'intervento della polizia a favore della Lega Nord e contro gli agitatori patriottici non sarebbe molto distante dal ruolo della Guardia di Finanza nel cannoneggiamento libico del peschereccio italiano di qualche giorno fa.
Fin qui, De Amicis.
Ma forse se ne può fare anche a meno.
Il valore costituzionale della bandiera è poco più che un omaggio alla tradizione, un segno di continuità con il passato, un intendersi legati sia alla decisione dei Savoia di usare il tricolore anziché la coccarda azzurra come bandiera dell'esercito durante le guerre di indipendenza, sia all'uso di questo simbolo da parte degli ambienti mazziniani durante il Risorgimento.
A volere osare di più, si potrebbe ricordare che la consegna del tricolore alla Repubblica Cisalpina avvenne ad opera di Napoleone ed aveva un intento chiaramente giacobino e rivoluzionario, sicché la costituzionalizzazione di questo simbolo vale anche ad indicare le nostre radici comunarde ed insurrezionaliste, molto più vicine alla Francia della Rivoluzione che a qualsiasi altro paese europeo.
Ma forse anche di questo si può fare a meno.
La verità è che se uno si mette ad agitare la bandiera italiana durante un raduno leghista mette a repentaglio la propria incolumità e quella di chi lo circonda, sicché la polizia fa bene ad intervenire.
Esattamente nella stessa maniera in cui dovrebbe intervenire se un citrullo si mettesse ad agitare la bandiera della Lazio in mezzo ai tifosi della Roma, in stile Bondi o De Sica in un qualche Vacanze di Natale di anni fa.

A casa

in News / by Gian Luca Conti
08/09/2010

fini_berlusconiSilvio Berlusconi, come Presidente del Consiglio, e Umberto Bossi, come lìder maximo della Lega, sembra fossero intenzionati a chiedere al Presidente della Repubblica di revocare il Presidente della Camera dei Deputati.
Dal punto di vista della Costituzione, è un gesto che merita qualche osservazione.
In ordine sparso e confuso, perché il gesto di ordinato e chiaro non ha proprio nulla.
Primo, il Presidente della Camera non può essere revocato dalla maggioranza che lo ha eletto: il punto è chiaro nelle prassi parlamentari più recenti, dove è accaduto che due presidenti di Commissione (De Gregorio presidente della Commissione Difesa nella sedicesima legislatura e Villari presidente della commissione bicamerale di vigilanza nella diciassettesima legislatura) abbiano fatto vittoriosamente opposizione alla richiesta di dimissioni avanzata dalla maggioranza che li aveva eletti.
Secondo, il Presidente della Camera non può essere revocato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, perché il Parlamento esercita un potere di indirizzo e controllo sul governo e non è ipotizzabile che colui che è soggetto alla fiducia interferisca sull'organo dal quale dipende e da cui trae la propria legittimazione.
Terzo, il Presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti che compie nell'esercizio del suo mandato e che devono essere controfirmati dal ministro competente, sicché il Presidente del Consiglio se vuole che Napolitano revochi Fini deve sottoporre alla firma di Napolitano un decreto di questo contenuto e del quale si deve assumere la responsabilità.
Ma il punto non è questo.
Non è ipotizzabile che Berlusconi e Bossi non si rendano conto della assurdità della loro richiesta, che non a caso hanno diffuso presso l'opinione pubblica ma che non hanno portato al Capo dello Stato.
Se ne rendono conto perfettamente perché sanno tutto quello che devono sapere.
Il punto è che la sfiducia del Presidente della Camera è possibile, con un po' di fantasia costituzionale.
E' possibile perché l'art. 23, reg. Camera prevede che la programmazione dei lavori sia approvata in conferenza dei capigruppo con una maggioranza che conti non meno dei tre quarti dei componenti la Camera, dal che si può sostenere che la conferenza dei capigruppo per essere validamente costituita deve vedere la partecipazione di tanti capigruppo quanti rappresentano i tre quarti dei componenti la Camera.
Se non è stato possibile approvare la programmazione dei lavori, è il Presidente della Camera che la fissa, con una autonomia pressoché sovrana.
Ma se non è stato possibile neppure discutere la programmazione dei lavori, il Presidente della Camera è costretto (art. 26, primo comma, reg. Camera) a fissare l'ordine del giorno in chiusura di seduta per le due sedute successive ed accettare che sull'ordine del giorno si discuta e si voti per alzata di mano.
In altre parole, in assenza della conferenza dei capigruppo, la Camera può decidere del proprio ordine del giorno a maggioranza dei votanti e dare così al Governo il dominio dei lavori parlamentari esautorando completamente il suo Presidente.
Perché Berlusconi e Bossi non seguono questa strada e preferiscono lanciarsi in appelli fantacostituzionali?
Perché non hanno più una maggioranza e, in questo modo, lo confessano.
Burlando se stessi.

L’ammorbidente infeltrito

in News / by Gian Luca Conti
02/09/2010

NapolitanoIl mese di agosto è stato un mese strano per i costituzionalisti.
Un mese di coscienze candide.
Perché si deve avere una coscienza candida per sostenere che l'indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale è irrilevante.
La polemica è quella sul potere di scioglimento delle Camere, ed è una polemica interessante perché forse la Costituzione non chiarisce affatto se questo potere debba essere inteso come un potere presidenziale ovvero come un potere condiviso con il Presidente del Consiglio dei Ministri.
E' una discussione che ha bisogno di un minimo di onestà intellettuale.
Oggi, non vi è dubbio che il sistema elettorale si basa su coalizioni che indicano il nome del candidato alla carica di premier e che il parlamento sia eletto in virtù di liste bloccate.
Il primo fatto fa sì che il Capo dello Stato sia vincolato dal risultato elettorale nella nomina del premier e che il premier sia dotato di un plusvalore di legittimazione democratica che il sistema precedente non conosceva e neppure era in grado di esprimere.
Il secondo svuota il parlamento di un rapporto diretto con il corpo elettorale perché l'indicazione di voto è incanalata sui candidati scelti dalle segreterie di partito.
Ovvero da parte degli stessi soggetti ai cui accordi è consegnata la scelta del candidato premier.
Tutto questo allontana il governo dal parlamento e lo avvicina al corpo elettorale.
Sicché nel caso di governo uscito dalle urne può parlarsi di Governo del Premier ed il Presidente del Consiglio va ad assomigliare molto a un primo ministro o a un segretario di Stato.
Nel caso di crisi di governo, parlamentari o extraparlamentari, il Presidente della Repubblica ha la facoltà di sciogliere le camere se ritiene che non vi sia spazio per un nuovo governo.
Questo nuovo governo non ha sicuramente la stessa legittimazione del precedente, perché sostituisce chi è stato proclamato premier dalle urne con un soggetto che gode la fiducia di un parlamento il cui rapporto con il corpo elettorale è depotenziato.
Queste sono le coordinate politiche del problema ed un costituzionalista deve essere uno scienziato della politica.
In queste coordinate, dire che il Presidente della Repubblica è titolare del potere di scioglimento delle camere, siginifica affermare che il Capo dello Stato è sostanzialmente arbitro della scelta fra una forma di governo in cui il premier è eletto dal popolo e che si potrebbe chiamare, con una certa imprecisione, Governo del premier ed una forma di governo in cui il premier gode della fiducia del parlamento, e che è una forma di governo parlamentare classica, ma che, nel nostro sistema, è anche debole e si potrebbe chiamare Governo della non sfiducia.
Ovvero significa porre una questione molto grave: la Costituzione nella parte in cui disegna la forma di governo può essere considerata flessibile ed è talmente flessibile da mettere nelle mani del Capo dello Stato la scelta della forma di governo da perseguire.
Questo è molto forte.
E' molto forte perché impone di considerare il Capo dello Stato un qualcosa di diverso da una suprema magitratura costituzionale.
Impone di considerarlo come un attore politico a tutti gli effetti, perché compie una scelta politica e massimamente politica: la scelta del modello di governo di cui la nostra democrazia ha bisogno in un determinato momento storico.
Il che è coerente con la durata in carico del Presidente della Repubblica: sette anni, che comunque lo sganciano dalle maggioranze parlamentari in giuoco nella crisi che è chiamato a gestire o perché non lo hanno eletto o perché non ci saranno al momento della sua eventuale rielezione.
Ovvero impone di considerare la nostra Costituzione flessibile una seconda volta.
Queste notazioni sono ovvie.
Ma sfuggono al dibattito dei costituzionalisti di questi giorni.
Sfuggono perché spesso siamo costretti a strane fedeltà di partito.
Ma non possono sfuggire nel momento in cui Napolitano esterna vaticinando un binario morto per il disegno di legge sul processo breve.
E' la dichiarazione di un attore politico, non della suprema magistratura costituzionale.
Come è evidente dalla prima pagina dell'Unità che la riporta, sotto un'enfasi: "Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare" che fa molto manifesto FGCI dei primi anni settanta.

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